INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
Mercoledì 2 dicembre 2020. — Presidenza della presidente Debora SERRACCHIANI. – Interviene la sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Francesca Puglisi.
La seduta comincia alle 13.35.
Debora SERRACCHIANI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.
5-05097 Gribaudo: Stato di avanzamento della realizzazione della nuova struttura informatica dell’Ispettorato nazionale del lavoro (INL).
Chiara GRIBAUDO (PD) illustra la sua interrogazione, volta a sapere dal Governo quali iniziative intenda adottare nei confronti dei vertici dell’Ispettorato nazionale del lavoro (INL), coinvolti nella vicenda giudiziaria da lei descritta, e qual è lo stato di avanzamento del processo di realizzazione della nuova struttura informatica dell’Ispettorato.
La sottosegretaria Francesca PUGLISI risponde all’interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato.
Chiara GRIBAUDO (PD), ringraziando la sottosegretaria per la risposta puntuale, giudica importante la prospettiva del lavoro intrapreso. Sul versante giudiziario, confida nel lavoro della magistratura, mentre, sul versante amministrativo, auspica l’impegno del Governo a mantenere alta la vigilanza sul processo di informatizzazione dell’Ispettorato e sugli esiti dell’attività ispettiva. Preannuncia l’intenzione del suo gruppo politico di presentare ulteriori atti di sindacato ispettivo, allo scopo di verificare lo stato di avanzamento dei lavori.
5-05098 Costanzo: Rinnovo del contratto collettivo nazionale dei lavoratori dei servizi in appalto di pulizia e sanificazione.
Jessica COSTANZO (M5S) illustra la sua interrogazione, riguardante gli addetti ai servizi in appalto di pulizia e sanificazione dei presidi sanitari, in larga maggioranza donne, che lamentano livelli stipendiali particolarmente bassi a fronte dei compiti gravosi che sono chiamati a svolgere, spesso esponendosi al rischio del contagio per la carenza dei dispositivi di protezione individuali.
La sottosegretaria Francesca PUGLISI risponde all’interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato, assicurando il suo personale impegno per la promozione dell’accordo tra le parti sociali, che renda possibile il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro. Tale risultato è importante, non solo per la tutela dei diritti dei lavoratori, ma anche perché il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha bisogno del parametro dei minimi salariali fissati dal contratto per poter procedere all’aggiornamento delle tariffe.
Jessica COSTANZO (M5S), pur ringraziando la sottosegretaria, si dichiara solo parzialmente soddisfatta della risposta, in quanto il problema dei ritardi nei rinnovi dei contratti collettivi riguarda diverse categorie di lavoratori, che, per questo, non sono tutelati e patiscono condizioni di lavoro non dignitose. Ricorda che la sua parte politica si è molto impegnata in Parlamento, ottenendo, tra l’altro, la previsione, nel disegno di legge di bilancio, della valorizzazione a fini pensionistici dei periodi non lavorati in caso di part time ciclico verticale e preannuncia l’intenzione di presentare proposte emendative che prevedano l’integrazione dell’indennità di CIG percepita dai lavoratori addetti alle pulizie nei mesi di giugno e luglio, il cui ammontare è stato di soli 100-200 euro mensili.
5-05099 Rizzetto: Intervento definitivo per la salvaguardia dei cosiddetti lavoratori «esodati».
Walter RIZZETTO (FDI) illustra la sua interrogazione, volta a sapere dal Governo quali iniziative intenda adottare nei confronti dei circa seimila lavoratori «esodati», che non hanno avuto accesso ai provvedimenti di salvaguardia che si sono succeduti dal 2011 a oggi, auspicando di aver finalmente chiara l’intenzione dell’Esecutivo, dal momento che la risposta alla sua ultima interrogazione sull’argomento, datata 22 luglio 2020, era stata estremamente vaga e generica.
La sottosegretaria Francesca PUGLISI risponde all’interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato.
Walter RIZZETTO (FDI), pur ringraziandola, dichiara di sentirsi in imbarazzo per la sottosegretaria, costretta evidentemente a leggere una risposta ancora una volta priva di contenuto. Ritiene che il Governo dovrebbe manifestare chiaramente se abbia o meno l’intenzione di risolvere la questione degli «esodati», avendo anche la possibilità, a suo giudizio, di utilizzare avanzi di bilancio. È necessario porre fine a tale situazione determinata da quella che lui definisce una vera e propria «lotteria» delle salvaguardie, che non consente a lavoratori che hanno maturato i requisiti richiesti qualche giorno dopo il termine stabilito di accedere al pensionamento, anche se sono rimasti senza lavoro.
