La Cgil si prepara a cambiare pelle. L’Assemblea generale della confederazione a luglio, in due sessioni, entrambe di due giorni, ha preso alcune decisioni molto importanti. La più rilevante è quella di operare una redistribuzione dei pesi al proprio interno. Affidando più persone e più risorse alle strutture orizzontali, federazioni regionali e camere del lavoro, a tutto danno, si deve credere, di quelle verticali, le federazioni di categoria. È una vecchia idea, non solo della Cgil, quella di rafforzare il sindacato sul territorio. Se ne è parlato spesso, in tutte le conferenze organizzative delle diverse centrali sindacali, senza però mai giungere a qualcosa di concreto. Stavolta invece sembra si voglia fare sul serio, tanto che è prevista per ottobre una prima verifica in una riunione di tutti i segretari generali delle strutture, sia verticali che orizzontali, e per il mese successivo, novembre 2025, una nuova riunione dell’Assemblea generale. Saranno le occasioni per capire cosa effettivamente si è fatto e per decidere le mosse successive.
Determinanti per condurre la Cgil a questa decisione sono state certamente le difficoltà che il sindacato, tutto, non solo la Cgil, incontra in maniera crescente nell’azione di tesseramento da quando sono sparite o si sono rarefatte le grandi imprese, i grandi stabilimenti industriali, dove era facile avvicinare e fidelizzare i lavoratori. Se non ci sono più quei grandi raggruppamenti, e quindi è più difficile arrivare ai lavoratori, meglio allora affidare alle camere del lavoro o a federazioni regionali il compito di avvicinare e tesserare i lavoratori. Ma nel disegno della Cgil ha pesato qualche cosa in più, legato all’impegno che la confederazione ha profuso in primavera per i referendum sul lavoro.
Quella prova fallì, il quorum non fu raggiunto e Maurizio Landini per primo parlò della sconfitta. Ma a votare in quell’occasione andarono più di 14 milioni di persone, una cifra importante considerando che metà paese, la premier in testa, aveva deciso per motivi politici di non votare e che alle elezioni normalmente va alle urne a fatica il 50% degli aventi diritto. Per questo la Cgil ha deciso di tenersi stretti quei 14 milioni di italiani e di proseguire a lavorare per convincere al voto quanti più cittadini sia possibile. Una lotta tenace contro l’assenteismo, che è un male per la democrazia e danneggia tutti quanti.
Un impegno che evidentemente sono in grado di portare avanti le strutture territoriali, più delle categorie. È l’esperienza del sindacato di strada, locuzione nata nel sindacato degli operai agricoli e poi trasmigrata in altre categorie per indicare un forte impegno sul territorio, con qualche evidente venatura movimentista. L’assemblea generale della Cgil ha deciso anche che la confederazione si impegnerà a fondo in occasione delle prossime elezioni politiche, sempre in funzione antiassenteismo. Nel mirino della Cgil c’è poi anche il possibile referendum costituzionale sullo sdoppiamento delle carriere dei giudici: se a questa prova si dovesse giungere la confederazione si impegnerebbe a fondo.
È probabile che queste decisioni della Cgil siano interpretate come una prova in più della tendenza della confederazione e del suo segretario generale a fare politica, tanto è vero che Landini ha chiesto alla confederazione di spostare il congresso confederale a una data successiva alle prossime elezioni politiche, proprio per evitare le voci su un suo diretto impegno nella politica. In verità, riavvicinare i cittadini al voto è altra cosa rispetto allo schierarsi con un partito o un altro, ma nelle polemiche cui abbiamo assistito, purtroppo anche becere, non si fanno tante distinzioni.
Più utile semmai è cercare di capire se il trasferimento di persone e risorse cambierà o meno qualcosa all’interno del corpo della Cgil e del suo impegno di tutti i giorni. Molto naturalmente dipenderà dall’entità di questi trasferimenti, perché per ottenere un risultato è evidente che non ci si potrà limitare a qualcosa di contorno. Ma agire in profondità potrebbe provocare reali trasformazioni e quindi dare luogo a incertezze. Non a caso l’Assemblea generale ha tenuto a ribadire che di questa trasformazione non avrà a soffrire l’attività sindacale, che proseguirà normalmente. Anzi, l’assemblea ha tenuto a ribadirne le priorità con un programma molto nutrito, a conferma che non ci saranno passi indietro. I dirigenti delle federazioni di categoria al momento non hanno mostrato contrarietà verso le decisioni prese. Poi, certo, l’analisi degli effetti di questo trasferimento massiccio di persone e risorse da un piano all’altro della confederazione sarà possibile solo a posteriori.
Massimo Mascini




























