Approvata in Parlamento la nota di aggiornamento al Def, ci avviciniamo ormai alle scadenze più importanti, dall’esito delle quali si saprà il destino della nostra economia e, probabilmente, quello del governo in carica. Il 15 ottobre, mercoledì prossimo, deve essere presentato il documento programmatico di bilancio, cinque giorni dopo il Parlamento riceverà il disegno di legge di bilancio, si spera con tutte le cifre scritte per bene e non con il solito foglio bianco o comunque con tante cifre sostituite da alcuni puntini. E dieci giorni dopo avremo il giudizio della Commissione dell’Unione europea. È possibile che questo responso non sia troppo pesante, perché la partita vera sul destino dell’Europa si giocherà alle ormai prossime elezioni del Parlamento europeo in maggio, e a Bruxelles potrebbero non avere troppe convenienze a calcare la mano con atteggiamenti che si rifacciano o possano essere riportati all’austerity, aiutando così il fronte dei partiti sovranisti.
Comunque ci penseranno alla fine di questo mese le agenzie di rating a chiarire i termini della realtà ed è piu’ difficile che loro non si esprimano molto pesantemente sulla strategia del nostro governo. Non si vede un solo motivo perché non debba essere così. Del resto, le aste dei Bot in corso in questi giorni hanno mostrato un appesantimento marcato della crescita degli interessi richiesti dagli investitori: una pessima notizia, checché ne dica quel sottosegretario all’Economia che gioì qualche settimana fa perché erano saliti gli interessi sui nostri buoni del tesoro, per cui affermava orgoglioso che “adesso i nostri Bot valgono di più”, senza pensare che era il Paese a dover pagare un conto più salato.
Ma tant’è, la crescita degli interessi sui titoli di stato è una costante, negli ultimi mesi è proseguita imperterrita: già nel mese di maggio, appena il nuovo governo si è insediato, gli interessi sui titoli di stato sono passati da -0,36 a +0,55. E del resto sarebbe stato strano il contrario, considerando che nulla hanno fatto i nostri governanti per spegnere quel fuoco iniziale. Ma nella loro ottica, nell’ottica dei partiti che formano la maggioranza di governo, non c’è motivo per agire da pompieri: il loro credo è semplice, siamo stati votati, affermano ad ogni piè sospinto, solo noi abbiamo titolo per decidere se una manovra è buona o cattiva, il mercato deve farsene una ragione.
Un ragionamento infantile, a essere buoni, che non ha nulla a che vedere con l’economia e con quello che accade ogni giorno. Del resto, lo spread sale costantemente, ogni tanto si arresta, quasi timoroso di superare una nuova soglia, ma poi va inesorabilmente avanti. Adesso è già sopra quota 300 (quando è nato il governo era a quota 141), si guarda con preoccupazione ( o terrore?) a quello che potrebbe accadere se si superasse la soglia dei 400 punti. Paolo Savona, che l’economia la conosce e la capisce, si è azzardato a dire che a quel punto dovrebbe essere riconsiderata l’intera manovra, ma è stato zittito brutalmente dai due Dioscuri del governo. Se fosse stato presente Claudio Borghi, il presidente della Commissione Bilancio della Camera, gli avrebbe staccato il microfono, come si è permesso di fare al ministro Tria che stava rispondendo in Parlamento a Renato Brunetta.
La verità è che stiamo rotolando verso il burrone e si pensa solo ad accelerare la corsa, non certo a fermarla o deviarla. C’è solo da sperare che alla fine siano loro ad avere ragione, perché altrimenti sarebbe il défault e allora davvero sarebbero guai per tutti. Nessuno ha calcolato fino in fondo le conseguenze che ne verrebbero, ma certo ci sarebbe da aver paura perché a pagarne il conto sarebbero le classi più povere, certamente, come sempre in questi casi, lavoratori dipendenti e pensionati.
Proprio per questo le parti sociali, i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil e la Confindustria, stanno tuonando contro questa manovra, chiedendo un esame congiunto che i qualche modo ci salvi dal peggio. Anche sul nostro giornale Luigi Sbarra, il segretario generale aggiunto della Cisl, ha rinnovato l’auspicio di una convocazione da parte del governo. Convocazione che con tutta probabilità ci sarà, solo che sarà più o meno come quella che Di Maio fece per l’Ilva a fine luglio, sessantadue diverse parti convocate per una mattinata al ministero per poter dire che tutti erano stati consultati ma fare poi di testa propria. Quello che servirebbe sarebbe un lavoro comune di governo e parti sociali per un attento esame di ogni singola parte della manovra, perché i ministri possano essere consigliati su cosa è possibile fare, cosa non lo è, su dove bisogna dirigere le forze e da dove è necessario distoglierle. Ma servirebbe una disponibilità a ragionare che non sembra essere di questo governo, che va dritto per la sua strada, anche se poi questa porta a sbattere contro un muro.