5-05100 Giaccone: Situazione occupazionale presso l’azienda Conbipel di Cocconato d’Asti.
Andrea GIACCONE (LEGA) illustra la sua interrogazione, volta a sapere dal Governo quali iniziative intenda adottare per la salvaguardia dei diritti dei lavoratori dello stabilimento Conbipel di Cocconato d’Asti e, più in generale, per assicurare il futuro occupazionale dei dipendenti dell’azienda, eventualmente coinvolgendo anche il Ministero dello sviluppo economico per valutare le possibilità di acquisto dell’azienda da parte di altri soggetti.
La sottosegretaria Francesca PUGLISI risponde all’interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato.
Andrea GIACCONE (LEGA), ringraziando la sottosegretaria, sottolinea la rilevanza del problema segnalato, che riguarda l’intero territorio dell’astigiano, il quale fino a oggi, tra dipendenti dello stabilimento e dipendenti dell’indotto, ha potuto contare su un lavoro stabile in una zona che non offre sufficienti sbocchi occupazionali. Auspica, pertanto, che il Governo continui a impegnarsi per favorire una soluzione soddisfacente, non solo per i dipendenti dello stabilimento di Cocconato d’Asti, ma anche per tutti i lavoratori dell’azienda.
Debora SERRACCHIANI, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all’ordine del giorno.
La seduta termina alle 14.05.
INDAGINE CONOSCITIVA
Mercoledì 2 dicembre 2020. — Presidenza della presidente Debora SERRACCHIANI.
La seduta comincia alle 14.10.
Indagine conoscitiva sul riordino del sistema della vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria a seguito delle modifiche introdotte dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, nella prospettiva di una maggiore efficacia delle azioni di contrasto al lavoro irregolare e all’evasione contributiva.
(Esame e approvazione del documento conclusivo).
Debora SERRACCHIANI, presidente, avverte che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l’attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
Così rimane stabilito.
Debora SERRACCHIANI, presidente, comunica che è stata predisposta, a conclusione delle audizioni contemplate nel programma dell’indagine conoscitiva sul riordino del sistema di vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria a seguito delle modifiche introdotte dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, nella prospettiva di una maggiore efficacia delle azioni di contrasto al lavoro irregolare e all’evasione contributiva, una proposta di documento conclusivo, che è già stata trasmessa ai componenti la Commissione.
Chiede alla deputata Costanzo se intenda illustrare il contenuto della proposta di documento conclusivo.
Jessica COSTANZO (M5S) illustra la proposta di documento conclusivo, che dà conto degli esiti dell’indagine conoscitiva, deliberata dalla Commissione per verificare lo stato di attuazione della riforma del sistema ispettivo del lavoro disposta dal decreto legislativo n. 149 del 2015. Grazie alle audizioni dei soggetti coinvolti, di esperti e della Ministra del lavoro e delle politiche sociali, la Commissione ha potuto mettere in luce i principali profili critici che ostacolano la piena attuazione della riforma e che hanno causato il crollo del numero delle ispezioni e delle somme accertate. I problemi principali da risolvere, in base alle risultanze dell’indagine, sono identificabili nella necessità di superare il principio del «costo zero», aumentando gli organici del personale ispettivo, di omogenizzare il trattamento giuridico ed economico degli ispettori, di superare la previsione del ruolo ad esaurimento degli ispettori dell’INPS e dell’INAIL. Quanto all’unificazione delle banche dati, ritiene che il Parlamento abbia dato un contributo a rendere possibile la condivisione degli strumenti informatici, grazie alle previsioni contenute nel decreto-legge n. 4 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2019.
Elena MURELLI (LEGA), intervenendo a nome del suo gruppo, che concorda con l’impianto complessivo della proposta di documento conclusivo, non condivide la necessità, illustrata nelle conclusioni della proposta medesima, di riconsiderare, in via alternativa, la previsione del ruolo a esaurimento, riportando in capo all’INPS e all’INAIL le competenze in materia di personale, sia pure in un quadro rafforzato della funzione di coordinamento dell’INL. A giudizio della sua parte politica, è necessario piuttosto favorire la sovrapponibilità delle funzioni degli ispettori di diversa provenienza, attraverso la formazione e l’uso di strumenti adeguati.
