di Cinzia Papaleo, Associazione Nuovi Lavori
Introduzione
Nel rinnovato panorama (1) delle tipologie contrattuali a cui è possibile ricorrere ai fini dell’instaurazione di un rapporto di lavoro, l’apprendistato professionalizzante rappresenta quella che ha riscosso maggiormente successo, aprendo la strada alla sua attuazione a partire dalle previsioni contenute nel d.lgs n. 276 del 2003.
La disciplina, infatti, contiene una serie di elementi quali l’innalzamento dell’età a 29 anni per l’assunzione e della durata del contratto a 6 anni, unitamente alla possibilità di erogare la formazione formale all’interno dell’impresa che contribuiscono a implementarne la competitività rispetto agli altri strumenti contrattuali.
La messa a regime dell’apprendistato professionalizzante sul piano regionale, consente di fotografare due diverse modalità per agevolarne l’attuazione. La prima, in forma stabile, attraverso leggi regionali che stabiliscono un quadro normativo di massima all’interno del quale si innestano successivi atti regolamentari, volti a specificare e rendere concretamente operante la disciplina.
La seconda via è quella sperimentale, che attraverso la predisposizione di regolamentazioni o la promozione di progetti accomunati dal carattere della transitorietà, intende offrire una prima elaborazione nella prospettiva della regolamentazione definitiva come esito di un processo di verifica dei meccanismi e delle modalità operative in essa contemplate.
Le tappe che hanno segnato il percorso di attuazione dell’apprendistato professionalizzante hanno registrato, tuttavia, una serie di difficoltà che si riconducono alla molteplicità dei soggetti coinvolti e al conseguente intreccio di fonti previsto dal legislatore, ovvero lo Stato, le Regioni e le organizzazioni sindacali, tutti chiamati a regolare l’istituto nell’ottica di un forte coordinamento e in uno spirito di collaborazione.
Il dato normativo (2) da considerare è l’art. 49 del d.lgs n. 276 del 2003, nella parte in cui stabilisce che le Regioni, definiscano d’intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente rappresentative sul piano regionale la definizione dei profili formativi dell’apprendistato professionalizzante, mentre ai sensi del co. 3 dello stesso articolo, alla contrattazione collettiva è demandata la definizione della durata del contratto. Spetta ancora alla contrattazione collettiva, la determinazione delle modalità di erogazione e dell’articolazione della formazione dell’apprendista in virtù del rinvio da parte della futura disciplina regionale degli aspetti formativi.
In una prima fase il ministero del Lavoro ha incoraggiato l’avvio della nuova forma contrattuale, ricorrendo ai protocolli d’intesa con le singole Regioni e funzionali ad introdurre modelli sperimentali dell’apprendistato professionalizzante. Nella stessa direzione, il ministero del Lavoro, con la circolare n. 40 del 2004, ha riconosciuto alle stesse la possibilità di adottare sperimentazioni temporanee concertate con le parti sociali e adottate sulla base di delibere di Giunta regionale, senza dover attendere l’approvazione della legge regionale.
Questo orientamento è stato contraddetto da un successivo intervento legislativo che, aggiungendo il co. 5 – bis all’art. 49 del d.lgs n. 276 del 2003 (3), ha voluto imprimere una maggiore accelerazione al processo di attuazione, rimettendo la disciplina dell’apprendistato professionalizzante ai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale.
Tale modifica è transitoria e da ritenersi valida in attesa che la Regione provveda a disciplinare il contratto di apprendistato professionalizzante.
Una seconda modifica sostanziale che va evidenziata e che assume una valenza definitiva, riguarda l’individuazione della fonte regolatrice dei profili formativi dell’apprendistato professionalizzante, che non sarà più la regolamentazione regionale come disponeva la lettera dell’originario co. 5 dell’art. 49, ma un’apposita legge regionale.
