(Dal Resoconto Sommario)
SEDE REFERENTE
Giovedì 23 giugno 2005. – Presidenza del vicepresidente Angelo SANTORI.
La seduta comincia alle 14.30.
Limiti di reddito ai fini della percezione della pensione degli invalidi totali.
C. 5797 Santori.
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l’esame.
Benito SAVO (FI), relatore, rileva come l’articolo unico della proposta di legge in esame intenda fornire un’interpretazione autentica dell’articolo 14-septies, quinto comma, del decreto-legge n. 663 del 1979, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 1980, in modo da prevedere che, nel calcolo del limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità (per gli inabili totali al lavoro) di cui all’articolo 12 della legge n. 118 del 1971, non si consideri il reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare e quindi anche dal coniuge. Il provvedimento, in sostanza, intende sanare una disparità di trattamento degli invalidi totali (che percepiscono la pensione di cui all’articolo 12 su citato) rispetto agli invalidi parziali (che percepiscono l’assegno di cui all’articolo 13 della stessa legge), poiché solo per il limite di reddito utile ai fini dell’assegno degli invalidi parziali l’articolo 14-septies, quinto comma, del decreto legge n. 663 del 1979, stabilisce la norma di favore per cui non si tiene conto dei redditi di altri componenti del nucleo familiare.
Il problema nasce dal fatto che l’articolo 12 su citato, al secondo comma, rinvia alla legge n. 153 del 1969 (disciplina della pensione sociale) per quanto riguarda le condizioni economiche richieste per la concessione della pensione e tale ultima legge, all’articolo 26, primo comma, dispone appunto che si tenga conto per il limite di reddito che dà diritto alla pensione sociale anche del reddito del coniuge. Successivamente l’articolo 14-septies su citato, nel rivedere gli importi delle pensioni e i limiti di reddito per gli invalidi civili, ha disposto che non si tenga conto del reddito degli altri componenti del nucleo familiare riferendosi esclusivamente agli articoli 13 e 17 della legge n. 118 del 1971, cioè agli invalidi parziali. Pertanto l’articolo 14-septies, almeno secondo un’interpretazione letterale, ha previsto l’esclusione del reddito del coniuge dal computo dei limiti di reddito solamente per gli invalidi parziali.
Va considerato, tuttavia, che, nell’ambito dell’esame del decreto-legge n. 663 del 1979, il Governo ha accolto l’ordine del giorno Sanese ed altri 9/1414/2 che, ritenendo necessario superare la disparità di trattamento che la formulazione letterale dell’articolo 14-septies creerebbe a danno degli inabili totali, considerata l’imminente scadenza del decreto-legge in questione, lo impegna «ad attuare il quinto comma dell’articolo 14-septies, interpretandolo alla stregua delle suesposte considerazioni e quindi nel senso che il limite di reddito di lire 5.200.000 annui, riferito agli invalidi civili gravi, si intende calcolato agli effetti dell’IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte».
Successivamente, dando attuazione a tale impegno, la circolare n. 5 del Ministero dell’interno del 20 giugno 1980, ha fornito una serie di precisazioni agli uffici periferici con riguardo all’interpretazione del quinto comma dell’articolo 14-septies su citato. In particolare, la circolare afferma che «per gli invalidi totali, come per i ciechi assoluti e per i sordomuti, il nuovo limite di reddito di 5.200.000 lire deve essere riferito esclusivamente al reddito proprio e non al reddito cumulato con quello del coniuge, come prevedeva la precedente legislazione». Si precisa che ciò non emerge dalla formulazione letterale, ma si dedurrebbe dalla ratio della disposizione, oltre che dall’ordine del giorno su citato; inoltre si afferma che «una diversa interpretazione sarebbe illogica ed iniqua poiché penalizzerebbe gli invalidi totali rispetto a quelli parziali». Sulla base di tale circolare, la prassi quasi costante delle prefetture è stata quella di escludere il reddito del coniuge anche per gli inabili totali, ai fini del diritto alla pensione.
Tuttavia recentemente in alcuni casi il Ministero dell’interno si è discostato da tale interpretazione. Nei contenziosi giurisdizionali relativi a tali ultimi casi, la giurisprudenza di legittimità, allorché ha dovuto decidere sulla questione, ha interpretato l’articolo 14-septies dando prevalenza all’elemento letterale e quindi ritenendo che, nel caso degli inabili totali, vada cumulato il reddito del coniuge ai fini della verifica del requisito economico per la pensione. «Attesa la chiara formulazione della norma, la coincidenza, ai fini della sua interpretazione, del criterio letterale con quello desumibile dall’intenzione del legislatore» (Cass. Civ. n. 8816 del 22/07/1992), la Cassazione si è univocamente orientata, nell’interpretare l’articolo 14-septies su citato, nel senso che volutamente il legislatore ha distinto la posizione degli inabili totali da quella degli invalidi parziali, prevedendo esclusivamente per questi ultimi (tramite il richiamo dell’articolo 13 della legge n. 118 del 1971) l’esclusione del reddito del coniuge dal computo del limite reddituale (da ultimo tale linea interpretativa è stata confermata da Cass. n. 10570 del 27 ottobre 1997, Cass. n. 16311 del 19 novembre 2002 e, da ultimo, da Cass. n. 13363 del l’11 settembre 2003).
