I contratti pirata rubano 1,3 miliardi di stipendio e sottraggono alle casse dello stato un gettito pari a 553 milioni di euro. È quanto emerge da un’analisi prodotta da Confcommercio sul dumping contrattuale nel terziario. La contrattazione al ribasso porta con sé effetti negativi per lavoratori e imprese.
Per i primi si traduce in meno salario, diritti, tutele e welfare. Secondo le stime dell’associazione un lavoratore che ha la sfortuna di incappare in un contratto pirata può subire un danno di quasi 8mila euro annui, tra RAL, retribuzione oraria, ferie, permessi, malattia etc, che possono superare anche i 12mila euro, rispetto a un collega che si trova all’interno del perimetro contrattuale della Confcommercio. Per le aziende affidarsi a una contrattazione meno onerosa, ma qualitativamente inferiore, si traduce in lavoratori meno motivati e quindi meno produttivi, in una carenza degli investimenti e, alla fine, nell’essere espulse dal mercato.
Ma il piano inclinato permane, e in assenza di correttivi i contratti pirata sono destinati a crescere. Nel 2019, nel mondo del terziario, turismo, distribuzione, ristorazione e pubblici esercizi, gli addetti interessati da contratti in dumping erano 65mila, saliti a 156 nel 2024, con un aumento del 141% e occupando una fetta del “mercato della contrattazione” pari al 3,5%. La presenza non è, tuttavia, uniforme e molto dipende dalla collocazione geografica, con il sud maglia nera. Delle 37 province dove il dumping supera la soglia del 4% nel mercato del lavoro 31 sono al sud. Sul podio c’è Vibo Valentia, dove i contratti pirata sono quasi il 26,5% del totale, seguita da Cosenza e Palermo con il 13,5 e il 12,8%. A Roma la quota di questi contratti tocca il 7%. In altre 35 province, 6 del sud, l’incidenza di contratti meno tutelanti interessa una parte compresa tra l’1 ed il 4%, con Milano al 2,2%. Solamente 35 altre province invece si collocano sotto la soglia dell’1%: 32 sono al nord e 3 al centro, nessuna nel meridione. Ancora è nei grandi agglomerati urbani che si registra la percentuale più alta di contratti con meno tutele. Per quanto riguarda il sud, la presenza di un tessuto produttivo fragile potrebbe essere un terreno fertile per la proliferazione del dumping. Una causalità che però potrebbe essere ribaltata e individuare nella contrattazione al ribasso il motivo della debolezza economica di certe aree del paese.
Tra le richieste avanzate dalla Confcommercio per arginare la contrattazione corsara e snellire la giungla di contratti depositati al Cnel c’è quella di rafforzare il criterio del contratto più “protettivo” per la valutazione dell’equivalenza contrattuale. Tutto questo è ancor più necessario alla luce del nuovo Codice degli Appalti che introduce il concetto di “contrattazione collettiva equivalente”. Il dato, spiega Confcommercio, è che non si deve prendere come punto di riferimento il contratto che offre i livelli più bassi di tutele ma, invece, quello che ha la protezione più alta. Procedere, inoltre, verso un sistema di misurazione della rappresentanza, attraverso una legge o accordi interconfederali. Ridefinire i perimetri contrattuali, con l’obiettivo di correlare il contratto che l’effettiva attività svolta dall’imprese e superare quella incertezza dei “contratti trasversali” che genera dumping. E, infine, potenziare gli strumenti di vigilanza e monitoraggio con un indice di qualità contrattuale attraverso una scheda di lettura comparativa dei contratti sulla base dei dati presenti al Cnel e all’Inps.
“Il contratto che noi sottoscriviamo e altri come quello del turismo sono contratti modello che riguardano cinque milioni di lavoratori. Un contratto modello e innovativo che ha sviluppato tematiche importanti sulla bilateralità e del quale beneficiano imprese e lavoratori”. Secondo Barbieri, “mettere in difficoltà una contrattazione collettiva come questa significa mettere in difficoltà il paese e la sua colonna portante che sono le piccole e medie imprese e più in generale si penalizzano i consumatori che non riescono a rilanciare la domanda” ha detto Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio.
Tommaso Nutarelli





