Il legislatore ha espresso un chiaro indirizzo nel privilegiare un modello di regolazione fondato sulla fonte contrattuale collettiva in rapporto di sussidiarietà rispetto alla legge regionale, ponendo il problema della sorte di tutte le delibere di Giunta regionale adottate come forme provvisorie e sperimentali di regolamentazione.
Rispetto a questi profili la circolare del ministero del Lavoro n. 30 del 2005 ha fornito una serie di chiarimenti: “in primis” ha evidenziato che condizione essenziale per l’immediata applicazione dell’istituto sarà la previsione da parte del contratto collettivo nazionale del lavoro di riferimento dei profili formativi del contratto, non essendo sufficiente il semplice recepimento della disciplina contrattuale. Per facilitare le parti sociali in questa attività, la circolare prevede la possibilità di rinviare ai profili formativi già predisposti dall’Isfol ovvero attraverso la devoluzione della loro determinazione agli enti bilaterali.
Accogliendo (4) una soluzione che già era andata delineandosi a livello dottrinario, la circolare richiamata ha sciolto il nodo relativo alle sperimentazioni regionali già esistenti, dando conferma della loro perdurante efficacia e interpretando il rinvio al contratto collettivo non nei termini di fonte esclusiva preposta alla disciplina della fase transitoria, ma come rinvio ad una fonte che si affianca alle sperimentazioni regionali.
Queste ultime restano in vigore purché compatibili con il dettato del d.lgs 276/2003 e con i principi direttivi in esso contenuti.
La contrattazione che di volta in volta interverrà a disciplinare l’istituto dovrà considerare il contenuto delle stesse in ragione del fatto che la cooperazione tra livello nazionale, regionale e parti sociali è il meccanismo individuato dal d.lgs 276 del 2003 per mettere a regime il nuovo apprendistato.
L’esperienza delle sperimentazioni in Veneto, Abruzzo, Liguria e Umbria
I percorsi avviati in via sperimentale (5), oltre ad essere circoscritti al territorio regionale in cui vengono attivati, sono spesso rivolti a un numero limitato di beneficiari e/o limitati a determinati settori produttivi. L’obiettivo della sperimentazione è quello di adottare una prima regolamentazione condivisa, utilizzabile solo dalle imprese che vi partecipano e mediante la quale si delineano i più rilevanti profili formativi attraverso un’opportuna opera di chiarificazione.
L’importanza rivestita dai documenti di sperimentazione risiede nella possibilità di procedimentalizzare la definizione di ogni singolo aspetto da disciplinare, mettendo i soggetti coinvolti nella condizione di concertare le relative decisioni e di porsi come esperienza paradigmatica, mutuabile anche da altre realtà regionali.
Un altro aspetto da considerare è quello che attiene alla loro natura di fasi di progressivo avvicinamento alla disciplina definitiva, della quale costituiscono il banco di prova attraverso una costante opera di monitoraggio volta ad enucleare gli elementi che garantiscono la tenuta del sistema.
Veneto
La regione Veneto, con la delibera di Giunta regionale n. 197 del 2005, ha posto in essere i primi indirizzi operativi per una regolamentazione sperimentale e transitoria dell’apprendistato professionalizzante. La decorrenza è stata fissata a partire dal 4 aprile 2005 successivamente alla predisposizione del modello regionale (6) del piano formativo individuale e di dettaglio, del facsimile di autodichiarazione unitamente ai requisiti per la definizione della capacità formativa formale interna dell’azienda. La disciplina esplica i suoi effetti nell’ambito dei settori di attività per i quali i contratti collettivi o gli accordi interconfederali, stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o regionale, abbiano regolamentato l’apprendistato professionalizzante ai sensi dell’art. 49 del d.lgs n. 276 del 2003.
L’allegato alla deliberazione in esame specifica la funzione dei vari dispositivi introdotti, le modalità di realizzazione della formazione formale, di valutazione e certificazione degli esiti formativi, le caratteristiche del tutor aziendale e le procedure di attivazione dei contratti di apprendistato.
