Il sindacato dei poveri. O un sindacato per i poveri. E’ questa la nuova suggestione sulla quale si è incamminato Il diario del lavoro. Tutto è partito da una cosa che ci ha detto Roberto Benaglia, il nuovo segretario generale della Fim Cisl, in un’intervista dieci giorni fa, quando ci ha confessato che sta lavorando all’idea di fare qualcosa per i poveri del nostro paese. Le file alle porte della Caritas è una cosa che stringe il cuore a tutti, come la pena per il numero sempre più alto di persone che perdono il lavoro e si trovano in difficoltà economiche vere. Benaglia è cattolico ed è normale che abbia questi sentimenti. Ma lui parlava da sindacalista, diceva che voleva fare qualcosa per attenuare la povertà proprio come sindacalista. Non è un problema dei metalmeccanici, che per lo più il lavoro ce l’hanno, ma, diceva, mi piacerebbe come sindacalista fare qualcosa. Del resto, aggiungeva, questo dovrebbe essere nelle nostre corde, noi affrontiamo e spesso risolviamo le cose, perché non farlo per chi sta male?
Siamo partiti da qui per cercare di capire se questo è il compito del sindacato, cosa si può fare nel merito, se all’interno della rappresentanza del lavoro esista la consapevolezza che qualcosa si può e si deve fare. Il riscontro che abbiamo avuto è stato molto alto. Tutti coloro che abbiamo interpellato hanno mostrato di capire bene il problema e di intravvedere dei possibili interventi. Bruno Manghi, tra gli altri, ha indicato le leghe dei pensionati Cgil, Cisl e Uil come lo strumento più utile per questa battaglia. Perché sono tantissimi, hanno voglia di fare qualcosa, conoscono i problemi dei poveri e degli ultimi. Potrebbe essere davvero il punto di svolta, perché i sindacati dei pensionati hanno già mostrato con la contrattazione sociale, capace di fare mille contratti l’anno, di essere uno straordinario soggetto per attivare la collaborazione tra le autorità, specie nei piccoli paesi, e la società civile. Del resto, non è una novità per loro, perché hanno ben presente l’urgenza di creare una sorta di diga alla povertà, un nemico, come ha scritto Marco Cianca, invisibile e imprevedibile, quindi pernicioso per il collante della società.
Andrea Ranieri ha indicato le camere del lavoro, i sindacati provinciali, come il soggetto che più di tutti potrebbe riuscire a combattere questa guerra, non fosse che perché è presente in tutti i piccoli e piccolissimi centri, rappresenta una presenza determinante per un’azione del genere. Ma forse non ci siamo ancora, perché Benaglia aveva un’idea forse differente, lui voleva attivare su questo fronte il sindacato dei metalmeccanici, aprire una linea di attacco per il sindacato di categoria. Non è impossibile e del resto già alcune suggestioni, proprie dei metalmeccanici vanno in questa direzione. La vittoria ottenuta con il precedente contratto per il diritto alla formazione in fin dei conti è proprio un tentativo di scardinare assetti malati della nostra società. Il lavoratore in quanto tale ha diritto ad accrescere le sue competenze, al di là di quanto questo serva alla sua azienda. Deve crescere l’occupabilità, perché questo assicura un sistema per tenere lontana la disoccupazione, quindi la povertà.
E forse occorrerebbe andare ancora più lontano. Bisognerebbe abbattere l’aberrazione per la quale è diventato importante non il lavoro che si fa, ma quanto si guadagna. Una volta c’era certamente più povertà di adesso, ma nessuno soffriva più di tanto delle privazioni alle quali era costretto, si era abituati a non potersi permettere certe cose e si viveva lo stesso sereni. Quello che colpisce adesso sono i nuovi poveri, il fatto di soffrire per non avere beni di consumo che altri possono invece avere. Bisognerebbe tornare ad avere una società magari più povera, ma dignitosa e quindi non infelice. Bisogna distinguere, come ci dice Andrea Ranieri, tra miseria e povertà. E’ difficile dimenticare la fierezza del fratello di Rocco, nel bel film di Luchino Visconti, quando afferma che lui è un metalmeccanico dell’Alfa Romeo, la consapevolezza di forza con la quale si incammina, finita la pausa del pranzo, verso i cancelli della sua azienda accanto ai tanti suoi compagni. Tornare a un tempo un po’ più felice forse non è un’utopia, può essere un obiettivo per il quale lavorare.
