Non c’è più la Lega al governo, ma l’Ugl non si dispera. Conteremo di meno, afferma Paolo Capone, il segretario generale, ma la nostra capacità di analisi e di intervento non è cambiata. Del resto, aggiunge, siamo abituati, siamo sempre stati minoranza. Quello che gli brucia invece è che l’Ugl è stata esclusa dalla convenzione che Confindustria, Cgil, Cisl, Uil e Inps hanno firmato per calcolare la rappresentatività dei sindacati. E’ un modo, non nuovo, dice, per cristallizzare la situazione a tutto vantaggio delle tre confederazioni. Ma tanto, aggiunge, quella convenzione si applicherà solo al 16% dei lavoratori, troppo pochi.
Capone, la Lega è fuori dal governo. L’Ugl, dichiaratamente molto vicina alla Lega, come vive questa evenienza?
In 70 anni quasi di vita l’Ugl non ha mai avuto un rapporto molto stretto con un governo. Diciamo che siamo più abituati a essere minoranza che forza di governo. Comunque, non cambia nulla, le priorità sono le stesse, non sono cambiate con il governo rossogiallo.
Beh, qualcosa cambia per voi.
Certo, questo è un governo tutto nuovo.
E come avete vissuto questo passaggio di testimone?
La cosa che ha creato un certo sconcerto non è venuta dai grillini, che io reputo una forza post-ideologica, che in quanto tale può avere punti di contatto sia con governi di sinistra che di destra, ma il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Che vi ha fatto?
All’inizio della sua seconda esperienza ha dichiarato: “Ho dimostrato di non essere un presidente del Consiglio per tutte le stagioni”. Sconcertante.
Però il vostro rapporto forte con il governo gialloverde era dato anche dal sottosegretario Claudio Durigon, uno dei vostri.
Certo, era il nostro vicesegretario generale. Ma, al di là del legame che abbiamo con la Lega, c’è da dire che l’Ugl ha sempre mantenuto e manterrà la sua autonomia. Decidiamo con la nostra testa, non siano stati mai eterodiretti.
Ma nei fatti cosa cambia per voi?
Nulla, glielo ho detto, la nostra capacità di analisi non subirà variazioni.
Conterete meno?
Probabilmente sì, ma la nostra preoccupazione non è contare, ma vedere quale sarà la politica del prossimo governo, quale politica di sviluppo porterà avanti, quale attenzione avrà con il mondo del lavoro.
Temete una sottovalutazione dei temi di vostra competenza?
Le prime dichiarazioni non creano preoccupazione, ma siamo ancora alla fase degli slogan di effetto. Bisognerà vedere quali decisioni saranno prese per lo sviluppo e per il lavoro, quale sarà l’indirizzo di questo governo. Dobbiamo aspettare i documenti finanziari. Intanto c’è da registrare che gli ultimi dati Istat segnalano un’ulteriore diminuzione della disoccupazione, anche dei quella giovanile, e una crescita del tasso di occupazione. Conseguenze, evidentemente, delle azioni di turnover realizzate dal precedente governo.
Segnali altamente importanti.
Certo, il tasso di occupazione ha segnato il massimo dal 1977. Peraltro l’Istat segnala anche una riduzione della crescita delle ore lavorate, il che significa che i nuovi lavori sono caratterizzati da un part time involontario molto diffuso. E altre preoccupazioni vengono dal fronte dei salari.
Che accade per i salari?
Perdiamo quote di occupazione nel settore manifatturiero a più alta redditività e aumentano quelle del terziario e del turismo, che hanno la caratteristica di avere salari più bassi.
Quindi diminuisce la capacità di spesa?
Questo temiamo.
Un altro importante problema che vi riguarda da vicino è quello dato dalla firma da parte di Confindustria, Cgil, Cisl, Uil e Inps della convenzione per calcolare la rappresentatività delle associazioni sindacali. Voi non avete firmato questa convenzione?
Va chiarito l’antefatto, altrettanto importante. Noi, assieme a numerose altre associazioni di lavoratori, abbiamo sottoscritto il testo unico messo a punto da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil nel gennaio del 2014 per effettuare quel calcolo.
E poi che è successo?
Sempre Confindustria, Cgil, Cisl e Uil dal 2014 hanno firmato altri quattro accordi sempre sullo stesso argomento, ma senza ritenere opportuno sentirci o confrontarsi con noi.
Non li avete mai sentiti?
No, nemmeno per un’adesione ai loro accordi.
E adesso che accade con questa nuova convenzione?
C’è da dire che a brevissimo tempo non dovrebbe succedere ancora nulla. Ma forse nemmeno in un secondo tempo.
Perché mai?
Perché gli stessi sottoscrittori di questo accordo affermano che hanno aderito al meccanismo per la rilevazione dei dati 23mila aziende, per un totale di 2 milioni e 300mila lavoratori. Il 16% di tutti i lavoratori del settore privato. Troppo pochi. E’ come se alle elezioni politiche si facesse votare solo la Lombardia o solo la Sicilia con un pezzo dell’Abruzzo.
Lei dice che non saranno indicazioni valide sulla reale rappresentatività dei sindacati?
No, non lo saranno.
Ma allora perché si è fatta questa convenzione?
Per portare avanti il tentativo, non nuovo, di cristallizzare la rappresentatività. Quella dei lavoratori in capo a Cgil, Cisl e Uil, quella delle aziende in capo a Confindustria. E’ lo stesso motivo per cui si tende adesso ad attribuire il potere di firmare contratti validi per tutti alle “associazioni comparativamente più rappresentative”. Una formula vaga, che non dice nulla, non fa riferimento a parametri validi. Una formula trovata per sostituire quella dei sindacati “maggiormente rappresentativi”, contenuta nello Statuto dei lavoratori, che dal 1970 i giudici del lavoro hanno invano cercato di spiegare.
Ma allora come si deve calcolare la rappresentatività delle associazioni sindacali?
Noi abbiamo una nostra idea. Innanzitutto le elezioni delle Rsu si dovrebbero tenere in un’unica giornata, come accade per il pubblico impiego. Poi la rappresentatività utile per la firma dei contratti nazionali dovrebbe essere calcolata con una votazione in un unico collegio nazionale, come avviene adesso per eleggere i rappresentanti dei lavoratori negli organi dei fondi previdenziali e sanitari di categoria. Infine, la partecipazione alle trattative per i contratti di secondo livello deve essere consentita alle associazioni che in quel contesto abbiano ottenuto almeno il 5% della rappresentatività.
Intanto avete presentato una piattaforma rivendicativa per il contratto dei metalmeccanici assieme alla Fismic.
E’ un primo esperimento di fare percorsi assieme a chi dichiara la propria disponibilità.
Massimo Mascini