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Home - Approfondimenti - Analisi - I sindacati costretti all’unità

I sindacati costretti all’unità

di Fernando Liuzzi
15 Marzo 2016
in Analisi
I sindacati costretti all’unità

“Siete riusciti a rimettere insieme Fim, Fiom e Uilm.” A parlare così, rivolto alle delegazioni di Federmeccanica e Assistal, è Marco Bentivogli, il leader della Fim-Cisl. E le sue parole possono suonare come sintesi del punto cui è giunta la trattativa per il contratto dei metalmeccanici. Di fronte al fatto che, in quasi tre mesi di negoziato, le organizzazioni datoriali aderenti a Confindustria “non si sono mosse di un millimetro”, come ha detto l’11 marzo lo stesso Bentivogli, rispetto alla proposta salariale da loro avanzata il 22 dicembre dell’anno scorso, i sindacati della maggiore categoria dell’industria si sono visti nella necessità di superare il solco profondo scavato da otto anni di vivaci, reciproci dissensi strategici e di cercare le vie di una nuova unità.

Oggi è martedì 15 marzo, e si può dire che, alla fine, il gran giorno è arrivato. Intendendo con questa espressione che, dopo un mese e mezzo di incontri in ristretta, la trattativa per il contratto metalmeccanici prevede il ritorno a un confronto fra le delegazioni riunite in sessione plenaria.

In teoria, i sette appuntamenti a delegazioni ristrette, dedicati ad approfondire i vari punti tematici aperti nel negoziato contrattuale e svoltisi a partire dal 5 febbraio, avrebbero dovuto avvicinare le parti. Ciò è avvenuto per quanto riguarda temi pur significativi, quali quelli del cosiddetto welfare contrattuale, ovvero previdenza complementare e sanità integrativa, ma non per altri, quali la cruciale questione dell’inquadramento professionale. Soprattutto, non è avvenuto per il salario, o meglio, per la decisiva questione relativa al rapporto fra contratto nazionale e crescita, eventuale, delle retribuzioni.

Sempre in teoria, due sono le vie aperte davanti a questo nuovo appuntamento a delegazioni piene: l’avvio di una fase più stringente del negoziato o la presa d’atto che la trattativa è bloccata. La soluzione individuata per oggi dai sindacati è una variante della seconda via. A fine mattinata, quando le parti tornano a incontrarsi dopo un’interruzione che ha consentito un’ultima messa a punto della ritrovata intesa fra i tre sindacati, prende la parola Bentivogli. Il quale, anche a nome di Uilm e Fiom, dice che i sindacati, a fronte al persistere di distanze reiteratamente riscontrate, e pur non volendo delegittimare il tavolo negoziale, chiedono di poter incontrare i vertici di Federmeccanica e Assistal per “verificare le disponibilità” delle associazioni datoriali. Al che Stefano Franchi, direttore generale di Federmeccanica, risponde che la richiesta sindacale sarà riportata ai Presidenti della stessa Federmeccanica, Fabio Storchi, e di, Assistal, Angelo Carlini. Aggiungendo poi che “ogni occasione di confronto” va valutata, di per sé, in modo positivo.

Ora nessuno si immagina che da questo incontro possa uscire qualcosa di diverso da ciò che è fin qui uscito dal negoziato. Quello richiesto dai sindacati è una verifica da effettuare per evitare che siano possibili equivoci sull’esistenza di possibilità non sondate dalla trattativa.

Ma la vera notizia è un’altra. Ed è quella che emerge dalla riunione delle tre delegazioni sindacali tenuta prima dell’ultima fase dell’incontro odierno. Innanzitutto, Fim, Fiom e Uilm hanno messo a punto un documento politico che contiene una valutazione condivisa sullo stato non positivo del negoziato contrattuale, con particolare riferimento alle distanze registrate in materia salariale. In secondo luogo, i tre sindacati hanno elaborato un secondo testo in cui concordano di avviare un percorso volto a definire le regole che dovranno presiedere a una fase improntata alla ripresa dei rapporti unitari.

