L’attenzione alla tutela dei diritti dei lavoratori all’interno della nuova politica agricola comunitaria, afferma Onofrio Rota, segretario generale della Fai Cisl, è un passo avanti storico, che il sindacato chiedeva da tempo. Ora serve cooperazione con le istituzioni e maggiori controlli. Nella lotta al caporalato, spiega Rota, sarebbe utile attuare un grande piano abitativo per i braccianti. Quel che è mancato, spiega, è non aver reso obbligatorio, per le aziende, il rispetto della clausola sociale come precondizione per accedere ai fondi europei.
Rota, qual è l’elemento principale della nuova Pac?
L’aspetto principale della nuova Politica Agricola Comune, che si aggiunge a quello economico e ambientale, è quello del valore della dimensione sociale. È un punto che i sindacati chiedevano da tempo, da almeno vent’anni, e che ci impegna in una grande azione di responsabilità per tutelare e difendere i diritti dei lavoratori e contrastare ogni forma di sfruttamento.
In che cosa consiste?
In base al nuovo accordo, le aziende che ricevono pagamenti diretti saranno soggette a una sanzione amministrativa se non forniscono condizioni di lavoro adeguate, come stabilito dalla legislazione comunitaria. Come dicevo, si tratta di un passo in avanti importante, perché è la prima volta che la politica agricola dell’Ue pone attenzione anche ai diritti dei lavoratori.
Quali sono i tempi di entrata in vigore?
La nuova Pac sarà operativa dal 1° gennaio 2023, la clausola sociale sarà volontaria e diventerà obbligatoria dal 1° gennaio 2025.
Ci sono dei punti di contatto con il Piano nazionale di ripresa e resilienza?
Assolutamente sì. La politica comunitaria sull’agricoltura condivide molti elementi con il Pnrr. Oltre alla dimensione sociale, infatti, c’è grande attenzione al consolidamento delle aziende, alla transizione ecologica, e alle filiere più produttive.
La vera partita inizia ora. Che cosa bisogna fare?
È chiaro che questa Pac segna un punto di svolta, ma così non è sufficiente. Tutte le indicazioni che sono contenute devono poi essere tradotte e applicate. Ciascuno Stato membro dovrà inviare alla Commissione il proprio programma strategico nazionale. È importante stipulare un protocollo nazionale con cui attuare nel nostro Paese le nuove norme, finalizzato a una concreta condizionalità che leghi i finanziamenti europei all’applicazione dei contratti e al rispetto dei lavoratori.
In concreto?
Serve un rafforzamento dei controlli, e un potenziamento del coordinamento tra Ispettorato del lavoro, banche dati e agenzie di pagamento. Si dovrebbe mettere in campo anche un grande piano abitativo rivolto ai braccianti per strapparli alla morsa del caporalato, offrendo condizioni di vita dignitose, e su questo può aiutarci il Piano Triennale. Sempre su questo versante, occorre realizzare una sinergia con la grande distribuzione per una regolamentazione dei prezzi che non alimenti fenomeni di sfruttamento e di dumping contrattuale e sociale.
Sul fronte caporalato è stato di recente firmato un protocollo con il Viminale e il ministero del Lavoro. Che valore ha?
La firma del protocollo con i Ministeri del Lavoro, dell’Interno e dell’Agricoltura, è un passo fondamentale per dare ancora più forza e attuazione al Piano triennale contro il caporalato. In quest’ottica il ruolo delle parti sociali è strategico per andare oltre una semplice mappatura del fenomeno, e far emergere il lavoro sommerso, far crescere quello di qualità attraverso la contrattazione, l’implementazione della rete del lavoro agricolo di qualità, e il rafforzamento del ruolo degli enti bilaterali.
Che cosa si poteva fare di più in questa nuova Pac?
Come requisito di accesso ai fondi europei l’obbligo per le aziende di garantire condizioni di lavoro dignitose e nel rispetto della legge. Per come è strutturata la nuova Pac, solo dopo aver fatto i controlli si può verificare l’ottemperanza di queste condizioni. Ma, come ripeto, il fatto stesso che sia passato il principio della condizionalità sociale è un cambiamento epocale.
Tommaso Nutarelli