Sei lavoratori su 10 sono over 35, il 60% delle imprese non fa formazione e il 40% non investe sul digitale: è questa la fotografia del settore turistico italiano, cosi come emerge da uno studio condotto da Feder Terziario e basato su dati Istat, Ragioneria dello Stato, Unioncamere e Randstad Research. Lo studio è stato presentato nel corso dell’incontro “Giovani e turismo: vivere o sopravvivere”, nell’ambito dell’evento TTG Travel Experience che si è svolto a Rimini.
Dall’analisi di FederTerziario emerge un quadro complesso. Circa il 90% del tessuto produttivo del settore turistico italiano si configura come microimpresa: tre imprese su 4, ovvero il 77% del totale, non hanno più di cinque addetti. Quanto alla composizione anagrafica, circa il 60% del totale degli addetti è over 35. Inoltre, circa la metà delle imprese turistiche richiede una formazione specifica di partenza: in particolare, la ricerca è orientata su personale con qualifica o diploma professionale. Resta inoltre cruciale il ruolo della formazione continua quando si è già all’interno di una azienda, ma su questa tematica le imprese del settore restano abbastanza pigre: secondo i dati UnionCamere, nel 2024 solo il 41,4% ha effettuato percorsi di crescita strutturati, facendo registrare un dato decisamente più basso del resto della media dei settori (50,8%).
Dunque, occorre una svolta che punti sui giovani, sulla formazione, e sulla tecnologia, come ha sottolineato Emanuela d’Aversa, vice presidente di FederTerziario Turismo: “Il futuro del settore appartiene ai giovani, che abbiamo il dovere di orientare e formare adeguatamente: le nostre imprese, che faticano a trovare personale qualificato, richiedono competenze funzionali a un settore in continuo mutamento e a una clientela sempre più consapevole ed esigente. Senza dimenticare che lavorare nel comparto del turismo richiede grandi sacrifici personali e che spesso viene percepito come un settore che non garantisce né stabilità né avanzamenti di carriera”.
“Dobbiamo agire perché, grazie anche a strategie congiunte -conclude D’Aversa -si creino reti territoriali stabili, inclusive e orientate alla crescita, in grado di stimolare tutti i protagonisti del settore a investire in formazione, anche attraverso percorsi formativi in co-progettazione con enti locali, istituti tecnici e università, che valorizzino le risorse umane, culturali, ambientali e sociali di ciascun territorio”.