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Pellecchia, da Alitalia al tpl, le nostre idee per rimettere in moto l’Italia

Tommaso Nutarelli
Marzo05/ 2021

La sostenibilità è il punto di riferimento per la mobilità del futuro, ma sullo sblocco delle infrastrutture, le regole e i contratti c’è ancora molto da fare. È questa la valutazione di Salvatore Pellecchia, Segretario generale della Fit-Cisl. Il Recovery Plan, sostiene Pellecchia, è una grande occasione per ripensare totalmente la mobilità di persone e merci. E su Alitalia afferma: “basta con lo spreco di soldi, serve un approccio organico. Dall’Europa inutili e pericolosi ostacoli”.

Pellecchia, su quali basi si svilupperà il confronto con il nuovo esecutivo?

Nel giugno del 2019, assieme a Filt e Uilt, avevamo presentato all’allora ministro dei Trasporti il documento “Rimettiamo in movimento il Paese”, nel quale chiedevamo un cambio di passo decisivo sui trasporti, basato fondamentalmente su tre pilastri: infrastrutture, regole e contratti. Da quella data, e dopo un anno di pandemia, alcuni passi in avanti sono stati compiuti ma c’è ancora molto fa fare. Sono queste le premesse sulle quali vogliamo costruire il confronto con il neo ministro Giovannini.

Lo sblocco dei cantieri è un mantra che più volte si sente ripetere. Qual è la situazione?

È tutto fermo al pre-pandemia. I numeri parlano chiaro. Nella rapporto Doing Business del 2020, stilato dalla World Bank in collaborazione con l’International Finance Corporation, l’Italia risulta al 58° posto su 190 paesi, distanziata da tutte le maggiori economie europee, per le performance ottenute da ogni Paese in dieci aree relative a normative, burocrazia e regole di sistema. Basti pensare che, come ha rilevato l’Ance alcuni mesi fa, in Italia per realizzare un’opera pubblica da 100 milioni di euro che, per intenderci, potrebbe essere un ponte o un lotto autostradale, ci vogliono 16 anni. In Cina ce ne sono voluti 8 per realizzare i 55 chilometri del ponte più lungo del mondo. È evidente che c’è una burocrazia estremamente ingombrante. Una situazione grave che abbiamo fatto presente già alla ministra De Micheli e che riproporremo al ministro Giovannini. Se da una parte è vero che alcune opere ferme sono state inserite nel PNRR, dall’altra è altrettanto vero e non trascurabile che altre ancora ferme mancano, così come sembra mancare una visione prospettica di lungo periodo. Ora non abbiamo più l’alibi della scarsità di risorse. Dobbiamo, semmai, migliorare la nostra capacità di spesa dei fondi strutturali, visto che dal 2014 al 2020 quelli realmente utilizzati sono stati solo il 38-42% del totale disponibile.

La lentezza di cui lei parlava molto spesso viene imputata non solo alla burocrazia, ma anche a regole farraginose. È così?

Naturalmente semplificare e velocizzare non vuol dire derogare alle regole. Le regole, come il tanto evocato Codice degli appalti, sono dunque fondamentali anche per garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori. Ma, per assicurare il buon funzionamento dei singoli settori, non devono essere fonte di appesantimento. Solo per approvare i contratti di programma Anas e Rfi ci vogliono 11 passaggi autorizzativi. Mentre in alcuni ambiti, per esempio per la tutela del lavoro nei settori liberalizzati, di norme non ce ne sono abbastanza. Con la ex ministra De Micheli siamo riusciti a ottenere, per le aziende del trasporto aereo che operano in Italia, la previsione di applicazione dei trattamenti economici previsti dal contratto di settore. Nel trasporto pubblico locale invece c’è bisogno di una riforma per adeguare un sistema che, negli anni, si è dimostrato nel complesso poco efficiente e, spesso, inefficace. Abbiamo chiesto e ottenuto l’istituzione di una commissione, riconfermata dal ministro Giovannini, per operare una riorganizzazione dell’interno comparto, dove ci sono più di mille aziende. Una parcellizzazione aziendale di questa portata rende molto difficoltosa l’applicazione di regole uniformi e, di conseguenza, la realizzazione di economie di scala.

Il modello Genova, esempio di efficienza e celerità, viene costantemente invocato come prassi, senza poi riuscire a replicarlo. Perché?

Guardi, la situazione di Genova è del tutto particolare. Innanzitutto la ricostruzione del ponte è stata gestista da un commissario straordinario. Questo ci pone in un contesto fuori dall’ordinario. Inoltre il crollo del Morandi è stata una tragedia immane, che ha acceso una partecipazione emotiva e d’intenti straordinaria. Noi dobbiamo essere bravi a far funzionare i cantieri anche in condizioni di assoluta normalità senza ricorrere a commissari con particolari poteri.

Altro punto chiave del vostro documento sono i contratti.

Certamente. Al Cnel ne sono stati depositati più di 900. Un quantitativo eccessivo che genera confusione e soprattutto incentiva la fuga delle aziende verso i contratti meno costosi, che offrono tutele inferiori ai lavoratori. Quello che è successo con i rider è l’esempio più lampante. Il contratto dei ciclofattorini esiste, ed è solo ed esclusivamente quello della logistica, che riconosce maggiori garanzie ai lavoratori sia dal punto di vista economico che normativo, rispetto a quello che vorrebbe applicare Assodelivery. Inoltre parliamo di un lavoro che non è nato oggi, anche se nel tempo ha subito dei cambiamenti.