Innanzitutto la regolamentazione veneta si fa carico di definire uno degli elementi cruciali dell’apprendistato professionalizzante che discende dall’attribuzione del carattere “formale” alla formazione: la specificazione fa leva non solo sull’esistenza di un ambiente organizzato e strutturato con la presenza di figure professionali competenti, ma anche sulla programmazione di un percorso formativo articolato con esiti verificabili e certificabili.
Le modalità di erogazione della formazione formale possono essere attivate anche all’interno dell’azienda, a condizione che la stessa possieda la capacità formativa che emerge in presenza di risorse umane idonee a trasferire le competenze, tutor con formazione tecnico professionali adeguate (7), locali idonei per lo svolgimento della formazione. Con riferimento a questi criteri, la Regione ha svolto un lavoro di dettaglio, traducendoli in una serie di requisiti minimi necessari per l’erogazione della formazione formale professionalizzante all’interno dell’azienda e in requisiti ulteriori da rapportare a parametri quali-quantitativi sulla base dei quali l’azienda, nel caso di raggiungimento del punteggio minimo predefinito, può scegliere di erogare anche la formazione formale trasversale.
Qualora l’azienda abbia la capacità formativa per le competenze professionalizzanti, sarà tenuta ad erogare il modulo professionalizzante della durata di 70 ore con costi a proprio carico. Nel caso in cui abbia anche capacità formativa per le competenze trasversali, potrà scegliere se realizzare il modulo trasversale all’interno oppure fare ricorso alla formazione esterna a catalogo.
Nella disciplina si prende in considerazione anche l’ipotesi in cui i contratti collettivi non stabiliscano la ripartizione tra formazione formale esterna ed interna così come stabilito dal decreto legislativo n. 276 del 2003. Nel caso specifico, le aziende che risultano essere in possesso della capacità formativa formale dovranno provvedere a realizzare la parte relativa alle competenze tecnico professionali. La finalità di questa prescrizione pare essere quella di favorire l’ampliamento dell’offerta formativa al maggior numero di apprendisti.
Per quanto riguarda il piano formativo individuale, lo stesso dovrà illustrare l’intero percorso formativo dell’apprendista attraverso l’indicazione degli obiettivi formativi da conseguire e al quale dovrà seguire un piano formativo di dettaglio redatto dal datore di lavoro, che indicherà con maggiore precisione il percorso formativo tenendo conto delle esperienze pregresse.
I profili formativi che si pongono come paradigma per l’assunzione dell’apprendista e per la redazione del piano formativo individuale sono recuperate dalla regione Veneto nell’ambito della direttiva (8) intitolata “Sistema formativo per l’apprendistato per il 2005” e ulteriormente specificati nel Catalogo dell’offerta formativa.
Abruzzo
La Regione ha sottoscritto nel febbraio 2005 con le parti sociali un Accordo quadro per la disciplina transitoria dell’apprendistato professionalizzante, convenendo di definire gli obiettivi e i contenuti per la sperimentazione in materia. La disciplina cardine che sulla base dell’accordo ha definito gli indirizzi operativi, fissando la decorrenza della nuova regolamentazione a partire dal luglio 2005, è rappresentata dalla delibera della Giunta regionale n. 583 del 2005. La parte che chiarisce gli aspetti relativi alla definizione, durata, contenuti e modalità di realizzazione della formazione formale non si discosta molto da quella veneta poichè si ricorre alla stessa definizione per descrivere i caratteri che rendono formale la formazione così come il possesso dei requisiti che permettono all’azienda di dichiarare la propria capacità formativa. Come nel caso del Veneto questi requisiti sono stati ulteriormente sviluppati in indicatori, parametri e livelli di soglia.
