Il Covid con i suoi effetti collaterali nel corpo sociale mette in evidenza la necessità di attuare presto e bene il PNRR in corso di aggiornamento dopo l’esame della Commissione Europea. Queste circostanze hanno rafforzato la percezione dei limiti della PA, che viene riconosciuta come un sistema complesso nel quale una burocrazia autoreferenziale è sintomo di livelli di efficacia ed efficienza spesso mediocri e disomogenei. Peraltro le forme di smart working istituite recentemente hanno reso obbligatorio il ricorso alla digitalizzazione nell’ambito dei processi operativi che risultano semplificati e funzionanti.
E’ utile sottolineare che in Italia dall’ultimo dopoguerra si sono sviluppate parallelamente due linee di azione in gran parte scollegate. Da un lato un aumento del perimetro della PA – come ad esempio la commistione Previdenza/Assistenza, la modifica degli assetti istituzionali e le Authority – dall’altro l’attuazione – necessariamente più lenta – di semplificazioni e riforme della stessa PA. Così, per il sistema pensionistico italiano la suddetta commistione da’ origine a una rappresentazione falsata di non “tenuta” dello stesso e quindi ad allarmi che servono a giustificare i soliti interventi di riequilibrio dei conti; il sistema, invece, risulterebbe sostanzialmente in equilibrio se solo lo si depurasse della componente assistenziale, da mettere a carico della fiscalità generale.
Nello stesso dopoguerra i 47 Ministri della PA si sono esercitati in una attività quasi al limite dell’impossibile: trasformare un sistema che nell’espandersi aumenta la sua complessità organizzativa – producendo normative sempre nuove – con una velocità maggiore di quella della messa in campo dei provvedimenti correttivi spesso riferiti a normative già superate.
L’inseguimento era destinato all’insuccesso, tanto più che i provvedimenti che ampliano il perimetro della PA cercano soprattutto di salvaguardare gli altri poteri interni coinvolti. Si parte da un livello “iniziale” procedendo verso il basso, cioè verso gli utenti finali destinatari dei servizi ma con una scarsa attenzione al soddisfacimento degli effettivi bisogni. Un esempio per tutti: la scuola deve mettere al centro i lavoratori (dirigenti scolastici, professori, personale tecnico amministrativo) o i fruitori del servizio (gli studenti)?
Risulta una PA ipernormata e oggi con organici non rinnovati, magari integrati da competenze assunte a contratto e collocate in posizioni di “staff”. In particolare tra il 2017 e il 2020 sono state editate più di 300 Gazzette Ufficiali l’anno superando ogni anno 30000 pagine stampate.
Le conseguenze sono evidenti: gli utenti finali devono risolvere da soli le incoerenze e le contraddizioni di processi confusi, fino al punto che il nuovo Presidente del Consiglio si trova a chiedere alla Corte dei Conti controlli severi e veloci, difficilmente conciliabili.
La situazione andrebbe considerata anche da altri punti di vista, ad esempio da quelli più vicini a logiche manageriali.
COMPLESSITA’. E’ il focus. Va gestita con specifici strumenti culturali. In questo contesto ogni innovazione genera necessariamente un’altra innovazione, ma i cambiamenti non si realizzano «ovunque» e non allo stesso “livello”; quindi è impossibile programmare un “ordine” minuzioso e perfetto. Esso viene sostituito dalla consapevolezza di doversi muovere costantemente in vista di un “disordine” e comunque “ai margini del caos”, ma dovendo essere “resilienti” cioè avendo sempre a disposizione gli strumenti per correggersi.
E’ spontaneo pensare che per muoversi verso una PA essenziale, adeguata e trasparente sia necessario abbassare subito il livello di complessità tenendo presente anche il “Principio di Pareto”: per ottenere l’80% di un risultato è sufficiente il 20% del lavoro necessario, mentre per ottenere il restante 20% del risultato è necessario l’80% dello stesso lavoro.
Tutto ciò richiede di circoscrivere sia i poteri che devono rispondere in via esclusiva allo sviluppo di un determinato processo sia i livelli di responsabilità organizzativa, sia – ancora – i limiti di competenza di ogni potere coinvolto.
