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Home - Primo Piano - Metalmeccanici, con “Generiamo Cultura” aziende e sindacati uniti contro la violenza di genere. Intervista a Michela Spera (Fiom-Cgil)

Metalmeccanici, con “Generiamo Cultura” aziende e sindacati uniti contro la violenza di genere. Intervista a Michela Spera (Fiom-Cgil)

di Elettra Raffaela Melucci
15 Novembre 2023
in Interviste
Metalmeccanici, con “Generiamo Cultura” aziende e sindacati uniti contro la violenza di genere. Intervista a Michela Spera (Fiom-Cgil)

Federmeccanica, Assistal, Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil promuovono, su proposta della Commissione Nazionale per le Pari Opportunità (organismo paritetico della categoria), il progetto Generiamo cultura, finalizzato al contrasto della violenza di genere e della prevenzione delle molestie nei luoghi di lavoro del settore metalmeccanico. Le aziende, che aderiscono a Generiamo cultura – tra cui Fincantieri, ABB, Aero Avio, Leonardo S.p.A., Engie Italia S.p.A e molte altre sparse nel territorio nazionale – intendono avviare sul tema un percorso di evoluzione culturale indispensabile per abbattere gli stereotipi e proiettare l’immagine della donna verso una dimensione di maggiore libertà, dignità e affermazione di sé. Ne parla in questa intervista per Il diario del lavoro Michela Spera della Fiom-Cgil, promotrice del progetto.

Qual è il contesto di partenza?

Ci abbiamo lavorato molto e questo progetto inaugura un nuovo percorso. All’inizio dal territorio c’era “cautela”, sia le strutture sindacali che le strutture territoriali che le aziende. È chiaro che affrontare in azienda un tema con questi contenuti preoccupa chiunque ed è giusto che sia così, perché denota serietà, anche perché nessuno pensa di avere gli strumenti per poter fare una cosa di questo genere su una platea di lavoratori e lavoratrici. Quindi abbiamo riscontrato preoccupazione e un po’ di cautela. Oggi vediamo che in parte alcuni stanno già iniziando ad avviare il programma, mentre altri ancora stanno a vedere come andrà altrove. Questo non per insensibilità, ma perché è difficile gestire una cosa del genere in un settore produttivo come quello metalmeccanico.

Il settore metalmeccanico include un ampio spettro di lavorazioni. Qual è la percentuale di donne impiegate nel settore?

Si aggira intorno al 20%, ma la nostra idea è che su questo argomento della violenza di genere e delle molestie bisogna lavorare in particolare sugli uomini.

Qual è il percorso che vi ha portato alla realizzazione di questo progetto?

Nel 2021 abbiamo fatto il contratto dove abbiamo introdotto una serie di norme e tutele per le donne vittime di violenze, una serie di impegni da parte delle aziende a tutela delle lavoratrici vittime di violenza. L’iniziativa di oggi, quindi, nasce su un terreno che è stato in parte già affrontato attraverso l’esperienza per noi più alta, che è il rinnovo del contratto nazionale. C’è la Commissione Nazionale per le pari opportunità – composta da Federmeccanica, Assistal, Fim-Fiom-Uilm e rappresentanti delle associazioni territoriali, delle aziende e delle organizzazioni sindacali – che esiste da molti anni ma viene attivata dopo il contratto del 2016, e con il contratto del 2021 si introducono queste norme. Il contratto assegna alla Commissione il compito di lavorare alla prevenzione di forme di molestie sessuali nei luoghi di lavoro, anche attraverso ricerche sulla diffusione e le caratteristiche del fenomeno. A tal fine si promuovono inoltre iniziative di sensibilizzazione finalizzata allo sviluppo della cultura del rispetto della dignità della donna e su questo sono state fatte molte cose dal 2021 ad oggi. La stessa cosa vale per le commissioni territoriali. In più, il contratto prevede, in un capitolo specifico, delle azioni per la prevenzione di molestie e violenze nei luoghi di lavoro allo scopo di perseguire l’obiettivo di tutelare la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori nell’ambiente di lavoro quale luogo in cui ogni azione contraria deve essere considerata inaccettabile. Le aziende sono tenute ad adottare la dichiarazione sottoscritta da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil il 25 gennaio 2016 al fine di promuovere comportamenti consoni, favorire relazioni interpersonali improntata al rispetto della correttezza reciproca e si attiveranno per sensibilizzare i lavoratori e le lavoratrici sul tema e migliorare il livello di consapevolezza con iniziative formative e informative mirate anche sulla base dell’indicazione elaborato dalla Commissione Nazionale per le pari opportunità nell’ambito della propria attività di promozione. Il nostro contratto, quindi, ha tanti elementi di tutela e si rivolge a tutta la platea di lavoratori e lavoratrici. La seconda parte, invece, contiene forme di tutela per le donne vittime di violenza, tra cui l’estensione della banca ore solidale, tre mesi di permessi retribuiti (che si sommano ai tre mesi di dell’aspettativa già previsti dall’Inps con la legge del 2005, che riconosce a tutte a tutte le lavoratrici vittime di violenza il diritto di astenersi dal lavoro per motivi connessi al percorso di protezione). Inoltre, le donne vittime di violenza hanno anche diritto alla trasformazione del loro rapporto di lavoro a tempo parziale o comunque a forme di flessibilità oraria nel momento in cui sono in questo percorso di tutela. E poi, dove è possibile, perché le aziende hanno più di una sede, le donne hanno diritto a chiedere il trasferimento in un’altra sede lavorativa.