Antonio VISCOMI (PD), preannunciando il voto favorevole del gruppo Partito Democratico sulla proposta di documento conclusivo, ritiene che la parabola dell’INL sia emblematica delle difficoltà di passare dalle intenzioni del legislatore all’applicazione delle norme. L’indagine ha, infatti, dimostrato che i problemi organizzativi hanno avuto conseguenze pesanti sull’attività dell’INL, che non dovrebbe essere solo repressiva, ma anche proattiva e di affiancamento delle imprese. Tutti sono d’accordo sulla necessità di non abbassare la guardia e di implementare l’attività ispettiva, ma bisogna fare i conti con le difficoltà oggettive che impediscono di raggiungere i risultati prefissati. Non potendo, pertanto, ridimensionare le giuste aspettative, è necessario cercare una via alternativa, che superi l’effetto impeditivo del ruolo a esaurimento, che, oltretutto, ha anche l’effetto ulteriore di impedire lo svolgimento di concorsi da parte dell’INPS e dell’INAIL, che pure dispongono delle necessarie risorse finanziarie. Auspica, infine, che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, prendendo atto delle conclusioni dell’indagine conoscitiva, voglia farsi carico della necessità di intervenire.
Claudio COMINARDI (M5S) ringrazia la collega Costanzo per aver preso l’iniziativa di proporre l’indagine conoscitiva su un argomento che finisce per riguardare anche la tutela dei diritti dei lavoratori. Concorda con le conclusioni della proposta di documento, laddove il ruolo a esaurimento degli ispettori dell’INPS e dell’INAIL è identificato tra le cause che stanno ostacolando la piena attuazione della riforma introdotta dal decreto legislativo n. 149 del 2015. Sottolinea che le difficoltà nell’effettuazione delle ispezioni è stata tamponata dalla grande professionalità degli ispettori, che, tuttavia, hanno dovuto concentrarsi sulle aziende e sui settori che garantiscono maggiori volumi di contributi recuperati. Ma il pericolo da scongiurare è quello di perdere la professionalità e la specializzazione del personale ispettivo e, per questo, auspica il tempestivo intervento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di documento conclusivo.
La seduta termina alle 14.25.
N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.
UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
Mercoledì 2 dicembre 2020.
L’ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.25 alle 14.40.
AUDIZIONI INFORMALI
Mercoledì 2 dicembre 2020.
Audizione di rappresentanti dell’Unione sindacale di base (USB), in merito alle prospettive industriali, occupazionali e ambientali degli stabilimenti ex ILVA attualmente gestiti in contratto di affitto da Arcelor Mittal InvestCo.
L’audizione informale è stata svolta dalle 14.40 alle 15.
Audizione di rappresentanti di FIM-CISL, FIOM-CGIL e UILM-UIL, in merito alle prospettive industriali, occupazionali e ambientali degli stabilimenti ex ILVA attualmente gestiti in contratto di affitto da Arcelor Mittal InvestCo.
L’audizione informale è stata svolta dalle 15.10 alle 15.40.
ATTI DELL’UNIONE EUROPEA
Martedì 1° dicembre 2020. — Presidenza della presidente Debora SERRACCHIANI.
La seduta comincia alle 13.15.
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea.
(COM(2020) 682 final).
Documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della relazione sulla valutazione d’impatto.
(SWD(2020) 246 final).
(Esame congiunto, ai sensi dell’articolo 127, comma 1, del Regolamento, e rinvio).
La Commissione inizia l’esame congiunto dei provvedimenti in oggetto.
Debora SERRACCHIANI, presidente, avverte che la Commissione avvia oggi l’esame degli atti europei in titolo.
Ricorda che, ai sensi dell’articolo 127, comma 2, del Regolamento, l’esame può eventualmente concludersi con l’approvazione di un documento finale, in cui la Commissione esprime il proprio avviso sull’opportunità di possibili iniziative da assumere in relazione a tali atti.
Invita, quindi, la relatrice, onorevole Segneri, a svolgere la relazione introduttiva.
Enrica SEGNERI (M5S), relatrice, rileva preliminarmente che l’introduzione di un salario minimo, nelle intenzioni della Commissione, costituisce una delle principali misure per l’attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali, che, al principio 6, fa appunto riferimento a retribuzioni minime adeguate. Esse sono fondamentali per garantire ai lavoratori dell’Unione europea condizioni di vita e di lavoro adeguate, come pure per costruire società ed economie eque e resilienti, conformemente all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e ai relativi obiettivi di sviluppo sostenibile. Pertanto, come specificato nelle premesse della proposta di direttiva, la convergenza tra gli Stati membri in questo settore contribuisce alla promessa di una prosperità condivisa nell’Unione. Ciò consentirebbe di migliorare l’equità del mercato del lavoro dell’UE, di stimolare miglioramenti della produttività e di promuovere il progresso economico e sociale. Infatti, la concorrenza nel mercato unico, oltre a basarsi su innovazione e miglioramenti della produttività, non può prescindere da standard sociali elevati.