In qualsiasi società, quando si procede ad una gara per l’affidamento di un appalto di lavori o di servizi, viene data attenzione quasi ossessiva attraverso numerose competenze specialistiche alla descrizione meticolosa – con relazioni, grafici e disegni – dei “limiti di fornitura”, esplicitando quanto incluso o escluso, onde evitare sovrapposizioni o fraintendimenti.
Nell’ambito dell’operatività della PA sono invece presenti costantemente modalità come: “di concerto con..”, “sentito il…”, “fatto salvo…”, “d’intesa con…”. Anche la figura del Responsabile Unico del Procedimento RUP, appositamente istituita, dovrebbe sommare le capacità atte a far fronte alle incongruenze normative e procedurali, ed in più nel caso di una gara presiedere alla definizione delle specifiche tecniche, dei fornitori qualificati da invitare, del tipo di gara, dell’affidamento e del relativo contratto.
E’ ugualmente opportuno attenuare la complessità del sistema chiarendo una volta per tutte il regime operativo delle imprese che – suddivise tra pubbliche, private, attive nel settore pubblico, sottoposte all’ “evidenza pubblica”, o che forniscono la PA – sono chiamate a rispettare normative variabili e tra loro contraddittorie.
A titolo di scherzoso wishful thinking si potrebbe istituire un principio di “copertura amministrativa”, in forza del quale il Legislatore prende in esame e approva una norma nuova solo se contestualmente semplifica o abroga un apprezzabile numero di disposizioni pregresse.
PARTIRE SIA DALLE ESIGENZE DEGLI UTENTI FINALI, SIA DALLE ATTESE DI TRASPARENZA DELLA SOCIETÀ, per ridefinire processi semplificati. Questo schema porta implicitamente ad adottare una logica di tipo contrattuale, tale da esprimere una corrispondenza tra le obbligazioni fiscali e l’erogazione dei servizi attesi, accompagnata da ovvie sanzioni per le rispettive inadempienze. Tra l’altro penali e sanzioni sono previste per soggetti terzi anche quando svolgono – obbligati per legge e senza remunerazione – attività che competono alla PA, come avviene per il “sostituto d’imposta”.
Gli stessi conflitti tra utenti finali e PA, se non quelli di lavoro nell’ambito della PA, potrebbero essere risolti con modalità più semplici ed efficaci, riproponendo opportunamente istituti come la “composizione amichevole”, l’Ombudsman, il Giudice di Pace, la Mediazione, prima di ricorrere alla Magistratura. Da questo punto di vista l’attribuzione della qualifica di “pubblico ufficiale”, che crea disparità di posizioni, potrebbe essere attribuita selettivamente ad alcuni livelli del personale della PA.
Il predetto “schema contrattuale” può portare a ripensare il senso dei controlli, affiancando alla tradizionale componente sanzionatoria una funzione pro-attiva di sostegno, per migliorare i processi o riallineare comportamenti impropri.
PRIVILEGIARE L’EFFICACIA E L’AFFIDABILITA’ DELLE RISPOSTE. Poiché il Paese è in emergenza e la PA è complessa, ogni innovazione organizzativa generale va testata prima di approvarla, senza dimenticare Principio di Pareto e anche a scapito dell’uniformità.
Quindi la PA è simile a un Mago che si trasforma generando dal suo cappello ricette arcane: per uscire dal suo labirinto bisogna muoversi con la imprevedibilità e la leggerezza dell’ Uomo-ragno.
Paolo Cannavo’ e Giuseppe Noviello
Il caso della Conferenza dei Servizi. Nata per velocizzare le procedure autorizzative, ha lo scopo di coinvolgere tutti gli uffici interessati che devono pronunciarsi unitariamente ed in unica e definitiva soluzione entro tempi massimi assegnati. Il coordinamento dei vari uffici competenti, una volta portata a termine la defatigante attività di individuarli tutti, è a cura della PA. La documentazione prodotta o già disponibile presso la PA viene messa a fattor comune dalla PA stessa (sportello unico). Invece spesso continua il rito di prima: il richiedente si fa carico di predisporre e seguire l’iter presso ogni singolo ufficio, per metterlo nelle condizioni di partecipare alla conferenza dei servizi. Per quanto riguarda le decisioni della conferenza, queste sono vincolanti per tutti gli uffici: però a volte sono proprio altri uffici della PA a ricorrere contro le decisioni della Conferenza. I tempi massimi sono poi quasi sempre tempi solo “sperati”.
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