Generiamo Cultura. In cosa consiste questo progetto?

Come Fim, Fiom e Uilm abbiamo mandato una lettera a tutte le strutture territoriali, sindacali e datoriali di Federmeccanica e Assistal, contenente le indicazioni per l’organizzazione di iniziative formative e informative nelle aziende contro la violenza di genere finalizzata allo sviluppo della cultura, del rispetto della dignità della donna. Le aziende sono chiamate a organizzare sul tema in oggetto nel mese di novembre un evento finalizzato di sensibilizzazione formativo e formativo sul tema e promuoviamo una campagna nazionale proprio su questo. La durata di ciascuna iniziativa, in orario di lavoro, è di un’ora e mezza-due. La commissione ha messo a disposizione di ogni struttura delle indicazioni e del materiale, ma siamo rispettosi del fatto che le aziende e le RSU decideranno in autonomia con quali modalità e con quali contenuti, anche nel rapporto con le istituzioni locali, con i centri antiviolenza, con gli esperti aziendali. Inoltre, per queste iniziative possono essere usate le ore di formazione obbligatoria. Destinatari sono lavoratori e lavoratrici che devono essere messi in condizione di partecipare e quindi utilizzare sia la presenza che il collegamento, o farlo su più turni. Le aziende della Commissione – che sono, Fincantieri, ABB, Aero Avio, Sicme, Alstom e Schneider – da subito si sono dichiarate disponibili all’iniziativa. Sono state quindi le singole aziende a costruire gli eventi, nei contenuti, nelle date e nelle modalità che hanno ritenuto opportuno.

Quali sono gli strumenti di contrasto alla violenza di genere che avete messo a disposizione delle aziende?

In particolare per le piccole e medie aziende, ma non solo, abbiamo messo a disposizione del materiale proprio per aiutarle nell’organizzazione, come i tre video che abbiamo realizzato con gli interventi alla nostra iniziativa all’Università La Sapienza di Roma l’anno scorso. In ogni video c’è l’intervento di una figura che offre un contributo che potrà essere utilizzato a seconda del contesto aziendale; quello di Patrizia Romito, professoressa associata presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Trieste, che ragiona sul ruolo fondamentale che i contratti nazionali rivestono nell’affrontare questi temi, come messaggio che si dà all’intera popolazione che lavora, uomini e donne, dando valore a questa sensibilizzazione e questa tutela delle donne maltrattate. C’è poi l’intervento del Direttore Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, Francesco Messina, che ha spiegato quali potevano essere le tutele che le donne possono attivare prima di arrivare a una denuncia. Il terzo, infine, è quello di Antonella Veltri, ricercatrice Cnr e Presidente di D.i.RE, la rete nazionale dei centri antiviolenza, che spiega cosa sono i centri antiviolenza e quale la loro esperienza, ragionando anche sul fatto che non è scontato che le donne denuncino e bisogna quindi capire le loro ragioni. Abbiamo realizzato un video sul consenso, con delle frasi iconiche pronunciate dai nostri segretari generali Michele De Palma, Rocco Palombella e Roberto Benaglia, oltre che i componenti e le componenti della commissione e abbiamo preparato un piccolo glossario, prendendo le definizioni europee dei termini sulla violenza da quella economica a quella di genere. Infine, ci sono i flyer della rete DiRE che illustrano “i nove cuori”, i nove segnali di quando una relazione diventa violenta. Ovviamente abbiamo cercato di coprire i vari i vari aspetti che potevano essere affrontati in ogni singola realtà.

Voi siete quindi la bussola attraverso la quale le aziende possono orientarsi nell’organizzazione di queste giornate.

Le aziende stanno organizzando molte iniziative in connessione anche con i territori – le università, le scuole, i centri antiviolenza, le case rifugio, associazioni del terzo settore, le consigliere di parità – chiamando a intervenire numerosi profili esperti in materia, tra cui anche autorità cittadine. Se si riesce a organizzare eventi strutturati il territorio comincerà a parlarne, trascinando anche altre aziende, e si favorisce in questo modo l’apertura di una discussione . Gli eventi si stanno praticamente moltiplicando.

Nelle indicazioni ai territori per l’organizzazione di queste iniziative si precisa di non limitarsi al solo 25 novembre per parlare del tema. Non sarebbe più efficace un programma che sia più capillare su tutto l’anno?

