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Meno male che Sergio c’è

Riccardo Barenghi
Luglio28/ 2023

Se non ci fosse bisognerebbe inventarlo, anche se personaggi del genere non si inventano ma si costruiscono negli anni e nelle esperienze, nella loro storia personale e politica, nella cultura in cui si sono formati. Parliamo di Sergio Mattarella, che giovedì 27 luglio ha pronunciato un importante discorso durante la cerimonia del Ventaglio, ovvero l’incontro annuale del Presidente della Repubblica con la stampa parlamentare, che consegna appunto un ventaglio a lui e ai Presidenti di Camera e Senato. E mai come quest’anno c’è bisogno di un po’ di aria fresca, reale e metaforica.

Aria che Mattarella è riuscito a propagare con un discorso mirato a fare chiarezza sulle questioni più importanti, a cominciare da quella più importante di tutte: il rispetto delle rispettive competenze tra i poteri dello Stato. “Ciascuno faccia il proprio mestiere e cerchi di farlo bene”, ha esordito il Capo dello Stato. Che poi ha spiegato: “Va garantito il rispetto del ruolo della magistratura di giudicare, perché solo alla magistratura è affidato questo compito dalla Costituzione”. La magistratura stessa, però, “deve tenere conto che le leggi le elabora e delibera il Parlamento, perché soltanto al Parlamento, nella sua sovranità legislativa, è riservato questo compito dalla Costituzione”.

Ovvio, direte voi, lo sapevamo, ma nell’epoca politica in cui viviamo a volte anche l’ovvio è meglio ribadirlo perché c’è chi tende a far finta di non conoscerlo. Anche perché subito dopo arriva la stoccata di Mattarella: “Iniziative di inchieste con cui si intende sovrapporre l’attività del Parlamento ai giudizi della magistratura non possono essere praticate. Non esiste un contropotere giudiziario del Parlamento, usato in conflitto con la magistratura. Così come non sono le Camere a decidere ciò che è riservato alla Corte costituzionale”.

Dunque, stop alle commissioni parlamentari improprie, tipo quella sul Covid, usate come una clava dalla maggioranza contro l’opposizione che fino a pochi mesi fa stava al governo. Stop, insomma, con l’uso del Parlamento come un luogo dove si regolano i conti del passato. Ma stop anche, ha spiegato il Presidente, agli sconfinamenti che non solo la politica ma anche il potere giudiziario a volte compie.

Discorso giusto, diciamo anche sacrosanto e di buon senso. Peccato che il buon senso non sia una prerogativa dell’attuale maggioranza e del suo governo. Basta vedere come si muovono i ministri e i sottosegretari, a cominciare da Matteo Salvini, da Matteo Piantedosi e da Daniela Santanchè solo per fare tre nomi. Ovviamente sotto l’egida della premier, che troppo spesso fa finta di non accorgersi delle uscite fuori luogo dei suoi ministri. Ma chissà, ora che Meloni si è impegnata sul piano internazionale, incontrando molti leader (l’ultimo è stato il Presidente americano Joe Biden), può anche succedere che dopo l’estate decida di liberarsi di qualche zavorra nel suo governo (Santanchè appunto), e di richiamare all’ordine chi dall’ordine fuoriesce (Salvini appunto), in modo da ripulire ancor di più la sua vecchia immagine fascistoide che la perseguita. Tanto più che in Europa, dopo la sconfitta elettorale dell’ultradestra spagnola di Vox, oggi Meloni rischia di trovarsi più sola, ai margini insomma. Ma questo si vedrà alle elezioni europee del prossimo anno, si vedrà cioè se i partiti sovranisti e nazionalisti riusciranno a essere fondamentali per una nuova maggioranza nel Parlamento di Bruxelles, una maggioranza che si sostituisca a quella attuale formata da socialisti e popolari.

Naturalmente Meloni e in suoi alleati non giocano da soli questa partita, ma dovranno combattere contro chi sta dall’altra parte. Ovvero l’opposizione di centro sinistra, la quale finora non ha dato grande prova di sé, tranne forse che sul salario minimo. Proposta che in qualche modo è riuscita anche a incrinare il muro della destra, che in questi giorni risulta titubante, incerta, e infatti preferisce rinviare il confronto parlamentare a settembre. Settembre, appunto, “è tempo di lottar”, direbbe oggi Gabriele D’Annunzio. Vedremo in autunno insomma se qualcosa si sarà smosso a sinistra, e se quindi sarà diventata meno ardua la salita verso le europee di giugno. O se invece il governo potrà continuare a camminare tranquillo, fino alla sua seconda vittoria elettorale. Che rischia di essere la pietra tombale sulla possibilità che la sinistra ritorni a essere maggioranza nel Paese e in Parlamento.

Riccardo Barenghi

Riccardo Barenghi

Giornalista