Nessuno ha saputo raccontare l’Italia come Giuseppe De Rita, e nessuno certamente sa raccontare De Rita meglio di De Rita stesso che, passata da un po’ l’alba dei 90, in collaborazione col giornalista del Corriere Lorenzo Salvia ha mandato in libreria “Oligarca per caso. Il racconto della vita di un italiano alla ricerca degli italiani”: più che una autobiografia, la biografia del Paese, dal dopoguerra a oggi, dal punto di vista di un insider. Fin dall’inizio De Rita chiarisce il titolo: oligarca, spiega, non è quella cosa che abbiamo imparato a identificare coi i miliardari russi. Oligarca è qualcuno che “ha un tessuto di potere che non dipende da un mandato verticale che cala dall’alto: quello è il gerarca, il cui potere finisce quando cade il suo dante causa”. Il potere dell’oligarca, invece, sta nella capacità di “tessere rapporti orizzontali con quelle cento, duecento persone che in un sistema complesso possono regolare singole materie, ma che hanno sempre bisogno di confrontarsi con gli altri”. E, soprattutto, sanno mettere “in rete” questi rapporti.
Come sia diventato, De Rita, un oligarca, è anche questo nel titolo: “per caso”. Ragazzino di famiglia ciociara, estrazione piccolo borghese, si definisce nei primi anni dell’adolescenza come “plebe” e destinato, al più, a un impiego banale: “dovevo fare l’esattore all’Aci”, o nella migliore delle ipotesi, entrare in banca. E d’altra parte, la “propensione a volare basso” era, nei primi anni della giovinezza, una sua precisa caratteristica. Tutto cambia quando nel dopoguerra britannici e americani si pongono il problema di dare all’Italia una classe dirigente “defasticizzata”, in grado di ricostruire il paese. Lo faranno con una doppia strategia: da un lato puntando sul rinnovamento della cultura, “creando un gruppo di intellettuali e scrittori di stampo liberaldemocratico”, dall’altro pescando nelle nuovissime generazioni, in ragazzi non contaminati dal regime, formandoli “alla democrazia e alla partecipazione sociale” con l’obiettivo di far crescere “una nuova classe dirigente media, che potesse essere la vera spina dorsale della nuova Italia”. E De Rita – sempre per caso – è tra questi ragazzi. Inizia cosi la straordinaria avventura dello studentello senza infamia e senza lode che nell’ anno 1951 si ritrova per una settimana nel chiuso nel castello di Sermoneta, a vivere l’esperienza unica dei seminari organizzati dal Movimento di collaborazione civica. È la svolta che gli consente di scoprire nuovi interessi e conoscere personalità di grande spessore culturale, che troverà ben più stimolanti degli annoiati studi giurisprudenza.
Da Sermoneta, e dalla rete di conoscenze che vi si era creata, deriverà l’incarico alla Svimez di Pasquale Saraceno; e dallo Svimez discenderà la scoperta della sociologia, scienza ancora del tutto ignota in Italia di cui De Rita sarà un pioniere; e dalla sociologia (oltre che dal rapporto difficile con Saraceno) si arriva al Censis, scommessa imprenditoriale su cui De Rita si gioca tutto; e col Censis nasce il famoso Rapporto annuale sulla situazione sociale del paese, che ogni anno, dal 1967, racconta l’Italia e gli italiani (inventando, tra le tantissime, la definizione di “sommerso”): un’altra scommessa vinta grazie all’aiuto di Pietro Campilli, all’epoca presidente del Cnel, che accettò di supportare l’iniziativa con tre parole: “se po’ fa”. E sarà stato anche un segno destino, se poi proprio De Rita, anni dopo, assumerà la guida del Cnel, inventando in quella sede i Patti territoriali e chiamando nel parlamentino di Villa Lubin personaggi del livello di Franzo Grande Stevens, Marini, Abete, Cipolletta, Gros Pietro, Reviglio, Prodi. Tutto si tiene, nell’Italia degli oligarchi: dalla ricostruzione agli anni del boom a quelli delle crisi, sono sempre stati alcuni “pochi” a indicare una soluzione per il bene del paese. E non è detto sia stato un male, visto che a quei “pochi” non mancava certo la competenza.
Non tutto fila sempre liscio, e De Rita si prende gli strali sia di chi definisce i suoi studi “folklore economico”, sia di chi, come l’Istat, mal sopporta la concorrenza nell’interpretazione dei dati statistici, sia dei big dell’industria, che lo irridono come cantore del “piccolo è bello”. E sia, ovviamente, anche con la politica: come quando ebbe la malaugurata idea di occuparsi della Rai, producendo uno studio sull’emittenza pubblica che fece irritare moltissimo l’allora super potenza di Viale Mazzini, Ettore Bernabei. Il rapporto fu quindi spedito in un cassetto, se non nel cestino, e da li mai più riemerso. Con tanto di rappresaglia famigliare: ‘costo’ il posto in Rai a mia moglie”, rivela De Rita.
L’altra parte godibilissima del libro è quella in cui De Rita traccia una sorta di mappa dei veri oligarchi e di coloro che invece vi aspirerebbero, ma senza averne le doti necessarie. Tra i primi c’è Vittorio Valletta, ai secondi appartiene Cesare Romiti. Il primo dei grandi oligarchi italiani fu Alberto Beneduce, e con lui “quelli che fecero l’Italia”: Menichella, Saraceno, Mattioli, Carli.
Nel Pci il “vero oligarca” fu Gerardo Chiaromonte, nel sindacato Giuseppe Di Vittorio e Bruno Trentin. E ancora, “oligarca nato” è Romano Prodi, “principe degli oligarchi” Gianni Letta, mentre il di lui nipote, Enrico, “poteva essere un ottimo oligarca” avendone tutte le qualità, “ma non gli è mai interessato davvero”. Quanto alla politica di questi anni, il giudizio di De Rita è spietato: “ha la ripulsa della realtà”, afferma. Oggi tutti i politici sono appassionati solo alla dialettica tra loro, il confronto con altri “mondi” non interessa affatto, e alla fine si convincono che “la realtà sia quel sistema chiuso nel quale stanno nuotando”. L’unica cosa che interessa davvero ai leader e ai ministri dei nostri tempi è fare a fregasse’’. E anche questo ci sta, ammette De Rita, perché “essere esperti del fare a fregasse è fondamentale per sopravvivere. Ma non può essere quello l’unico orizzonte”. Questo “l’oligarca lo sa”; i “gerarchetti”, invece, non lo hanno mai capito, e mai lo capiranno.
Nunzia Penelope
Titolo: Oligarca per caso. Il racconto della vita di un italiano alla ricerca degli italiani
Autore: Giuseppe De Rita con Lorenzo Salvia
Editore: Solferino
Anno di pubblicazione: 2024
Pagine: 224 pp.
ISBN: 9788828215684
Prezzo: 17,50€