Il nuovo contratto del cemento, firmato di recente, prevede novità importanti sul fronte del welfare, la parità di genere e sulle relazioni industriali. Un accordo che per Gianni Fiorucci, segretario nazionale della Fillea-Cgil, non guarda solo al comparto di riferimento ma all’intero Paese, con l’auspicio che alcuni suoi elementi possano diventare dei modelli anche per i rinnovi di altri settori.
Fiorucci nel nuovo contratto del cemento ci sono tante riconferme e altrettante novità. Quali nello specifico?
Partiamo dalle prime. L’accordo riconferma quanto già detto nell’intesa del 9 marzo per quanto riguarda il salario. La parte retributiva non è, infatti, esclusivamente legata all’andamento dell’inflazione, ma ancorata anche alle dinamiche del settore. E questo è un punto per noi di grande rilevanza. Così come viene riconfermato buona parte dell’impianto relativo al welfare contrattuale, anche se non mancano delle novità.
In che cosa consistono?
Quello che cerchiamo di mettere in atto è un vero e proprio cambiamento culturale, per far capire ai lavoratori la crescente importanza che riveste e che rivestirà il welfare contrattuale. Nel concreto abbiamo deciso, sul versante della previdenza complementare, che anche i lavoratori non iscritti al Fondo versino 5 euro. il nostro intento è quello di attrarre questi lavoratori, informarli, con l’auspicio che possano diventare dei nuovi iscritti.
L’accordo affronta anche il tema della razionalizzazione dei contratti, cosa volete ottenere?
In pratica vogliamo arrivare a un unico contratto che includa anche i lapidei e laterizi. Purtroppo ancora a questo non siamo giunti. Siamo però riusciti a dare l’avvio a un sistema bilaterale unico dei materiali delle costruzioni. In questo modo potremmo governare, con maggiore prontezza, i cambiamenti del settore, l’innovazione e le riorganizzazioni. Vuol dire ragionare non più per singolo comparto ma per filiera.
Uno spazio significativo viene dato anche alla parità di genere.
È vero. Si tratta di un aspetto sul quale ci siamo molto soffermati. Abbiamo previsto vari strumenti per superare le differenze di genere, anche rispetto alla conciliazione tra vita e lavoro, dove, solitamente, sono le donne a farsi più carico della cura dei figli e della famiglia. In quest’ottica, abbiamo previsto un aumento dell’indennità, fino al 70%, per tutti i padri che richiedono l’astensione facoltativa per la cura dei figli. Inoltre, il contratto prevede anche maggiori tutele per le donne vittime di violenza, nonché l’introduzione del congedo matrimoniale per le unioni civili.
Quali sono, poi, gli altri punti rilevanti dell’intesa?
Io ne citerei altri due. Il primo riguarda una armonizzazione nel trattamento contrattuale degli operai, degli intermedi e impiegati. Non nascondo che ci siano ancora delle differenze, ma come primo passo in avanti abbiamo equiparato lo straordinario degli operai con quello degli impiegati. La ratio che vogliamo perseguire à quella di rendere lo straordinario sempre più costoso per l’azienda, e quindi spingerla, qualora ce ne sia il bisogno, a fare nuove assunzioni. Credo che si tratti di un punto che non guarda solo al settore di riferimento, ma all’intero Paese, che sta attraversando un momento di difficoltà lavorativa molto marcata. Il secondo elemento punta a introdurre dei correttivi al decreto dignità.
In che modo?
Il grande limite di questo decreto è stato quello di aver pensato che, una volta terminati i 24 mesi per i contratti a termine, con l’irrigidimento delle causali, ci fosse una riconversione immediata verso forme contrattuali stabili. Cosa che non è avvenuta. Nell’accordo abbiamo deciso di concedere maggiore flessibilità all’azienda, alzando il tempo massimo a 36 mesi, ma con l’obbligatorietà di stabilizzare almeno il 50% dei contratti.
Tommaso Nutarelli