Senza cadere nelle trappole della decrescita felice di Serge Latouche, che appunto tale sarebbe, una trappola. Non si deve mai sperare di diventare più poveri, sperare in una caduta dei propri standard di vita. Perché questo sarebbe un ripiegarsi su se stessi, smettere di sperare di crescere, di migliorare. Il compito non deve essere avere meno cose, ma quello di non soffrire perché non si riesce ad avere cose che tutto compreso non sono importanti. Una società più giusta, più equa, attenta alle cose importanti. Obiettivo difficile, per il quale però è giusto che i soggetti positivi della nostra società si battano. Certo, poi, come ci consiglia di fare Giuliano Cazzola, dobbiamo guardarci attorno, per scoprire che non ci sono forse nemmeno gli interlocutori per un’azione del genere. L’immagine di Giuseppe Conte che cerca disperatamente a Palazzo Madama qualche senatore che puntelli il suo governo ferito non ci solleva. Per lanciare una campagna a favore dei meno abbienti, che cancelli qualche pagina dolorosa della nostra storia, servirebbe per prima cosa un governo autorevole, che capisca i problemi, voglia e sappia risolverli. Forse chiediamo troppo, ma anche questa settimana dobbiamo ricordare che la speranza resta l’ultima dea. Importante è che ci siano uomini capaci di guardare lontano, anche oggi, in questa situazione così sofferta.
Massimo Mascini
Per i nostri lettori pubblichiamo qui di seguito una scelta delle notizie e degli interventi più significativi apparsi nel corso della settimana su ildiariodellavoro.it (Vai al sito per leggere il giornale completo, aggiornato quotidianamente dalla nostra redazione).
Contrattazione
Questa settimana è stata sottoscritta l’ipotesi di accordo per l’industria conciaria. Nell’intesa è previsto un aumento salariale complessivo di 86 euro. Inoltre viene introdotto un protocollo specifico per contrastare il dumping contrattuale. Le tre centrali cooperative Agci, Confcooperative e Legacoop hanno sottoscritto un accordo con le organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, per promuovere la diffusione e il consolidamento dei workers buy out cooperativi, in applicazione degli impegni presi nell’accordo interconfederale del 2018. Si conclude la vertenza per i lavoratori della ex Aras, l’Associazione Regionale Allevatori della Sardegna, che verranno assunti dall’agenzia Laore. In Lottomatica è stata riconosciuta ai dipendenti la Cassa integrazione fino al 100% dello stipendio.
Analisi
Adriano Fabris, riprendendo il tema del sindacato dei poveri lanciato da Il diario del lavoro, sottolinea come la tragedia della crescente povertà di molte persone a causa della pandemia, debba essere colta come un’opportunità di ripensare il ruolo del sindacato, e per rivedere le prospettive di fondo cui il lavoro viene oggi concepito e organizzato.
Massimo Forbicini analizza i contenuti del documento redatto e promosso dalla Cisl “Dieci priorità per l’Italia che riparte”.
Nunzia Penelope spiega perchè il dialogo tra il Governo Conte e i sindacati, malgrado sia stato molto sbandierato dal premier nel corso del dibattito sulla fiducia, in realta’ stenta a concretizzarsi in un vero confronto. Tanto che Cgil, Cisl e Uil da mesi, e sui temi piu’ diversi, reclamano un maggiore coinvolgimento delle parti sociali nelle decisioni chiave per il futuro del paese, a partire dal Recovery Plan.
Tommaso Nutarelli analizza l’uso della parola greca sympatheia, usata dal presidente del Consiglio nel sul intervento alla Camera nel dibattito sulla fiducia per indicare l’essenza della politica. Per Nutarelli, oltre alla sympatheia, indispensabile è anche la parresia, ossia il diritto/dovere di dire la verità. Entrambe assenti, purtroppo, nell’attuale dibattito politico.