La fissazione di un livello minimo di retribuzione, infatti, assicura una vita dignitosa ai lavoratori, contribuisce a sostenere la domanda interna, rafforza gli incentivi al lavoro e riduce la povertà lavorativa e le disuguaglianze nella fascia più bassa in termini di distribuzione salariale. La tutela garantita dal salario minimo promuove inoltre la parità di genere, poiché tra i lavoratori che percepiscono un salario pari o vicino al salario minimo le donne risultano più numerose degli uomini.
L’esigenza di introdurre uno stimolo a unificare le condizioni minime in termini salariali nasce dalla constatazione, esplicitata dalle medesime premesse, di un aumento costante della forbice tra salari bassi e salari alti, conseguenza del rimodellarsi dei mercati del lavoro, sotto la spinta della globalizzazione e della digitalizzazione, che ha portato all’aumento di forme di lavoro atipiche, caratterizzate, specie nel settore dei servizi, da bassi salari e basse qualifiche, non raggiunte dalla copertura sindacale.
Secondo la Commissione, la percentuale di persone che si trovano in condizioni di povertà pur avendo un lavoro è aumentata, tra il 2007 e il 2018, dall’8,3 al 9,4 per cento del totale della forza lavoro dell’UE. In termini statistici, la povertà lavorativa colpisce maggiormente i soggetti con basso grado di istruzione, le donne, le famiglie monoparentali e quelle numerose, i lavoratori a tempo parziale o a tempo determinato, i lavoratori autonomi.
A tutto ciò va ad aggiungersi la drammatica crisi economico-sociale generata dall’epidemia di COVID-19, che ha colpito e sta colpendo in modo particolare i settori caratterizzati da un’elevata percentuale di lavoratori a basso salario (pulizie; commercio al dettaglio; sanità e assistenza sanitaria; lavoratori agricoli).
La situazione nell’Unione europea è molto variegata, dal momento che in sei Stati membri il salario minimo è fissato dalla contrattazione collettiva, mentre in ventuno Stati membri esso è fissato per legge. Tuttavia, i salari minimi legali nazionali sono inferiori al 60 per cento del salario mediano o al 50 per cento del salario medio in quasi tutti gli Stati membri in cui sono previsti salari minimi legali nazionali e alcuni gruppi specifici di lavoratori sono esclusi dalla tutela garantita dai salari minimi legali nazionali. Infine, negli Stati membri che fanno affidamento sulla contrattazione collettiva, alcuni lavoratori non sono coperti dalla tutela garantita dal salario minimo fornita dai contratti collettivi. Infine, la maggioranza (quasi il 60 per cento a livello dell’UE) dei lavoratori che percepiscono un salario minimo è costituita da donne.
Come risulta dai dati, la media del salario minimo nell’UE è troppo bassa e insufficiente ad assicurare un’esistenza dignitosa ai lavoratori che li percepiscono, come dimostrano i dati forniti dalla Commissione. Va precisato che la proposta della Commissione non obbliga gli Stati membri a introdurre salari minimi legali, né fissa un livello comune dei salari minimi, ma prevede una risposta differente a seconda della situazione normativa esistente a livello nazionale, distinguendo a seconda che i vari ordinamenti prevedano o meno salari minimi legali. Essa, infatti, si limita a stabilire prescrizioni minime a livello dell’Unione, in particolare per garantire una migliore adeguatezza dei salari minimi legali (ove esistenti), anche mediante la definizione di criteri stabili e chiari per determinarli e aggiornarli e un maggiore coinvolgimento delle parti sociali per la loro definizione; promuovere la contrattazione collettiva in tutti gli Stati membri, in particolare in quelli in cui la copertura della contrattazione collettiva è inferiore al 70 per cento dei lavoratori.
La Commissione legittima la sua iniziativa sulla base dell’articolo 153, paragrafo 1, lettera b), del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), il quale stabilisce che l’Unione sostiene e completa l’azione degli Stati membri nel settore delle condizioni di lavoro, ritenendo i salari, compresi quelli minimi, una componente fondamentale delle condizioni di lavoro.
