Sono 19 gli Stati membri, compresa l’Italia, che hanno notificato alla Commissione europea a Bruxelles, entro la scadenza prevista, la richiesta di esentare il proprio territorio nazionale, tutto o in parte, dalla coltivazione di piante geneticamente modificate (Ogm), autorizzate a livello Ue.
L’opportunità di dichiarare il proprio paese o le proprie regioni esenti da Ogm (“Gmo-free”), immediatamente e con il possibile accordo delle società produttrici delle piante transgeniche, scade il 3 ottobre per quanto riguarda le quattro varietà di mais geneticamente modificato già approvate per la coltivazione nell’Ue (Monsanto MON810, Pioneer TC1507, e Syngenta GA21 e Bt11).
Questi gli Stati che hanno inoltrato la richiesta: Lettonia, Grecia, Croazia, Francia, Austria, Ungheria, Olanda, Polonia, Lituania, Belgio (solo per la Vallonia) Regno Unito (solo per Scozia, Galles e Irlanda del Nord), Bulgaria, Germany (salvo coltivazioni a fini di ricerca), Cipro, Italia, Slovenia, Malta, Lussemburgo, Danimarca.
Successivamente al 3 ottobre, gli Stati membri “ritardatari” potranno ancora ricorrere alla nuova clausola di salvaguardia (prevista dalla direttiva Ue 2015/412 che è entrata in vigore quest’anno), ma dovranno usare una seconda opzione, più complessa e meno diretta. In questo caso, infatti, bisognerà indicare una serie di motivazioni per il divieto di coltivazione, che andranno notificate alla Commissione europea (a cui spetta controllare che siano corrette) e che potrebbero essere contestate a livello internazionale nell’ambito della Wto. Le motivazioni potranno riguardare l’impatto socio-economico, l’esigenza di evitare “contaminazioni” in colture non Ogm e obiettivi di politica ambientale, agricola, di ordine pubblico, oppure di pianificazione urbana e territoriale, e di uso del suolo. Non potranno essere menzionati, invece, rischi per la sicurezza alimentare o per l’ambiente, per i quali tecnicamente è competente solo l’Efsa.




























