Dopo la presentazione alle Camere della manovra economica del governo Meloni, emerge con chiarezza un dato generale che vale la pena di segnalare e che non si nota se si resta concentrati solo nella ricerca del singolo particolare: il fisco italiano ha perso ogni connotato di razionalità, leggibilità, omogeneità, per diventare un’accozzaglia di norme disegnate ognuna per qualche diversa categoria di contribuenti, in particolare, ma non solo, sul tema del lavoro.
Lascio da parte il complicato argomento degli affetti provocati da detrazioni e deduzioni Irpef: Ruggero Paladini su Moneta e Credito, rivista della Sapienza, ha calcolato che aliquote e scaglioni di reddito effettivi (cioè l’applicazione concreta dell’Irpef) sono molto diversi e più numerosi rispetto a quelli ufficiali (quelli in vigore oggi sono: 23 per cento fino a 28 mila euro di reddito lordo l’anno; 35 per cento da 28 a 50 mila euro l’anno; 43 per cento sul resto del reddito superiore a 50 mila euro).
Basta infatti mettere in fila pochi dati, compresi gli ultimi interventi compresi nella manovra del governo bollinata dalla Ragioneria generale dello Stato e presentata in Parlamento, per comporre un quadro complessivo, che mostra quanto sia diventato bizzarro il fisco italiano (e per non complicare ancora di più le cose lascio da parte pure i redditi derivanti da diritti di autore e i redditi agrari e dominicali, che hanno ulteriori sistemi di tassazione).
Redditi da lavoro:
- Zero tasse sul 15 per cento della retribuzione (se non supera complessivamente i 40 mila euro lordi l’anno) se riguarda lavoro straordinario e notturno dei dipendenti del settore turistico.
- Zero tasse sui redditi dei lavoratori dipendenti se versati attraverso buoni pasto del valore non superiore a 10 euro l’uno.
- 1 per cento sui premi di produttività dei dipendenti privati fino a 5.000 euro l’anno.
- 5 per cento sugli aumenti contrattuali per chi ha redditi fino a 28 mila euro lordi l’anno, con l’esenzione al versamento di sovrimposta Irpef comunale e regionale su questa parte di retribuzione (vale per il 2025 e il 2026, poi si vedrà).
- 15 per cento sulla parte accessoria della retribuzione dei dipendenti pubblici (forze di sicurezza e sistema Sanità hanno trattamenti specifici) e senza sovrimposta Irpef (esclusi i dirigenti) fino ad un massimo di 800 euro l’anno (se hanno una retribuzione fino ad un massimo di 50 mila euro lordi l’anno). Vale per il 2026, poi si vedrà.
- 15 per cento su lavoro notturno e festivo dei dipendenti privati con retribuzione fino ad un massimo di 40 mila euro (fino ad un massimo di 1500 euro in un anno di straordinario e festivi, sui quali non si versano le sovrimposte Irpef comunali e regionali). Vale per il 2026, poi si vedrà.
- 15 per cento sul lavoro degli autonomi con fatturato fino ad un massimo di 85 mila euro l’anno, che però non pagano le sovrimposte Irpef comunale e regionale.
- 23/33/43 per cento (le nuove aliquote con la riduzione della seconda dal 35 al 33), a seconda dell’entità del reddito lordo annuale (più le sovrattasse Irpef comunali e regionali) sulle normali retribuzioni dei dipendenti e sui redditi dei lavoratori autonomi con un fatturato oltre gli 85 mila euro di reddito l’anno.
Redditi da impresa
- 24 per cento sui guadagni lordi annuali, più l’Irap sul valore aggiunto (3,9 per cento, più una quota decisa dalle regioni, ma per alcuni settori, come per esempio il credito, è più alta).
Redditi da immobili:
- 10 per cento se l’affitto per l’abitazione è concordato con l’ausilio di sindacati degli inquilini e sindacati dei proprietari.
- 21 per cento se l’affitto per l’abitazione è a lungo termine, ma non concordato.
- 21 per cento sull’affitto a termine di una sola casa, a condizione che sia il proprietario in persona a curare l’affare.
- 26 per cento se l’affitto per l’abitazione è a breve termine, ma gestito attraverso le piattaforme online.
- 23/33/43 per cento (a seconda del reddito lordo annuale del contribuente) se l’affitto è per un ufficio o se l’affittuario è una società.
- In caso di plusvalenza da vendita di una casa: zero tasse se la vendita avviene dopo cinque anni dall’acquisto, se l’immobile è stato adibito ad abitazione personale, se è stato ereditato. 23/33/43 per cento (le nuove normali aliquote Irpef) sulla plusvalenza, che viene considerata tra i redditi da tassare ai fini Irpef se il contribuente è persona fisica in caso di vendita entro 5 anni dall’acquisto di un immobile non adibito a abitazione personale e che non è stato ereditato. Nel caso in cui il venditore sia una società, la tassazione normale è quella dell’Ires più Irap. In entrambi i casi (persona fisica e società) si può chiedere al notaio anche di applicare una semplice tassazione forfettaria al 26 per cento.
Redditi da capitale
- 12,5 per cento se l’interesse riguarda titoli di Stato italiani o europei.
- 26 per cento se l’interesse riguarda obbligazioni private, un conto corrente o un conto di deposito bancario (in quest’ultimo caso vanno aggiunte le imposte di bollo).
- 26 per cento sulle plusvalenze nelle compravendite di azioni, obbligazioni e provenditi da stablecoin in euro.
- 33 per cento sui proventi di criptovalute (non stablecoin e non denominate in euro).
Conclusione: forse sarebbe il caso di avviare una riflessione più generale, perché non solo il fisco italiano ha perso per larga parte la progressività indicata dalla Costituzione, ma non risponde nemmeno più a un criterio di omogeneità di trattamento tra i contribuenti.
Roberto Seghetti




























