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Lascia perdere, Giorgia

Riccardo Barenghi
Maggio12/ 2023

Non c’è niente da fare, ogni volta che qualcuno arriva a prendere il potere ci prova. Il sogno è cambiare la Costituzione, e non solo alcuni piccoli particolari (che poi tanto piccoli non sono) ma proprio una sua parte molto importante, diciamo fondamentale. La forma di governo. Evidentemente, da Bettino Craxi in poi, passando per Massimo D’Alema, Silvio Berlusconi, Matteo Renzi e qualcun altro che sicuramente ci sfugge, l’ossessione dei nostri governanti è sempre quella di cambiare il sistema parlamentare che ci ha guidato per quasi ottant’anni. Nessuno dei politici appena citati c’è riuscito. Renzi si è addirittura giocato la poltrona da premier, avendo voluto a tutti i costi un referendum popolare sulla sua riforma che perse malamente e che lo costrinse a dimettersi da palazzo Chigi (oddio, lui aveva annunciato che avrebbe smesso di fare politica, ma l’uomo è fatto così, dice una cosa e poi ne fa un’altra…).

Adesso ci prova Giorgia Meloni, la sua idea è che serva un uomo forte – anzi una donna, cioè lei – al comando del Paese, con in mano gran parte dei poteri che oggi sono prerogativa del Parlamento. Certo, il parlamentarismo significa anche tempi lunghi, a volte infiniti, provvedimenti che non arrivano mai a una conclusione, che finiscono in un cassetto di Montecitorio e lì muoiono. Ma forse significa che quei provvedimenti, quasi sempre proposti dal governo in carica, non sono condivisi: l’opposizione, di sinistra o di destra che sia, fa il suo mestiere, cioè si oppone. Dunque è inutile scandalizzarsi – come fece appunto Renzi – se la sua riforma non è passata. Non è passata perché non solo non piaceva, ma anche – e forse soprattutto – perché era stato lui a proporla, legando a essa il suo futuro politico. Una mossa arrogante che si è rivelata autolesionistica, tanto che è finita nel nulla.

Il rischio per Giorgia Meloni è esattamente lo stesso, qualora seguisse le orme del leader di Italia viva: quanti in Parlamento, e nel Paese, non vedrebbero l’ora di mandare a casa lei e il suo governo approfittando di una sua mossa azzardata? E questa delle riforme istituzionali è parecchio azzardata. Figuriamoci quanti italiani vedrebbero nella riforma della Meloni un qualcosa che assomiglia a un regime, e quindi quanti voterebbero contro. Prima in Parlamento e poi nel Paese.

Al posto di Meloni lascerei stare questa partita e mi concentrerei sul governo, dove può tranquillamente tentare di far approvare i suoi provvedimenti di legge, può scontrarsi con i suoi avversari nel merito dei problemi, magari anche violentemente, ma senza rischiare di mettere sul piatto della bilancia un qualcosa troppo grande per lei e soprattutto pieno di insidie e di memoria non proprio edificante. Ve la immaginate la Meloni che si candida a Presidente della Repubblica o del consiglio (con piani poteri, come disse Salvini nel 2017)? Sarebbe un massacro per lei e per chi si schierasse con lei, i riferimenti a Mussolini si conterebbero a centinaia, non si parlerebbe d’altro che della “ducetta”. Non ti conviene, Giorgia, anche perché proprio non hai una classe dirigente (chiamiamola così) costituzionale. Basti pensare al cognato nonché ministro Lollobrigida, che parla di “etnia italiana”, per pensare automaticamente al fascismo del ventennio. Basti pensare anche alla storia stessa della premier, che in tutti questi anni non è mai stata capace di pronunciare la parola “antifascismo”, così come molti suoi Fratelli, per capire che la Costituzione nata appunto dalla lotta antifascista non può essere modificata da chi nell’anima è ancora fascista. Per quanto gli italiani siano cambiati, per quanto i vecchi stiano via via scomparendo, per quanto in molti predichino ai quattro venti che il fascismo è morto e sepolto, la memoria di questo Paese resiste. Ed è una buona memoria.

Riccardo Barenghi

Riccardo Barenghi

Giornalista