Per quanto riguarda il percorso formativo formale e non formale contenuto nel piano formativo generale, la Regione Abruzzo detta una disciplina che presenta aspetti tipici in relazione ai profili e ai contenuti. Le pregresse esperienze di formazione esterna per l’apprendistato diventano uno stabile punto di riferimento e, la base per l’elaborazione dei profili formativi, è rappresentata da quanto elaborato dalla Commissione nazionale istituita ai sensi del dm 179/99 (9). Inoltre, la Regione stabilisce che la formazione per le competenze di base e trasversali deve essere svolta all’esterno dell’azienda nell’ambito di percorsi di almeno 40 ore annuali. Le ulteriori 80 ore finalizzate all’acquisizione delle competenze tecnico-professionali possono essere realizzate dalle imprese in possesso della capacità formativa. Le aziende che non sono in possesso della capacità formativa possono stipulare convenzioni con strutture formative riconosciute oppure associazioni datoriali ed enti bilaterali.
Liguria
La sperimentazione della Regione Liguria ha radici più lontane che temporalmente si riconducono alla firma del protocollo di intesa con le principali organizzazioni di rappresentanza del sistema produttivo nel luglio del 2004. Il protocollo ha enucleato gli obiettivi prioritari e qualificanti della sperimentazione del nuovo apprendistato attraverso la costruzione di un modello di procedure e contenuti finalizzati a valorizzare gli aspetti formativi del contratto di apprendistato; la costruzione di un modello di certificazione delle competenze in parallelo alla definizione dei profili formativi; l’individuazione di criteri e standard di riferimento delle competenze del tutor aziendale e dei requisiti della capacità formativa dell’impresa.
A dicembre del 2004 è stato portato avanti il progetto “Sperimentazione apprendistato professionalizzante”, cofinanziato dal ministero del Lavoro nell’ambito del Programma operativo nazionale. Il progetto di durata triennale è corredato dalle linee di indirizzo che costituiscono il complesso delle norme attuative dell’apprendistato professionalizzante. La formazione formale quale derivante da questo modello viene articolata in formazione di base/trasversale e formazione tecnico-professionale: entrambe le tipologie possono essere erogate nelle sedi formative accreditate. La formazione relativa all’area delle competenze tecnico-professionali è svolta anche dalle imprese singole o associate, comprendendo gli studi professionali e le associazioni dei datori e prestatori di lavoro. Le imprese che intendono aderire alla sperimentazione devono far pervenire alla Regione la richiesta con la specifica del piano formativo individuale generale e l’eventuale dichiarazione della capacità formativa per realizzare la parte di formazione formale relativa alle competenze tecnico-professionali (dalla durata di 72 ore).
Il piano formativo individuale dovrà tener conto dei profili formativi standardizzati stabiliti dalla Regione. Questi ultimi definiscono gli obiettivi formativi e gli standard di competenza per gruppi di figure professionali (10). Qualora il profilo formativo non sia riconducibile agli standard regionali, è possibile far riferimento ai profili formativi definiti dalle indagini sui fabbisogni formativi svolte dagli Enti bilaterali o dalla Commissione nazionale ex dm 179 del 1999. A sua volta la Regione, attraverso un’apposita commissione di valutazione, autorizza la partecipazione alla sperimentazione nei limiti delle risorse disponibili.
L’avviso di selezione sarà rivolto anche alla scelta dei soggetti formativi di supporto alle imprese per la realizzazione della formazione formale, con il compito di assisterle nella predisposizione del piano formativo individuale di dettaglio nonchè nella strutturazione di percorsi non formali definiti a partire dalle esigenze delle aziende.
La definizione delle modalità per la certificazione del percorso formativo prevede due momenti: il primo è l’attestazione di partecipazione predisposta annualmente, che si limita a riportare il numero di ore di formazione frequentate dall’apprendista; la certificazione delle competenze, invece, si incentra sul riconoscimento operato dai soggetti gestori circa le competenze acquisite dall’apprendista e si configura come elaborazione valutativa congiunta dei soggetti responsabili coerentemente con il piano formativo Individuale.
