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Home - Approfondimenti - La nota - Fim, luci ed ombre sul reparto italiano di Stellantis

Fim, luci ed ombre sul reparto italiano di Stellantis

di Fernando Liuzzi
9 Luglio 2021
in La nota
Stellantis e Foxconn, con Mobile Drive verso uno smartphone a 4 ruote

Con una conferenza stampa tenuta oggi a Torino, nella storica sede di via Madama Cristina, la Fim-Cisl ha presentato una sua indagine sulla situazione produttiva e occupazionale del gruppo Stellantis in Italia. Un’indagine, va detto subito, relativa al primo semestre 2021.

Dai dati oggi illustrati da Ferdinando Uliano, segretario nazionale Fim e responsabile per il settore automotive, e da Davide Provenzano, segretario generale della Fim di Torino, risulta quindi che, nei primi sei mesi dell’anno in corso, Stellantis ha prodotto nel nostro Paese 407.846 vetture. Una cifra, questa, che costituisce un forte aumento rispetto all’analogo periodo del 2020 (+ 59,9%), ma anche un netto arretramento (-10,5%) rispetto al primo semestre del 2019.

In pratica, nei primi sei mesi di quest’anno la produzione effettuata negli stabilimenti che oggi appartengono al gruppo Stellantis si è ripresa rispetto al forte calo subito nei mesi segnati dal lockdown conseguente all’esplosione della pandemia da Covid 19, ma non è ancora tornata ai livelli dell’ultimo anno precedente all’insorgere della pandemia stessa.

Questi dati, peraltro, sono relativi alla somma fra autovetture e veicoli commerciali. E’ quindi particolarmente interessante prendere nota di un fatto che, nelle sue grandi linee, è certamente noto agli addetti ai lavori, ma che non viene forse percepito con altrettanta nettezza dall’opinione pubblica. Ci riferiamo al (crescente) peso relativo dei veicoli commerciali leggeri rispetto alle autovetture nell’ambito della realtà italiana di Stellantis.

Attualmente, infatti, le auto rappresentano circa il 60% dei veicoli prodotti, mentre i veicoli commerciali rappresentano circa il 40%. La forza relativa di questo secondo segmento appare peraltro, almeno attualmente, in crescita. Infatti, quell’arretramento complessivo che, in termini produttivi, abbiamo visto essersi verificato nel primo semestre 2021 rispetto all’analogo periodo del 2019 (-10,5%), va così scomposto: le auto sono diminuite del 20,4%, mentre i veicoli commerciali sono cresciuti del 9,8%.

Rispetto a questo fenomeno, vanno sottolineati tre aspetti. Il primo è quello relativo al fatto che, in Italia,  tutta la produzione dei veicoli commerciali viene realizzata in un solo stabilimento: quello della Sevel di Atessa, in val di Sangro (Chieti).

Il secondo è che la Sevel (Società europea veicoli leggeri) è un’azienda nata nel 1978 per iniziativa comune dell’allora Fiat e di Psa. E’ quindi un’impresa, oggi facente parte del gruppo Stellantis, che, con la sua stessa nascita, è stata in qualche modo antesignana della futura (e all’epoca, certo, non prevedibile) fusione avvenuta l’anno scorso tra la stessa Psa e la Fca, erede della Fiat.

Il terzo è che, paradossalmente, l’attuale ottimo stato di salute della Sevel di Atessa pare legato, almeno in parte, ad alcune conseguenze sociali della pandemia. La crescita della domanda di furgoni può infatti essere considerata come una conseguenza dell’enorme e repentino sviluppo delle consegne porta a porta rese necessarie dall’impennata delle vendite on line. Analogamente, alle conseguenze della pandemia può forse essere ricondotta anche la recente crescita della richiesta di camper, un veicolo per le vacanze che consente di viaggiare senza dover pernottare in albergo.

Ciò detto, l’unico dato positivo relativo alla produzione di auto comparata al periodo pre-Covid è quello del Polo Produttivo Torinese. Un dato che, secondo il report della Fim, è stato determinato “dai volumi della nuova 500 Bev full electric, entrata in produzione ad ottobre 2020”.

La Fim ha quindi dato un giudizio positivo sull’insediamento al Mise, avvenuta il 23 giugno scorso, del tavolo sul settore automotive. Insediamento che, ha detto Uliano, “era uno degli obiettivi che come Fim-Cisl ci eravamo posti nelle interlocuzioni con il Governo Draghi” e che è stato oggetto delle “manifestazioni fatte da Fim, Fiom e Uilm” presso lo stesso Mise. Adesso, però, “è indispensabile non perdere tempo”. La Fim si attende dunque che vengano convocati al più presto al Ministero dello Sviluppo Economico i gruppi di lavoro che dovranno dare seguito e sostanza all’insediamento del tavolo.

Infine, la Fim ha dichiarato che “con l’assegnazione all’Italia e a Termoli di una delle cinque Gigafactory” annunciate da Stellantis, è stato “acquisito un altro importante risultato per l’Italia”. Tale risultato, peraltro, “non è certamente risolutivo dei problemi che si determineranno nelle fabbriche che producono i motori endotermici”. Infatti, “abbiamo ancora realtà importanti come  gli stabilimenti di Cento (Modena) e Pratola Serra (Avellino) che occupano, insieme, circa 2.700 dipendenti”. Tuttavia, conclude la Fim, l’assegnazione della Gigafactory a Termoli (Campobasso) costituisce “un passo importante verso quella sostenibilità sociale che rivendichiamo per ridurre l’impatto occupazionale del cambio delle motorizzazioni”.

@Fernando_Liuzzi

Fernando Liuzzi

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