Non abbiamo indicato il 25 novembre perché bisogna anche fare i conti con i tempi della normale vita aziendale. Già il fatto di essere partiti con questo impegno sul mese di novembre è stato un segnale importante, poi sicuramente ci creeranno altre condizioni per proseguire. Abbiamo detto subito che non è necessario programmare iniziative solo nel mese di novembre, per cui quali altre verranno messe in campo e se il progetto avrà continuità lo vedremo nei fatti concreti. Quindi nella pratica abbiamo bisogno di capire se siamo efficaci o meno e dai segnali che abbiamo credo lo saremo. Da questo dipende la continuità. Noi abbiamo dato degli strumenti, ma il mondo metalmeccanico è un mondo vivo fatto di rappresentanze sindacali e delle imprese e sono convinta che avrà gambe proprie e si amplierà oltre quello che noi oggi possiamo vedere. Al di là delle spettacolarizzazioni del governo, ad esempio su Caivano, c’è un impegno della società civile sul tema e quindi ci sarà anche una sensibilità del mondo del lavoro che lo fa non solo come denuncia o come solidarietà, ma come azione concreta. Gli strumenti adesso ci sono poterlo fare. È chiaro che bisogna punire il crimine e punire è quello che fa la politica, quando la violenza è già avvenuta, il problema è prevenirla. Quante martiri ancora dobbiamo avere? Per quel che ci riguarda noi non abbiamo compiti pedagogici come può avere la scuola, sicuramente però dal punto di vista della educazione civica tanto possiamo fare.

Si insiste molto su come le donne debbano difendersi dalle molestie e dalla violenza. Quali sono invece gli strumenti da agire sugli uomini?

La libertà femminile non viene accettata perché c’è il concetto di possesso da parte dell’uomo. Adesso gli uomini violenti sono gli uomini più fragili, quelli che non riescono a fare i conti con la fine del patriarcato e che non riescono ad avere una propria identità che non sia legata al possesso. Abbiamo realizzato un video sul consenso di cui ho già parlato in cui sono i nostri segretari generali e metterci la faccia. Abbiamo realizzato anche dei materiali sulle molestie e sono rivolti direttamente agli uomini perché le donne sanno perfettamente cosa sono. Inoltre, abbiamo il glossario su alcune voci che vanno da “atti persecutori”, “informatici”, “generici”, cosa vuol dire “dignità”, quali sono le discriminazioni dirette e indirette; c’è anche la voce sul matrimonio forzato, perché abbiamo tanti lavoratori stranieri; le mutilazioni genitali, la parità di genere, il patriarcato, la segregazione di genere, la segregazione professionale di genere, gli stereotipi. E poi ancora il revenge porn, la violenza domestica contro le donne in senso generico, la violenza economica, la violenza informatica contro donne e bambini. Abbiamo creato anche un prospetto con i numeri di sicurezza a cui rivolgersi, che ogni singola azienda o RSU può completare con i numeri del territorio. Essere a conoscenza di queste informazioni a volte mette nelle condizioni di salvarsi o aiutare un collega o una collega che attraversano momenti di difficoltà. In pratica abbiamo realizzato una rete di informazioni.

La violenza non è solo fisica, ma è anche privazione del diritto. Questo fa parte del vostro programma?

Noi lavoriamo su tutti i tipi di violenza, sulle discriminazioni dirette e sulle discriminazioni indirette. C’è la segregazione di genere e la segregazione professionale di genere. La punta dell’iceberg sono i femminicidi, ma nel sommerso c’è davvero molto.

Qual è stato il contributo della rappresentanza maschile nell’ideazione del programma?

È stato molto importante. Per esempio i nostri segretari generali sono venuti a presentare questa campagna al Tempo delle Donne a settembre, evento organizzato dalle donne del Corriere della Sera, mettendo in gioco sé stessi, così come nei video presentati nel corso dell’iniziativa alla Sapienza. Bisogna cambiare e far vedere che si mettono in gioco anche gli uomini su questo, perché la violenza sulle donne è un problema loro. Noi come donne paghiamo un prezzo altissimo, ma è la società tutta che ci rimette.

Quali le prospettive pratiche? Come si svilupperà il programma?

In questo momento starei a vedere che cosa produce e osservare cosa viene messo in campo. Quando l’anno scorso abbiamo realizzato l’iniziativa alla Sapienza non avevamo in mente questa cosa, ma ragionando su come era andata abbiamo azzardato questo progetto. Dico azzardo perché non c’è nessuno che lo fa. Abbiamo deciso di osare, di andare nei luoghi di lavoro e vedere se ci fosse qualcuno disposto a seguirci. Adesso siamo a un buon inizio, sarà interessante capire gli effetti e in particolare i benefici che si avranno territorialmente, perché comunque si è aperta una discussione. In alcune realtà, ad esempio, non erano ancora stati definiti gli eventi, ma intanto la Associazione industriale manda il materiale a tutte le proprie associate e questo fa la differenza nella valorizzazione del tema. Certo incrocerà qualche sensibilità e incrocerà qualche donna manager o qualche delegata sindacale o qualche uomo manager, piuttosto che qualche delegato sindacale che ritiene ci siano le condizioni per fare questo progetto. Secondo me questo accadrà sicuramente. La Commissione nell’immediato ha anche altri obiettivi, a partire dall’approfondimento con un gruppo di esperti sulla direttiva Europea sulla applicazione del principio di parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Adesso dobbiamo realizzare questo ed è un buon auspicio.

Elettra Raffaela Melucci

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