Federmeccanica ha annunciato la ripresa delle trattative per il nuovo contratto di lavoro dei metalmeccanici per il 15 luglio.
Dopo 40 ore di scioperi e qualche turbolenza sociale (vedi il blocco stradale di Bologna) finalmente si riprende a trattare e questa è certamente di per sé una buona notizia.
Per più di una ragione c’è da augurarsi che questo appuntamento sia davvero ben preparato da ambedue le parti sociali.
Innanzitutto, come sanno coloro che hanno qualche dimestichezza con le trattative sindacali, ci sono due periodi nell’anno che, di fatto sono momenti di svolta decisivi del confronto tra le parti: il primo è quello a ridosso delle ferie estive, il secondo quello verso la fine dell’anno.
Se si perdono queste due occasioni per concludere il negoziato, inevitabilmente si scivola nel periodo successivo con conseguenti inasprimenti delle rispettive posizioni.
Penso che nessuno voglia arrivare in autunno con il contratto dei metalmeccanici ancora da firmare.
Questo non solo per la categoria, e l’inevitabile deterioramento delle Relazioni sindacali che comporterebbe un mancato accordo entro l’estate, ma anche per un prevedibile inasprimento delle tensioni sociali, certo non aiutato da un confuso quanto velleitario “Decreto sicurezza” approvato recentemente dal governo Meloni.
Per inciso confondere la sicurezza dei cittadini con l’ordine pubblico non ha mai portato a grandi risultati e una nuova dimostrazione dei metalmeccanici in sciopero, magari lungo una linea ferroviaria non sarebbe certo il miglior viatico per la ripresa autunnale. Di questo sono convinto le parti sociali ne sono perfettamente consapevoli, è cosi anche per l’attuale governo?
Finalmente il Ministero del lavoro ha deciso che potrebbe svolgere un ruolo positivo nel confronto tra le parti, cosi non è stato mai finora e questo certo non ha aiutato a sveltire i rinnovi contrattuali soprattutto delle categorie più deboli. Meglio tardi che mai, ma bisogna saper fare bene la mediazione tra due parti in conflitto, è una, qualche volta estenuante, ricerca dei rispettivi punti di caduta e, nella storia delle relazioni sindacali italiani, di paziente ascolto delle due parti (spesso separatamente) prima di promuovere un’eventuale intesa anche attraverso un intervento diretto e, quando serve, autorevole (qualcuno ricorda il lodo Scotti in un famoso precedente rinnovo contrattuale della stessa categoria?).
Infine l’ostacolo più insidioso alla conclusione positiva della vertenza potrebbe non essere una questione di merito ma di metodo: non si firmano accordi con le fabbriche chiuse! Questo è un antico “mantra” sindacale che, ovviamente, ha qualche solida giustificazione.
Il rapporto con la base e la verifica dei risultati di un accordo è sempre stato un vanto, e a ragione, della categoria dei metalmeccanici.
Tuttavia la posta in gioco questa volta è davvero molto alta, non si tratta solo di dare soddisfazione alla lotta di una categoria che, con 40 ore di sciopero ha notevolmente intaccato parte dei risultati economici dell’eventuale rinnovo contrattuale, si tratta anche di non sprecare l’occasione di confermare il sostanziale e positivo impianto negoziale che ha caratterizzato i rinnovi contrattuali di questa categoria nel suo recente passato.
Un vecchio e autorevole sindacalista in situazioni analoghe, quando gli chiedevo se era pronto a firmare nonostante le difficolta di consultazione dei lavoratori in prossimità del periodo feriale, mi rispondeva con tranquillità olimpica “ Io mi assumo le mie responsabilità, poi andrò in assemblea dai lavoratori, e soprattutto guarderò le reazioni delle ultime file dell’assemblea, quelle meno sindacalizzate, e mi orienterò di conseguenza. Con le prime file se dovrò litigare per convincerli lo farò ma sono i miei iscritti e con loro il patto associativo va anche oltre un rinnovo.”
In bocca allupo a tutte due le parti negoziali!
Luigi Marelli