In occasione del centenario della nascita del Pci, il Diario del lavoro ha ospitato alcune riflessione. Per Giuliano Cazzola il XVII Congresso nazionale del Psi che si svolse a Livorno al Teatro Goldoni nelle giornate dal 15 al 21 gennaio 1921 era la cronaca di una scissione annunciata. All’Assise presero parte i delegati di 4.367 sezioni con 216.327 iscritti. Cinque erano le “tendenze” che si scontrarono nel dibattito e nelle votazioni finali: i “concentrazionisti” formata dai riformisti che avevano come principali esponenti Turati e Modigliani; gli intransigenti rivoluzionari capeggiati da Lazzari; i “comunisti unitari” di Giacinto Menotti Serrati; i “comunisti puri” guidati da Bordiga e Terracini; i “pontieri” tra le due frazioni comuniste di Marabini e Graziadei. Secondo Alessandro Genovesi, segretario generale degli Edili Cgil, l’anniversario della fondazione del Partito Comunista d’Italia è un’occasione di riflessione e approfondimento storico-politico sul novecento, sul nostro paese e su quella originale comunità politica che si fece cronaca e storia.
La nota
Fernando Liuzzi ricorda Emanuele Macaluso, storico dirigente politico e sindacalista, scomparso il 19 gennaio a Roma.
Interviste
Emanuele Ghiani ha intervistato Paolo Pirani, segretario generale della Uiltec. Pirani fa il punto della situazione dei comparti della sua categoria, chimico, tessile e energetico. Sul dialogo con il governo, Pirani denuncia l’assoluta mancanza di apertura da parte di Conte, spiegando quali sono i problemi di fondo del Recovery Plan.
Il guardiano del faro
Marco Cianca ci offre un divertissement filosofico per descrivere l’attuale situazione politica.
I blog del Diario
Nunzia Penelope ha seguito la cerimonia di insediamento di Biden -Harris alla Casa Bianca, e ne racconta i dettagli piu’ significativi, a partire dal grande numero di donne, di molte diverse etnie, che ne sono state protagoniste: da Kamala Harris, prima vicepresidente, alla magnifica Lady Gaga, alla giovanissima poetessa Amanda Gorman. Il senso piu’ profondo che emerge dalla manifestazione, afferma Penelope, e’ che ad appena 15 giorni dall’assalto a Capitol Hill, l’America ha mostrato al mondo la forza della propria democrazia.
Aldo Amoretti invita a prende sul serio la parole di Marco Bonometti presidente di Confindustria Lombardia che, un’intervista sul Corriere, afferma come la proroga del blocco dei licenziamenti rischia di incrementare, in modo ingestibile, il numero di persone che dopo non avranno più un lavoro.
Tommaso Nutarelli paragona la politica italiana a un bestiario medievale, dove si trovano figure mitologiche, al confine tra il reale e il meraviglioso.
Roberto Polillo denuncia la mancanza di una coerente strategia nella gestione della pandemia da parte del governo.
Paolo Pirani osserva che la nostra economia reale si sta difendendo con una vitalità che viene sottovalutata. Restiamo uno dei Paesi più industrializzati malgrado le innumerevoli crisi. E la domanda che ci si deve porre é: questa capacità, nella quale è presente l’impegno dei lavoratori ed il ruolo sindacale, come può essere sostenuta nei prossimi mesi ed anni?
Diario della crisi
I coordinatori del comparto taxi di Fit-Cisl Lazio, Ugl taxi, Federtaxi Cisal, Usb taxi, Uti e Ati Taxi, hanno convocato per il 26 gennaio un presidio per protestare contro l’assenza di “servizi igienici decorosi” per i conducenti delle auto bianche. I sindacati di categoria territoriali Filt Cgil, Fit Cisl e Uil Trasporti Sardegna ha protestato davanti alla Regione affinché intervenga sulla difficile situazione dei 600 lavoratori delle aziende dell’aeroporto di Cagliari.
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare il discorso del premier Conte alla Camera, l’audizione di Alessandra Servidori alla Commissione Femminicidio, il saggio di Mimmo Carrieri contenuto nel libro “L’unità possibile: la Federazione Cgil, Cisl e Uil 1972-1984”, e il documento con i componenti dell’Osservatorio nazionale sul lavoro agile del ministero della Pubblica Amministrazione. È inoltre presente la congiuntura di Confcommercio, i dati Istat sul fatturato e gli ordinativi nell’industria e la produzione nelle costruzioni.