L’articolo 153, paragrafo 5, proibisce inoltre l’adozione di iniziative dell’Unione in materia di retribuzioni, divieto che è stato interpretato dalla Corte di giustizia come avente ad oggetto tutte le misure che incidano direttamente sulla determinazione delle retribuzioni negli Stati membri. Pertanto, alle istituzioni europee sembra preclusa qualsiasi misura volta ad armonizzare il livello dei salari minimi in tutta l’UE o a stabilire un meccanismo uniforme per la fissazione dei salari minimi.
La Commissione europea afferma tuttavia che la proposta non incide, se non indirettamente, sulla quantificazione delle retribuzioni nell’Unione, limitandosi a porre condizioni utili affinché i salari minimi siano fissati a livelli adeguati in tutti gli Stati membri, tramite la contrattazione collettiva o iniziative legislative, e affinché ne sia assicurato il rispetto e l’applicazione efficace.
Si ricorda a tale proposito che, ai sensi dell’articolo 288, paragrafo 3, del TFUE, le direttive pongono in capo agli Stati membri obblighi giuridici di risultato, rimanendo riservata alla loro discrezionalità la selezione della forma e dei mezzi necessari a darvi attuazione, purché questi risultino idonei a realizzare l’effettiva efficacia delle disposizioni della direttiva e siano adottati entro il termine di recepimento.
La proposta di direttiva, pertanto, punta a fornire un quadro di riferimento entro il quale i singoli Stati possano determinare il livello di salario minimo garantito con lo strumento della contrattazione collettiva o della norma di legge, nel pieno rispetto della specificità dei sistemi nazionali, delle competenze nazionali nonché dell’autonomia e della libertà contrattuale delle parti sociali. La proposta è, inoltre, concepita in modo tale da salvaguardare l’accesso al lavoro e da tenere conto delle conseguenze sulla creazione di posti di lavoro e sulla competitività, anche per quanto riguarda le PMI. La direttiva proposta, si legge nelle premesse, prevede flessibilità sufficiente per tenere conto degli sviluppi economici e sociali, comprese le tendenze in termini di produttività e occupazione.
Come ha rilevato il Governo nella relazione, trasmessa ai sensi dell’articolo 6, comma 5, della legge n. 234 del 2012, la presente direttiva non impone a Stati come l’Italia, nei quali la tutela garantita dal salario minimo sia fornita esclusivamente mediante contratti collettivi, l’obbligo di introdurre un salario minimo legale né di rendere i contratti collettivi universalmente applicabili.
La proposta di direttiva intende favorire la fissazione a un livello «adeguato» delle retribuzioni minime dei lavoratori dell’Unione, per garantire loro uno standard di vita dignitoso, attraverso la costruzione di un quadro di contesto che rispetti le tradizioni nazionali e le libertà delle parti sociali.
Infatti, essa ha l’intento «di migliorare le condizioni di vita e di lavoro nell’Unione» e istituisce, dunque, «un quadro per la determinazione di livelli adeguati di salari minimi e l’accesso dei lavoratori alla tutela garantita dal salario minimo, sotto forma di salari determinati da contratti collettivi o di un salario minimo legale, laddove esistente».
Anche se la direttiva specifica che «nessuna disposizione della presente direttiva può essere interpretata in modo tale da imporre agli Stati membri nei quali la determinazione dei salari sia garantita esclusivamente mediante contratti collettivi l’obbligo di introdurre un salario minimo legale o di rendere i contratti collettivi universalmente applicabili», essa tuttavia vuole sollecitare gli Stati membri ad adottare misure volte a promuovere «lo sviluppo e il rafforzamento della capacità delle parti sociali di partecipare alla contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari a livello settoriale o intersettoriale» nonché il potenziamento di «negoziazioni costruttive, significative e informate sui salari tra le parti sociali».
La proposta di direttiva, dunque, sembra andare nella direzione della fissazione di un salario minimo «adeguato» e lo strumento adottato per tale obiettivo potrà essere la legge o il contratto collettivo.
Anche se la soluzione adottata dalla Commissione non sempre appare semplice lasciando aperta l’individuazione dello strumento e dei parametri – e nonostante tali rilievi, meritevoli di approfondimenti vista la delicatezza del tema, in chiave negoziale l’iniziativa sembra contare sul favore, tra gli altri, di Italia, Spagna e Francia, mentre altri Stati membri, in particolare alcuni nordici, condividerebbero gli obiettivi ma non la forma della proposta, poiché avrebbero preferito una mera raccomandazione, dunque uno strumento di soft law.