Sottolinea inoltre che i giudici di legittimità non hanno ritenuto vincolante la sentenza della Corte Costituzionale n. 88 del 9 marzo 1992 che, nelle premesse e nella parte motiva, enunciando lo stato della legislazione, interpretava l’articolo 14-septies su citato nel senso che, per quanto riguarda i requisiti reddituali, nessun rilievo ha il reddito del coniuge sia per gli inabili totali sia per gli invalidi parziali. Difatti, riguardando tale assunto della Corte Costituzionale un aspetto incidentale della parte motivata, che non ha influito sulla declaratoria di illegittimità relativa invece ad un’altra disposizione di legge, i giudici di legittimità hanno ritenuto di non essere vincolati a tale interpretazione.
La proposta di legge in esame è quindi volta a chiarire in maniera definitiva che, ai fini della verifica del requisito economico per la pensione di inabilità di cui all’articolo 12 della legge n. 118 del 1971, non si considera il reddito di altri componenti del nucleo familiare. Il chiarimento normativo in oggetto, tramite un’interpretazione autentica, può essere utile soprattutto in seguito al trasferimento di competenze relative agli invalidi civili, ora spettanti alle regioni per quanto riguarda le funzioni di concessione dei benefici (e all’INPS per la funzione di erogazione). Come sopra evidenziato, il Ministero dell’interno non sempre si è attenuto agli indirizzi dettati agli uffici periferici con la circolare del 20 giugno 1980. A maggior ragione una disposizione che elimini i dubbi interpretativi è utile a seguito del passaggio di competenze, non essendo naturalmente le regioni vincolate agli indirizzi forniti dal Ministero dell’interno ai suoi uffici periferici con la circolare in esame. Tanto più che la giurisprudenza di legittimità è orientata univocamente in senso contrario, ritenendo che l’esclusione del reddito del coniuge dal cumulo sia previsto dall’articolo 14-septies solamente per gli invalidi parziali (e non per gli inabili totali).
Angelo SANTORI, presidente, esprime apprezzamento per la relazione svolta dal deputato Savo.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell’esame ad altra seduta.
Modifiche alla normativa sull’assicurazione contro gli infortuni domestici.
C. 3011 Volontè, C. 3192 Cordoni e C. 4668 Gazzara.
(Seguito dell’esame e rinvio).
La Commissione prosegue l’esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 25 maggio 2005.
Angelo SANTORI (FI), presidente relatore, avverte che la V Commissione Bilancio ha espresso parere contrario sul testo unificato elaborato dalla Commissione.
Rileva come, essendo il provvedimento inserito nel calendario dei lavori dell’Assemblea per la prossima settimana, sarebbe necessario apportare opportune modifiche al testo sulle basi dei rilievi formulati dalla V Commissione.
In particolare, all’articolo 5, si potrebbe prevedere un lieve aumento del premio assicurativo da 25 mila lire a 15 euro, oppure si potrebbe esplicitare nella legge la quantificazione degli oneri derivanti dal provvedimento e la loro copertura a valere sugli stanziamenti già previsti dalla legge 3 dicembre 1999, n. 493, aggiungendo la clausola di salvaguardia di cui all’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468.
Emerenzio BARBIERI (UDC) sottolinea come sia opportuno acquisire la posizione del Governo sulle modifiche proposte dal relatore, con particolare riferimento alla copertura degli oneri, al fine di assicurare un positivo esito dell’esame del provvedimento in Assemblea. La via maestra è quindi quella di un rinvio della discussione in Assemblea e di una nuova convocazione della Commissione per la settimana prossima.
Pietro GASPERONI (DS-U), evidenziato come il suo gruppo intenda favorire una positiva conclusione dell’iter del provvedimento, in relazione alle difficoltà di copertura frapposte sostanzialmente dal Governo, sottolinea il rischio che le eccedenze del Fondo autonomo speciale istituito presso l’Inail ai sensi dell’articolo 10 della legge 3 dicembre 1999, n. 493 vengano utilizzate per finalità diverse dagli indennizzi degli infortuni domestici.
Roberto GUERZONI (DS-U) ritiene preferibile chiarire che le modifiche apportate alla disciplina vigente in materia di tutela delle lavoratrici domestiche trovano copertura nelle disponibilità già stanziate con la legge n. 193 del 1999.
Cesare CAMPA (FI) non ritiene opportuno innalzare il premio assicurativo, considerato la scarsa protezione accordata dalla legge in questione. Ritiene comunque che la questione debba essere ulteriormente approfondita.
Angelo SANTORI, presidente relatore, sottolinea come egli abbia compiuto ogni sforzo per concludere l’esame in sede referente nella seduta odierna.
Rileva tuttavia come il parere espresso dalla Commissione Bilancio imponga modifiche del testo su cui è opportuno ascoltare il parere del Governo; sebbene con rammarico, avverte pertanto che – non essendovi obiezioni – chiederà un breve rinvio dell’esame del provvedimento in Assemblea.
La Commissione concorda.
Angelo SANTORI, presidente relatore, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell’esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 15.10.
Giovedì 23 giugno 2005.
Audizioni informali dei rappresentanti di CGIL, CISL, UIL, UGL, Confindustria, Ania, Abi, Confservizi e Confcommercio sui seguenti schemi di decreto legislativo:
Schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 2001/86/CE che completa lo statuto della società europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori (atto n. 490);
Schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2000/79/CE relativa all’attuazione dell’accordo europeo sull’organizzazione dell’orario di lavoro del personale di volo nell’aviazione civile (esame atto n. 489);
Schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 2002/74/CE, che modifica la direttiva 80/987/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro (atto n. 493).
Le audizioni informali sono state svolte dalle 15.10 alle 16.20.




