Forti di questa piattaforma politica comune, Fim, Fiom e Uilm avvieranno una serie di attivi regionali unitari, cui parteciperanno le segreterie nazionali dei tre sindacati. Dopodiché, saranno organizzate unitariamente assemblee nei luoghi di lavoro aperte alla partecipazione di lavoratori iscritti e non iscritti ai tre sindacati. Tutto ciò allo scopo di informare la categoria sullo stato della trattativa e di mobilitare i lavoratori in vista di un primo appuntamento di lotta che, verosimilmente, potrà avere luogo verso la metà del mese di aprile. La data e il numero di ore di questo sciopero saranno peraltro decisi, probabilmente, entro la fine di marzo.

In una normale trattativa sindacale, tutto ciò non costituirebbe una gran notizia. Ma, in questo caso, le cose non stanno così. Come lo stesso Bentivogli ha ripetutamente sottolineato, sono passati infatti almeno 8 anni dalle ultime iniziative unitarie nella categoria dei metalmeccanici. E in questo periodo, non breve, un aspro scontro strategico ha visto la Fiom contrapposta a Fim e Uilm sia rispetto alle vicende del contatto nazionale, sia rispetto alle vicende sindacali della Fiat, poi Fca.

Anche nella presente vertenza contrattuale, i sindacati sono entrati con due diverse piattaforme rivendicative: una condivisa da Fim e Uilm, l’altra della sola Fiom. Ed ecco che adesso, non senza un certo, reciproco, stupore, i segretari generali dei tre sindacati, e cioè Bentivogli, Landini e Palombella, si ritrovano a scrivere assieme documenti unitari stesi allo scopo di mobilitare la categoria in vista di uno sciopero da indire unitariamente.

Ma non è tutto. Nella riunione della delegazione sindacale, infatti, sono state pronunciate parole impegnative. Palombella ha parlato esplicitamente della necessità di effettuare reciproche “cessioni di sovranità” fra i tre sindacati, allo scopo di produrre un’unità non effimera. Mentre Bentivogli ha evocato il prestigioso nome della Flm per dire che quel che serve non è una sommatoria delle  posizioni dei diversi sindacati, ma che, al contrario, per Fim, Fiom e Uilm è necessario “ritrovare la capacità di sintesi” che appartenne alla Federazione lavoratori metalmeccanici “nei tempi migliori della nostra storia”. Quanto a Landini, ha sostenuto non solo che la posizione di Federmeccanica sul salario implica l’azzeramento della funzione del contratto nazionale della categoria, ma anche che l’esistenza o meno di una struttura contrattuale fondata su due livelli, nazionale e aziendale o territoriale, oggi “si gioca sul tavolo dei metalmeccanici”.

Fin qui le notizie. E, adesso una valutazione. Già dall’inizio di questa complessa trattativa, era chiaro che un elemento di difficoltà destinato a gravare non poco sul suo percorso consisteva nel fatto che la trattativa stessa si apriva in un contesto privo di un modello contrattuale condiviso dalle parti. E che era la prima volta che ciò accadeva da quando, nel 1993, Cgil, Cisl e Uil firmarono, insieme a Confindustria, l’accordo del 23 luglio. Nell’ottobre del 2009, infsatti, quando Fim e Uilm firmarono con Federmeccanica un contratto non accettato dalla Fiom, lo fecero nell’ambito di un accordo interconfederale definito nel gennaio precedente dalla Confindustria con Cisl e Uil, anche se non con la Cgil. Ma ormai anche quest’ultima intesa, ancorché parziale, è scaduta. Tutti navigano quindi in mare aperto, senza rotte prefissate.

D’altra parte, la proposta di rinnovamento del contratto presentata da Federmeccanica il 22 dicembre, era evidentemente una proposta ambiziosa, volta, appunto, a un robusto rinnovamento del contratto, e non solo a un suo rutinario rinnovo. La trattativa dei metalmeccanici ha finito quindi per caricarsi sulle spalle un peso davvero gravoso. Perché la conclusione del negoziato andrà inevitabilmente a impattare su un sistema contrattuale attualmente indefinito. Non sapremmo dire se questa sia una buona notizia, ma a quel che pare il contratto dei metalmeccanici è tornato a ritrovare una sua centralità nelle vicende sindacali del nostro paese.

@Fernando_Liuzzi

 

 

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