L’incertezza politica, derivante dall’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, e la crisi delle banche, costituiscono nuovi rischi di ribasso per la gia’ molto stentata crescita dell’economia globale. E’ questa, in sintesi, la conclusione a cui giunge il Centro studi di Confindustria, nella rilevazione mensile Congiuntura Flash. Ma il Csc mette l’accento anche sui nuovi attacchi terroristici delle ultime settimane, e sui cruciali appuntamenti elettorali dagli esiti in bilico e dalle conseguenze potenzialmente dirompenti, indicandoli come altrettanti elementi che rendono ancora più fragile la crescita globale.
Crescita che, peraltro, a metà del 2016 risulta essere la più debole degli ultimi tre anni e mezzo –rileva il CsC- nonostante si siano registrati progressi in USA e in alcuni dei principali emergenti. La locomotiva americana ha accelerato nel corso del secondo trimestre, anche grazie al settore manifatturiero che aveva finora molto risentito della rivalutazione del dollaro e del crollo degli investimenti nell’estrazione di petrolio. In Cina le misure espansive hanno stabilizzato il ritmo di sviluppo, fisiologicamente rallentato; la Russia sta uscendo dalla recessione, che in Brasile si sta attenuando. L’Eurozona ha marciato a ritmo costantemente discreto nei passati sei mesi; tuttavia, le attese forti ripercussioni della Brexit hanno spinto a ribassare le previsioni per il resto dell’anno in corso e soprattutto per il prossimo.
L’unico contrasto alle spinte recessive che promanano dal Regno Unito (dove è rapidamente entrato in crisi il settore immobiliare) e che si diramano anzitutto attraverso il canale finanziario (in particolare il credito delle banche, oggetto di larghe vendite in Borsa) è costituito dalle politiche monetarie ultra-espansive che, benché ritenute sempre meno efficaci, sono riuscite a far scendere ancora i tassi di interesse a lungo termine. La svalutazione della sterlina ha ingenerato nuova instabilità valutaria. In Italia la risalita della produzione industriale, già molto disomogenea tra settori e quindi poco solida, ha subito una nuova battuta d’arresto nel secondo trimestre e, di conseguenza, costringe a rivedere all’ingiù le stime di variazione del PIL. L’export è in recupero mentre l’aumento della domanda interna si sta infiacchendo a causa dei consumi, con gli investimenti che invece tengono il passo. Unica buona notizia: nel mercato del lavoro l’aumento dell’occupazione ora non riguarda più solo le forme contrattuali incentivate. Un segnale importante di consolidamento dei progressi avviati ormai da oltre due anni. (leggi tutto)