«Ciò che giusto è anche bello», afferma Sandro Antoniazzi per spiegare il titolo della sua nuova uscita editoriale Combattere la bella battaglia (Edizioni Lavoro, 160 pagine, 18,00€ ). Le battaglie sono state quelle del sindacato, della sua Cisl ma non solo, e la declinazione al passato prossimo non è un vizio di forma, perché racchiude il senso dell’analisi critica di un sindacalista di lungo corso e fine esperienza che pure non ha interrotto il suo contatto con la realtà dopo trent’anni di attività sindacale (come lo ha definito Raffaele Morese nella prefazione, «il brillante ragionatore, poco propenso alla retorica»).
Premessa fondamentale è che questo non è un libro di Storia – «è bene lasciare alle persone competenti il loro compito -» e non ci sono nostalgie moralizzanti, ma pure dalla Storia non si può prescindere – «perché ritengo che certe pagine di Storia abbiano un valore per l’oggi e per il domani» – per rintracciare negli insegnamenti delle stagioni passate quanto c’è di giusto, duraturo e per questo ancora valido per le battaglie contemporanee che il sindacato del presente e del futuro è chiamato a fronteggiare con lo stesso piglio di allora. Non sovrapponendo metodi e meriti delle gloriosi stagioni delle conquiste sociali (gli anni Sessanta e Settanta che Antoniazzi ripercorre con rigore e lucidità) a problemi di senso e foggia differenti, ma riappropriandosi di una passione non del tutto estinta che ha permesso alla generazione dei “grandi” di lasciarci in eredità diritti e strumenti indispensabili alla salubrità della democrazia e alle buone prassi sindacali. Così si rende urgente la consapevolezza di dover attualizzare l’ottica con cui affrontare le battaglie, che non sono quelle di ieri perché il mondo dell’oggi è profondamente mutato. «Cambiano le finalità e devono pertanto cambiare le strutture e le competenze di cui il sindacato deve dotarsi, per essere all’altezza delle transizioni tecnologiche, ambientali, aziendali, sovranazionali. Per questo occorre un sindacato ambizioso, forte, unitario, che guarda al futuro, con una leadership moderna e di nuovo genere che affronti i problemi con una mentalità innovativa».
Ed è proprio a quelle dirigenze che si rivolge l’autore, che rileva una sostanziale involuzione del sindacato: «Nel tempo si sono succeduti diversi segretari dei tre sindacati, che hanno ripreso i rapporti e che hanno fatto indubbiamente delle cose egregie; ciononostante, il sindacato da grande forza autonomia, da “soggetto politico”, si è ridimensionato ed è tornato a svolgere ruoli più classici, quello contrattuale e quello di sostenere gli interessi dei lavoratori nei confronti del governo». Il senso è che il sindacato ha perso “autonomia”, intesa come «una propria visione, degli orizzonti propri, dei grandi obiettivi non solo nei confronti del governo, ma rivolti all’intero Paese». Un sindacato scollato dalla realtà che sta fuori da quelle fabbriche che si ostina a difendere e che pure non esistono più, distante da un lavoro frammentato e da lavoratori atomizzati che non riescono a riconoscersi in un movimento poiché esso stesso inconsistente («La forza del sindacato sono i lavoratori coscienti che si uniscono: come è possibile cambiare la società senza questa forza?»); un sindacato disunito e ripiegato su sé stesso, che ha perso di vista il grande obiettivo di trasformazione della società nella sua interezza soprattutto oggi che gli individui hanno smesso di identificarsi con la propria professione e privano il lavoro di significato identitario. Un cambiamento della società per opera del sindacato era il grande obiettivo di Pierre Carniti, ad esempio, che si era fatto il più determinato sostenitore dell’unità per l’avvio di una politica economica di parte sindacale. «Ora il compito primario che si pone al sindacato è come ricostruire questa capacità autonoma, come fare del sindacato un soggetto politico capace di incidere in modo significativo sul cambiamento della società».
Per Antoniazzi, dunque, il prerequisito per un sindacato forte continua a essere la sua unità – tema che, negli anni dell’autunno caldo, era stata la massima aspirazione del movimento -, che si potrebbe tradurre anche in senso di umiltà: «Di fronte ai grandi problemi che incombono, le differenze tra sindacati sono cose minuscole che occorre avere il coraggio di superare». Ma anche l’unità dei lavoratori – «non c’è unità dei lavoratori senza unità sindacale, ma la seconda senza la prima è chiaramente debole» – che spetta proprio al sindacato ricomporre mettendo il naso fuori dalle proprie strutture, entrando in connessione con le molteplici realtà che compongono il sociale, riassorbendo il contributo intellettuale che lentamente è stato espulso dalla dialettica per la formazione del pensiero.
È chiaro che realizzare l’unità sindacale è «un compito estremamente difficile» e gli attuali rapporti tra le tre confederazioni allontanano l’obiettivo. Ma l’equilibrio sociale del Paese è reso ancora più fragile da questa assenza; l’avvicinamento, sia ideale sia pratico, dovrà seguire un percorso graduale che elabori idee comuni e azioni concrete sui problemi maggiori, «perché solo in questo modo si possono convincere dell’unità anche i lavoratori, più disposti a credere a ciò che vedono che a tanti discorsi». Il sindacato ha un’enorme responsabilità: «Il necessario processo unitario va visto non solo come un obiettivo prioritario nazionale, ma anche come una condizione per poter contribuire a modificare la situazione mondiale».
Il sindacato deve tornare a essere “soggetto politico” che svolge un rilevante ruolo sociale e lo scopo di questo libro è proprio quello di riaffermare un ruolo generale, di soggetto politico, del sindacato in una società sempre più complessa che, a sua volta, richiede una nuova complessità del sindacato con istanze che provengano dal territorio. «Un sindacato unitario e capace di portare avanti proposte costruttive sul piano economico-sociale è una esigenza profonda della società; è un fattore di dinamismo, di speranza, che riequilibra socialmente la situazione a favore dei lavoratori e delle classi sociali più bisognose»: avere capacità autonomia di individuare nuove soluzioni a nuovi problemi.
Elettra Raffaela Melucci
Titolo: Combattere la bella battaglia. Il sindacato come soggetto di trasformazione della società
Autore: Sandro Antoniazzi
Editore: Edizioni Lavoro – Studi di Storia
Anno di pubblicazione: 2025
Pagine: 160 pp.
ISBN: 978-8873136347
Prezzo: 18,00€