Umbria
La Regione ha firmato con le parti sociali nel mese di febbraio 2005, uno “Schema di accordo per la disciplina transitoria dell’apprendistato professionalizzante già regolamentato dai Ccnl” successivamente recepito con la delibera della Giunta regionale n. 325 del 2005, da precisare con le rappresentanze di alcuni settori.
L’obiettivo è di adottare una disciplina transitoria in attesa che venga definita la regolamentazione regionale, nella quale ricorrono tutti gli aspetti caratterizzanti e di riferimento: la formazione formale, i profili formativi, i dispositivi del piano formativo individuale nel quale tener conto delle competenze possedute dall’apprendista. Nello schema di accordo la Regione introduce un riferimento che formalizza la fase di individualizzazione del piano formativo attraverso la realizzazione del bilancio di competenze da parte dei Centri per l’impiego o delle Agenzie che saranno accreditate a livello regionale e di conseguenza convenzionate con i Centri stessi.
L’Umbria, in data 12 luglio 2005 ha sottoscritto un accordo per la sperimentazione dell’apprendistato professionalizzante nei settori del terziario, della distribuzione e dei servizi.
1) ISFOL, La riforma dell’apprendistato: stato di attuazione e prime evidenze, in Boll. Adapt, n. 23/2005, pag.11-13.
2) NOVELLA M., VALLAURI M.L., Apprendistato professionalizzante: alcune questioni aperte, in Diritto e Pratica del lavoro, n. 46/2005, cit. pag. 2526.
3) Si tratta dell’art. 13, co. 13 bis. della legge n. 80 del 2005 di conversione del d.l. n. 35 del 2005, c.d. decreto competitività.
4) CAROLLO L., Il lungo processo per la messa a regime del nuovo apprendistato, in Diritto delle Relazioni Industriali, n. 1/2006, cit. pag. 196.
5) GAROFALO D., L’apprendistato tra sussidiarietà verticale e orizzontale, in Working paper n. 14/2005.
6) Con decreto n. 264 del 14.3.2005 del Dirigente Regionale della Direzione Lavoro,successivamente ratificato con la deliberazione delle Giunta Regionale n. 1103 del 18.3.2005, sono stati definiti, tenuto conto dei lavori del Gruppo tecnico per l’apprendistato, il modello unico di comunicazione dell’apprendista, il modello di piano formativo individuale e il facsimile di dichiarazione relativo alla capacità formativa formale interna dell’azienda nonché il modello regionale del piano formativo individuale di dettaglio e le relative modalità e termini per l’invio agli Organismi competenti per la relativa verifica.
7) Con Dgr n. 1565 del 23/05/06 si è ritenuto opportuno modificare un criterio relativo alla capacità formativa formale interna dell’azienda e riguardante il tutor aziendale e ritenuto eccessivamente restrittivo. Alla luce delle modifiche introdotte è stato stabilito che il tutor non debba necessariamente essere in possesso di un titolo di studio pari a quello dell’apprendista sia in possesso della necessaria esperienza.
8) La direttiva in questione è la n. 1967 del 2004 così come modificata con Dgr n. 2625/04.
9) Il D.m. 179 del 1999 “Individuazione dei contenuti delle attività di formazione degli apprendisti”, all’art. 4 istituisce la Commissione di lavoro presieduta da un rappresentante dello stesso Ministero e composta da un rappresentante del Ministero della Pubblica Istruzione, da tre rappresentanti delle regioni, e da rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale che opererà con il contributo delle categorie interessate e con il supporto tecnico dell’ISFOL.
10) I profili formativi standardizzati dalla Regione sono relativi ai seguenti macrosettori: lavoro d’ufficio, grafica ed informatica; edilizia; lavorazioni meccaniche ed impiantistica; servizi alla persona; ristorazione, alimentazione e distribuzione; distribuzione no food.




