(Massimo Mascini)
Contrattazione
Il 9 novembre si terrà lo sciopero dei medici al quale hanno aderito la maggior parte dei sindacati di categoria. Lo sciopero è stato proclamato per richiedere il rinnovo del contratto e un adeguato finanziamento del Fondo sanitario nazionale. Per i medici “è spregevole mettere in competizione, su risorse insufficienti, il diritto alla cura dei cittadini e quello a un dignitoso contratto di lavoro per i professionisti che quelle cure devono erogare”. Inoltre, sul fronte dei contratti, anche il comparto dell’istruzione e ricerca richiede l’apertura a partire da gennaio delle trattative per il rinnovo del contratto che scadrà a dicembre 2019.
La nota
Nunzia Penelope spiega alcuni retroscena che hanno portato alla designazione a maggioranza, da parte della segreteria confederale, del candidato alla guida della Cgil. Nella confederazione ora si apre la sfida tra i portatori di due visioni diverse, Vincenzo Colla e Maurizio Landini. Restano invece sullo sfondo due temi cari a Susanna Camusso come il ricambio generazionale e la parità di genere, che per l’attuale segretaria sarebbero stati ben rappresentati da Serena Sorrentino.
Interviste video
Massimo Mascini ha chiesto a Luigi Sbarra la sua opinione sulla manovra del governo. Secondo il segretario aggiunto della Cisl, “manca una visione del futuro, e la vera sfida resta quella per il lavoro”, e in questa chiave sollecita il ministro del Lavoro Di Maio a confrontarsi con i sindacati.
Il guardiano del faro
Marco Cianca questa settimana analizza l’italianismo con la sua voglia di sovranità: dall’uscita dall’euro alla legge sull’aborto in pericolo, italianismo fa rima con oscurantismo.
Il blog del diario
Gaetano Sateriale prende parola sul dibattito in corso all’interno della Cgil per la successione a Susanna Camusso, esprimendosi in modo piuttosto critico. Per Sateriale, la Cgil non merita la rappresentazione che ne stanno dando i media, e sbaglia chi l’alimenta. Il patrimonio fondamentale da salvare, sottolinea, è quello dell’unità della confederazione: “Il più grande sindacato italiano e i suoi massimi dirigenti hanno sempre salvaguardato prima di tutto l’unità dell’organizzazione. Nella pluralità delle diverse esperienze e culture ma con la consapevolezza che una sintesi unitaria è indispensabile per pesare e poter rappresentare adeguatamente il mondo del lavoro. Una sintesi, non una tesi che prevale sulle altre”
Massimo Fiaschi interviene sul tema delle pensioni d’oro. Secondo Fiaschi la proposta di legge targata M5S-Lega sul ricalcolo delle cosiddette pensioni d’oro contiene errori, criticità e dubbi evidenti.
Tommaso Nutarelli commenta la manovra del governo alla luce delle critiche ricevute da diverse istituzioni economiche come Fondo Monetario Internazionale e Bankitalia. Chi crede in Di Maio e Salvini perché tengono testa all’Europa, scrive Nutarelli, non tiene conto del debito che grava sulle nostre teste e pecca di ingenuità.
Il diario della crisi
I lavoratori edili del Terzo Valico sono arrivati a Roma, questa settimana, con un presidio davanti al ministero dei trasporti chiedendo garanzia per i 400 lavoratori che rischiano il posto di lavoro. Il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, ha infatti bloccato il trasferimento delle risorse per il quinto lotto dell’opera. Sempre in Piemonte, niente cassa integrazione per i lavoratori Comital. È quanto è trapelato da fonti sindacali, dopo l’incontro al Ministero del Lavoro con la Regione Piemonte e i curatori fallimentari dell’azienda di Volpiano.
Documentazione
Questa settimana è possibile trovare nella sezione dedicata l’audizione di Sebastiano Fadda in Commissione Lavoro del Senato sul funzionamento dei Centri per l’impiego, i dati dell’Istat sulla produzione industriale di Agosto e i testi delle audizioni parlamentari sulla Nota di Aggiornamento al Def di Banca d’Italia, Cnel, e Upb. iNFINE, è possibile visualizzare l’audizione del Presidente dell’Inps, Tito Boeri, sulle pensioni d’oro.