Da gennaio 2008 a giugno 2010 nel mercato del lavoro sono stati attivati 27.432.356 rapporti di lavoro, dei quali il 34% ha interessato le Regioni del Sud e il 73,4% i contratti “deboli” ( a tempo determinato, collaborazioni). Nel periodo considerato i rapporti cessati sono stati 24.499.653, dei quali 38% al Sud e 72% tra i contratti deboli. Sono questi i dati principali che emergono dal 2° Rapporto Uil sulle comunicazioni obbligatorie “Dove, come e quanto si muove il lavoro in Italia: assunzioni, cessazioni, flessibilità, giovani, donne e stranieri”.
Lo studio ha lo scopo di analizzare più approfonditamente possibile gli effetti che la crisi ha determinato sull’occupazione in Italia. L’elaborazione è basata sul Primo Rapporto sulla coesione sociale di dicembre 2010, realizzato dal ministero del Lavoro in collaborazione con Inps e Istat, che contiene per la prima volta in assoluto i dati ufficiali delle comunicazioni obbligatorie.
Per l’elaborazione dei numerosi dati sono stati utilizzati criteri quantitativi (rapporti di lavoro avviati e cessati nel periodo considerato), qualitativi (quali tipologie contrattuali hanno caratterizzato tali rapporti di lavoro), merceologici (la movimentazione dei rapporti di lavoro nei diversi settori produttivi), che costituiscono le tre sezioni del Rapporto. Infine l’ultimo capitolo dello studio è dedicato a una breve analisi del lavoro in somministrazione.
Il quadro del lavoro in Italia viene fotografato a livello di macro area, per generi, settori, tipologie contrattuali utilizzate, fasce d’età, attraverso l’elaborazione delle comunicazioni obbligatorie che costituiscono la condizione per le assunzioni, le trasformazioni, le proroghe e el cessazioni dei rapporti di lavoro, sia presso i datori di lavoro privati che pubblici. I risultati che emergono, sottolinea la Uil, costituiscono “la base essenziale sulla quale consolidare e innovare le politiche attive (orientamento e formazione) e quelle passive (ammortizzatori) a sostegno del lavoro.
Secondo il rapporto della Uil da gennaio 2008 a giugno 2010 nel mercato del lavoro sono stati attivati 27.432.356 rapporti di lavoro (di cui il 49% riguarda assunzioni di donne). Del totale dei rapporti attivati, il 34% ha interessato le Regioni del Mezzogiorno. Tra i rapporti avviati, il 73,4% ha riguardato contratti “deboli” (tempo determinato, collaborazioni, etc) di cui il solo contratto a tempo determinato rappresenta il 64,6%. Il restante 26,6% di attivazioni, ha ad oggetto “buone forme” di inserimento lavorativo, di cui il 22,9% a tempo indeterminato e il 3,7% contratti di apprendistato.
Nel periodo considerato, i rapporti di lavoro cessati sono stati 24.499.653 (di cui il 48,4% ha coinvolto le donne). Nel solo Mezzogiorno, l’incidenza delle cessazioni è stata del 38,1%. I contratti “deboli” hanno subito le maggiori cessazioni (72%, di cui il tempo determinato ha inciso per il 64,4%), a fronte del 28% delle buone tipologie contrattuali.
Dal totale nazionale dei 14,3 milioni di nuovi rapporti avviati, il 19% (pari a 2,7 milioni) ha riguardato lavoratori stranieri. Sono stati oltre 2 milioni i lavoratori potenzialmente coinvolti da tali attivazioni, di cui 1,2 milioni di origine extra europea e circa 800 mila di nazionalità europea.
Per ogni lavoratore straniero sono stati quindi attivati nei 18 mesi, mediamente, 1,3 contratti (percentuale più bassa in confronto al dato nazionale). Il 57,2% dei nuovi rapporti di lavoro ha riguardato il Nord (circa 1,6 milioni di rapporti di lavoro), seguito dal Centro (672 mila) e dal Mezzogiorno (492 mila). Gli uomini hanno mostrato, rispetto alle lavoratrici, il maggior numero di attivazioni (1,5 milioni, a fronte di 1,2 milioni di nuove attivazioni delle donne).
Analizzando il dato sui rapporti di lavoro terminati con lavoratori stranieri, si può notare come questi costituiscano il 33,3% (pari ad oltre 2,1 milioni di rapporti chiusi) del totale nazionale delle cessazioni del periodo, con un coinvolgimento circa 1,6 milioni di lavoratori stranieri (di cui 900 mila extraeuropei e 650 mila europei) . Il dato per macro area, vede il maggior numero di rapporti di lavoro terminati nel Nord (1,2 milioni), seguito dal Centro (522 mila) e dal Mezzogiorno (372 mila). Il 41,9% delle cessazioni ha coinvolto le donne (in misura, quindi, inferiore rispetto agli uomini). Il saldo di periodo tra attivazioni e cessazioni, fa registrare un saldo positivo di 579.023 rapporti instaurati, di cui 345.013 per le donne e 234.010 per gli uomini.
Nella seconda sezione del Rapporto è stato adottato un criterio di tipo qualitativo, ossia sono stati interpretati i dati secondo le diverse tipologie contrattuali divise in 2 macro insiemi: “buone forme contrattuali”, in cui sono stati collocati i rapporti di lavoro instaurati con contratto a tempo indeterminato e con contratto di apprendistato, e “deboli forme contrattuali” in cui sono presenti i rapporti di lavoro avviati con il contratto a tempo determinato, collaborazioni, contratti di inserimento e altri.
