Venerdì 21 novembre la Cgil sarà a Firenze (piazza degli Antinori) per la manifestazione indetta unitariamente da Filctem, Uiltec, Fiom e Uilm al fianco dei lavoratori del settore tessile per dire no allo scudo penale che tutela lo sfruttamento nella filiera della moda. Lo annuncia Alessandro Genovesi, responsabile del contrasto al lavoro nero della Cgil.
“Al Parlamento e al Governo chiediamo di tornare indietro rispetto all’introduzione di un vero e proprio scudo per le imprese committenti della moda in caso di lavoro nero negli appalti e nelle forniture. Una proposta di legge – spiega – che permetterebbe ai grandi nomi della moda di non rispondere più delle omissioni di controllo in caso di lavoro nero e sfruttamento lungo la loro filiera degli appalti. Un fenomeno sempre più diffuso, come dimostrano le varie inchieste in corso, che oltre a colpire migliaia di lavoratori alimenta una concorrenza sleale nei confronti dei tanti bravi artigiani italiani che invece rispettano leggi e contratti collettivi di lavoro”.
Le categorie del settore tessile “hanno avanzato proposte chiare, anche preventive, per contrastare lo sfruttamento nella filiera della moda: indici di coerenza specifici, rafforzamento della responsabilità dei committenti e certificazioni pubbliche – aggiunge il sindacalista della Cgil – strumenti pensati per tutelare qualità, legalità e leale concorrenza nel sistema moda italiano, di cui siamo tutti orgogliosi. Ma queste proposte non hanno nulla a che vedere con quanto il Governo sta portando avanti in Parlamento, dove si introduce una certificazione privata e a pagamento, basata su indicatori inadeguati e con l’effetto di scudare le imprese committenti dalla responsabilità di controllare e intervenire contro lavoro nero e sfruttamento. Un tentativo che di fatto svuota la legge 231/01 sulla responsabilità di impresa, che assegna alle aziende committenti l’obbligo di dotarsi di modelli organizzativi capaci di prevenire reati come sfruttamento, caporalato, evasione fiscale e reati ambientali. Chiediamo il ritiro immediato della proposta contenuta nella legge per le Pmi e l’apertura di un vero tavolo di confronto per combattere lo sfruttamento, aumentando la responsabilità dei committenti e i controlli sul territorio”.

























