Secondo il 31°Rapporto Eurispes se diminuisce il pessimismo dei lavoratori italiani dall’altro lato più di un italiano su cinque +è costretto al doppio lavoro.
Il 58,3% di quanti hanno partecipato all’indagine dell’Eurispes afferma di avere un lavoro. Più della metà del campione (54,2%) dichiara che la sua posizione lavorativa gli permette (“molto” e “abbastanza”) di fare progetti per il futuro (nel 2013 i pessimisti erano il 64%); resta comunque alta la percentuale di quanti non hanno questa sicurezza (45,8%). Il 69,5% di chi lavora non si sente nelle condizioni di dover cercare una nuova occupazione.
Il 53,2% può sostenere con il proprio lavoro spese come l’acquisto di una casa, di un’automobile o l’accensione di un mutuo (contro il 46,8%). Rispetto al 2013 risulta aumentata di quasi 15 punti la quota di quanti possono permettersi determinate spese. Rispetto a 6 anni fa, aumenta di più di dieci punti percentuali la quota di quanti si sentono sicuri di garantire una stabilità alla propria famiglia grazie al proprio lavoro (dal 46,5% al 56,8%). Una quota interessante del campione afferma di essersi trovata nell’ultimo anno nella condizione di svolgere un doppio lavoro (22,3%), lavorare senza contratto (21,2%) o svolgere un lavoro con qualifiche inferiori rispetto alle proprie competenze (24,2%). I più esposti i giovani tra 18 e 34 anni, che hanno lavorato senza contratto nel 58,6% dei casi per i 18-24enni e nel 34,7% per i 25-34enni.
I disagi più sentiti dai lavoratori italiani sono la mancanza di tempo da dedicare a sé stessi (48,5%), i carichi troppo pesanti di lavoro (47,7%), gli spostamenti casa-lavoro (44,4%) e le difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia (41,8%). Il 38,6% lamenta l’assenza di stimoli professionali, mentre sono circa il 32% coloro i quali dichiarano di avere rapporti conflittuali con i colleghi ed il 30% con i superiori. Il 28,5% ritiene che i propri diritti siano scarsamente tutelati e circa il 27% è preoccupato dalla precarietà del contratto e dall’insicurezza del posto di lavoro; circa uno su cinque (21,1%) deve fare i conti con l’irregolarità nei pagamenti. Ritardi o mancate retribuzioni sono proprio la motivazione più frequente che ha costretto a cambiare lavoro: lo ha affermato il 14,4% dei lavoratori, a cui si aggiunge un ulteriore 14,5% che ha pensato di farlo. Ad abbandonare il posto di lavoro a causa del mobbing è stato il 7,1% dei rispondenti, a cui va aggiunto il 16,5% che ci ha pensato, ma non lo ha fatto, per un totale del 23,6%. L’assenza di un contratto è stata la spinta a lasciare il lavoro nel 12,7% dei casi. Il 40,6% dei lavoratori ha pensato di mettersi in proprio avviando un’attività autonoma: fra questi il 15% lo ha fatto con successo, il 9,7% ha avviato un’attività in proprio, ma non ha avuto successo e il 15,9% vorrebbe farlo, ma non ne ha la possibilità.
A.P