• Today is: venerdì, Giugno 2, 2023

Dalla Ue nuove norme per lavoratori piattaforme digitali

redazione
Dicembre09/ 2021

La Commissione europea ha presentato oggi a Bruxelles una nuova proposta di direttiva che mira a fare chiarezza riguardo allo status dei lavoratori delle piattaforme digitali (come i “rider” e gli autisti di Uber), con una serie di criteri per stabilire se sono davvero indipendenti, o se non si tratti invece di impiegati che dovrebbero quindi avere contratti di lavoro subordinato, con tutte le tutele relative.

La Commissione stima che oggi 5,5 milioni di lavoratori delle piattaforme digitali nell’Ue, sui 28 milioni totali, siano erroneamente classificati come indipendenti, mentre i restanti 22,5 milioni hanno contratti, sia di lavoro subordinato che da indipendenti, che corrispondono effettivamente al loro status.

Se la direttiva verrà adottata dal Consiglio Ue e dal Parlamento europeo senza sostanziali modifiche, gli Stati membri dovranno verificare che i lavoratori classificati come autonomi non siano in realtà legati alla piattaforma digitale per cui lavorano da condizioni che configurano chiaramente un rapporto di lavoro subordinato.

La verifica dovrà essere effettuata in base a cinque criteri stabiliti dalla direttiva: quando almeno due dei criteri sono soddisfatti, la piattaforma digitale andrà considerata in effetti come datore di lavoro e il lavoratore “indipendente” come un suo impiegato, con tutti i conseguenti diritti e tutele che dovranno essere garantiti: salario minimo (nei paesi in cui è previsto), contrattazioni collettive, norme sull’orario di lavoro, protezione sanitaria, ferie e assenze per malattia remunerate, protezione dagli incidenti sul lavoro, sussidi di disoccupazione e pensione di anzianità.

Con i suoi cinque criteri, la direttiva richiede di verificare: 1) se la piattaforma digitale determina effettivamente o fissa i limiti massimi per il livello di remunerazione del lavoratore qualificato come “indipendente”; 2) se richiede al lavoratore “indipendente” di rispettare regole vincolanti specifiche riguardo al suo aspetto, alla sua condotta nei confronti del destinatario del servizio o alla esecuzione del lavoro; 3) se controlla l’esecuzione del lavoro o ne verifica la qualità dei risultati anche per via elettronica; 4) se limita di fatto, anche attraverso l’imposizione di sanzioni, la libertà del lavoratore “indipendente” di organizzare il proprio lavoro, e in particolare la discrezionalità nella scelta dell’orario o di periodi di assenza, la possibilità di accettare o rifiutare incarichi, o di ricorrere a subappaltatori o a sostituti; 5) se limita di fatto la possibilità del lavoratore “indipendente” di creare una sua base di clienti o di eseguire lavori per eventuali terzi.

Come hanno spiegato, presentando la direttiva in conferenza stampa oggi a Bruxelles, il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis e il commissario agli Affari sociali Nicolas Schmit, se la piattaforma digitale non fosse d’accordo con l’eventuale conclusione secondo cui i lavoratori “indipendenti” a cui si è rivolta sono in realtà da considerare come suoi lavoratori subordinati, perché rientrano in almeno due dei cinque criteri, è sempre possibile inoltrare un ricorso legale secondo le leggi nazionali dello Stato membro interessato.

L’onere della prova, in questo caso, ricadrebbe sulla piattaforma stessa, che dovrebbe dimostrare eventuali errori di valutazione.

Un’altra possibilità, tuttavia, è che la piattaforma modifichi le condizioni di lavoro degli “indipendenti” con cui ha in realtà relazioni di subordinazione, riducendo, ad esempio, il livello di controllo sistemico che esercita su di loro.

tn

redazione