Venendo più dettagliatamente al contenuto della proposta, e rimandando comunque per ulteriori approfondimenti alla documentazione predisposta dagli uffici, rileva che essa consta di quattro Capi e diciannove articoli.
Il Capo I (articoli 1-4) reca le disposizioni generali. L’articolo 1 definisce l’oggetto della direttiva, cioè quello di istituire un quadro a livello dell’Unione per la determinazione di livelli adeguati di salari minimi e per l’accesso dei lavoratori alla tutela garantita dal salario minimo, sotto forma di salari determinati da contratti collettivi o di un salario minimo legale, laddove esistente.
L’articolo 2 chiarisce l’ambito di applicazione della direttiva, che comprende i lavoratori che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quali definiti dal diritto, dai contratti collettivi o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro, tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE. A giudizio della Commissione, tale approccio consente di contrastare il rischio che dall’ambito di applicazione della direttiva stessa resti escluso un numero crescente di lavoratori atipici, quali i lavoratori domestici, i lavoratori a chiamata, i lavoratori intermittenti, i lavoratori con voucher, i falsi lavoratori autonomi, i lavoratori tramite piattaforma digitale, i tirocinanti e gli apprendisti.
L’articolo 3 contiene le definizioni di una serie di termini e nozioni necessari per interpretare le disposizioni della direttiva, mentre l’articolo 4 mira ad aumentare la copertura della contrattazione collettiva, imponendo tra l’altro agli Stati membri in cui la copertura della contrattazione collettiva non raggiunge almeno il 70 per cento dei lavoratori di prevedere un quadro per la contrattazione collettiva e di istituire un piano d’azione per promuoverla, che deve essere reso pubblico e notificato alla Commissione europea.
Il Capo II (articoli 5-8) concerne i salari minimi legali e si applica solo agli Stati membri in cui sono previsti salari minimi legali. Si impone a tali Stati membri di adottare le misure necessarie a garantire una loro migliore adeguatezza, anche mediante la definizione di criteri stabili e chiari per determinarli e aggiornarli e un maggiore coinvolgimento delle parti sociali per la loro definizione.
I criteri nazionali devono comprendere almeno il potere d’acquisto dei salari minimi, tenuto conto del costo della vita e dell’incidenza delle imposte e delle prestazioni sociali, il livello generale dei salari lordi e la loro distribuzione, il tasso di crescita dei salari lordi e l’andamento della produttività del lavoro.
Il Capo III (articoli 9-12) reca le disposizioni orizzontali. L’articolo 9 prevede che, nell’esecuzione degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, gli operatori economici (compresa la successiva catena di subappalto) siano tenuti a conformarsi ai salari applicabili stabiliti dalle contrattazioni collettive e ai salari minimi legali, laddove esistenti.
L’articolo 10 concerne l’istituzione di un sistema efficace di monitoraggio e raccolta dei dati per tutti gli Stati membri, anche mediante relazioni annuali degli Stati membri alla Commissione, unitamente a un dialogo strutturato.
L’articolo 11, fatte salve le forme specifiche di ricorso e risoluzione delle controversie previste, ove applicabili, dai contratti collettivi, impone, tra l’altro, agli Stati membri di garantire ai lavoratori, compresi quelli il cui rapporto di lavoro è terminato, l’accesso a una risoluzione efficace e imparziale delle controversie e il diritto di ricorso, compreso il diritto a una compensazione adeguata, in caso di violazione dei loro diritti relativi ai salari minimi legali o alla tutela garantita dal salario minimo, fornita dai contratti collettivi.
L’articolo 12 impone agli Stati membri di prevedere sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive in caso di violazioni delle disposizioni nazionali che istituiscono la tutela garantita dal salario minimo.
Il Capo IV (articoli 13-19) reca le disposizioni finali.
Secondo la Commissione, l’adozione della proposta comporterà salari minimi più elevati in circa la metà degli Stati membri e in alcuni Stati membri l’aumento dei salari minimi legali potrebbe essere superiore al 20 per cento. Inoltre, l’aumento dei salari minimi fino al 60 per cento del salario mediano o al 50 per cento del salario medio comporterebbe una riduzione del 10 per cento delle disuguaglianze salariali e della povertà lavorativa e una riduzione media del 5 per cento circa del divario retributivo di genere.
Debora SERRACCHIANI, presidente, poiché nessuno chiede di intervenire, rinvia il seguito dell’esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 13.25.