Così, se si confronta l’anno precedente la crisi (il 2008) con il primo anno di crisi (il 2009), ne emerge che vi è stata una più forte caduta dei rapporti di lavoro di qualità (-39,4%). La percentuale di diminuzione delle “deboli” forme contrattuali è stata, invece, del 22,1%. Il confronto dei dati in valori assoluti, ci mostra un 2009 con 2,3 milioni di nuovi rapporti di lavoro avviati con “buone” tipologie contrattuali, a fronte degli oltre 3,8 milioni del 2008, e 7 milioni di nuovi rapporti avviati con “deboli” tipologie, a fronte dei 9 milioni del 2008.
La stessa analisi condotta con lo stesso criterio per i rapporti di lavoro cessati, ci informa che tra il 2008 ed il 2009, sono aumentate le cessazioni con “buone” forme contrattuali (+ 11,9%), a fronte di una diminuzione delle cessazioni con “deboli” tipologie contrattuali (- 25,1%).
In valori assoluti, nel 2009 i “buoni” rapporti di lavoro terminati sono stati circa 2,9 milioni, a fronte degli oltre 2,5 milioni del 2008. Molto più alto il numero dei rapporti di lavoro cessati con “deboli” forme contrattuali: erano circa 6,3 milioni nel 2009, a fronte degli 8,3 milioni del 2008.
Tra le cause di estinzione dei 13,1 milioni di rapporti di lavoro cessati, è fondamentale evidenziare come il 59,1% (pari a circa 7,8 milioni) sia stato causato dalla scadenza del termine apposto al contratto (percentuale che scende al 42,2% per i lavoratori stranieri, corrispondente a 903 mila rapporti). Se si analizzano il complesso di cessazioni che vedono una causa che esula dalla volontà del lavoratore, ci si accorge che la percentuale sale al 70,1% corrispondente, in valori assoluti, a 9,2 milioni di rapporti di lavoro terminati (per gli stranieri è il 57,2% per un totale di rapporti cessati corrispondenti a d oltre 1,2 milioni). Molto bassa la percentuale dei rapporti di lavoro che, cessati, hanno avuto una durata maggiore di 1 anno (il 18,5% pari a 2,4 milioni di rapporti cessati). Per i lavoratori stranieri i rapporti di lavoro con durata maggiore a 24 mesi, sono stati il 15,4% (pari a 329 mila).
L’analisi delle comunicazioni obbligatorie, si chiude con la fotografia delle attivazioni e delle cessazioni dei rapporti di lavoro per settore produttivo. Tale ultimo quadro mostra in quali settori, nel pieno della crisi economico-produttiva, vi è stata richiesta e utilizzo di forza lavoro e con quale tipologia contrattuale sono stati avviati tali nuovi rapporti di lavoro.
E’ indubbiamente il Terziario, il settore che ha richiesto il più alto numero di avviamenti al lavoro (circa 7,9 milioni che rappresentano il 54,8% del totale dei nuovi rapporti di lavoro del periodo), seguito dalla Pubblica Amministrazione e dall’Industria (circa 2,3 milioni cadauno) e dall’Agricoltura (1,9 milioni).
L’analisi dei dati del Terziario, evidenzia come in tutte e 3 le macro aree tale settore abbia catturato il maggior numero di nuovi rapporti di lavoro, con il maggior numero di avviamenti nel Nord (3,5 milioni); Nord che si caratterizza anche per il più alto numero di rapporti di lavoro nel settore Industria e nella Pubblica Amministrazione.
L’Agricoltura concentra, invece, la più alta percentuale di attivazioni di settore, nel Mezzogiorno (il 65,9%, pari a circa 1,3 milioni di nuovi rapporti di lavoro).
Infine l’ultimo capitolo del rapporto analizza i dati che riguardano il lavoro in somministrazione. Lo studio si basa su dati disponibili dell’Ebitemp, dal momento che non vi erano dati a riguardo nel rapporto del ministero del lavoro. Tra il 2008 ed il 2009, si è assistito ad una crescita del numero dei lavoratori in somministrazione con un aumento del 41,5%. In valori assoluti, il numero di lavoratori assicurati Inail con almeno una missione è stato, nel 2009, di 824 mila, a fronte dei 582 mila del 2008. Nel I semestre 2010, il numero di lavoratori è stato di oltre 448 mila e le missioni avviate circa 499 mila. Se si considerano, quindi, i 18 mesi interessati dalla crisi, che vanno da gennaio 2009 a giugno 2010, i lavoratori in somministrazione sono stati circa 1,3 milioni e le missioni circa 1,4 milioni da cui ne emerge che ogni lavoratore è stato interessato in media da 1,1 missioni.
Dall’elaborazione dei dati dei 18 mesi per macro area, la fotografia che ne esce è un Nord con una percentuale di lavoratori in somministrazione pari al 67,5% (circa 859 mila lavoratori) del totale del periodo, a cui segue il Centro con il 18% (oltre 228 mila lavoratori) ed il Mezzogiorno con il 14,5% (oltre 185 mila lavoratori).
