Resta il fatto che in un regime di libertà sindacale, senza una legge sulla rappresentanza, ogni associazione può firmare un contratto.

Questo è vero. Come Cisl siamo da sempre favorevoli alla contrattazione piuttosto che a un intervento di tipo legislativo. Sulla pesatura della rappresentanza basterebbe dare applicazione ai contenuti del testo unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014 e del Patto della Fabbrica sottoscritto tra sindacati e Confindustria sul nuovo modello contrattuale e di relazioni industriali attraverso il quale è stata indicata la strada – condivisa e responsabile- per favorire la crescita del Paese. Attraverso gli Uniemes, i datori di lavoro potrebbero comunicare all’Inps i numeri dei dipendenti iscritti a ciascun sindacato. Dunque nella contrattazione esistono già tutti gli strumenti per evitare ingerenze legislative, e per contrastare il dumping contrattuale.

Il tema della mobilità sostenibile, oggi centrale, è entrato anche nel nuovo nome del ministero dei Trasporti. Che cosa vi aspettate?

L’attenzione alla mobilità sostenibile, da declinare al plurale inserendo anche le infrastrutture sostenibili: è un fatto che apprezziamo e che deriva anche dalla storia recente del ministro Giovannini. Nel PNRR è previsto l’acquisto di oltre 5mila autobus con un ridotto impatto ambientale. Non sono di certo numeri che ci soddisfano, ma è un primo inizio. La sfida sarà proprio quella di usare al meglio le risorse del Recovery Plan per ripensare totalmente la mobilità, in tutti i suoi comparti e per realizzare infrastrutture idonee, efficienti e durature. Il Covid, è vero, ha messo in evidenza le debolezze della mobilità del nostro Paese, ma può anche diventare una grande occasione per ripensarla e renderla adeguata alla realtà post Covid 19.

Venendo ai singoli settori, qual è lo stato di salute del trasporto aereo?

Il trasporto aereo è, assieme al settore crocieristico, quello che più di altri ha risentito della pandemia. Il 2018 e il 2019 avevano segnato un costante trend di crescita. Nel 2019 il volume di passeggeri transitati negli aeroporti italiani ha superato i 190 milioni di unità. Nel 2020 ha circolato solo il 30% di quei passeggeri. Una situazione grave diffusa, che mette al rischio il lavoro di 42mila persone e in cui non spicca solo la vertenza Alitalia. Filt e Uilt hanno liberamente deciso di organizzare una manifestazione a Roma alla quale abbiamo deciso di non partecipare non per una mancanza di condivisione del merito ma semplicemente perché, in fase organizzativa, mancando il nuovo Governo, mancava l’interlocutore istituzionale. Abbiamo pertanto deciso, in attesa della costituzione del nuovo governo, di realizzare un manifesto nel quale evidenziare le problematiche del settore e formulare proposte per trovare soluzione non solo ai problemi di Alitalia e della costituenda ITA, ma dell’intero comparto che soffre di una crisi probabilmente senza precedenti. Il 25 febbraio abbiamo quindi consegnato il manifesto, dopo l’insediamento del governo Draghi, al ministro Giovannini, ai livelli istituzionali regionali e ai sindaci delle città sedi dei principali aeroporti italiani.

Cosa proponete?

Riteniamo che il settore debba essere inserito all’interno del Recovery Plan. Come detto è prioritario salvaguardare i livelli occupazionali e il reddito delle lavoratrici e dei lavoratori del comparto; attivare un coordinamento fra i vari ministeri interessati (Mims, Mise, Mef, Lavoro) per gestire la crisi del settore e prorogare gli ammortizzatori sociali e il blocco dei licenziamenti fino alla cessazione della Pandemia; completare la riforma del sistema del trasporto aereo per combattere tutte le forme di dumping contrattuale e impedire che la concorrenza sia a discapito della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro; varare il piano nazionale di riordino degli aeroporti nazionali eliminando le attuali asimmetrie competitive fra aeroporti affinché si sviluppi una adeguata intermodalità e determinare le condizioni per ricostruire – attraverso gli investimenti, le modalità e le strutture più idonee, e in coerenza con le indicazioni europee – l’economia turistica italiana in forte sofferenza.

Le risorse economiche vanno spese nella direzione indicata dall’Unione europea e serve un approccio organico: si deve smettere di sprecare denari e migliorare la capacità di spesa. Dobbiamo puntare su un vero rilancio. Per un Paese come il nostro, che è la seconda manifattura d’Europa e a forte vocazione turistica, avere una compagnia di bandiera è strategico.

Sulla vertenza Alitalia a che punto siamo?

Ad oggi ci troviamo in una situazione paradossale. Alitalia è praticamente ferma dal 2017, e con il concreto rischio di non poter pagare più gli stipendi. C’è poi la nuova società ITA che può disporre di molte risorse, ma non può operare perché non ha ancora acquisito le certificazioni per essere riconosciuta come vettore per il trasporto aereo. Inoltre l’Europa sta ponendo tutta una serie di discutibili ostacoli, che richiedono l’intervento del governo. Serve quindi perfezionare rapidamente l’iter per consentire l’operatività della nuova compagnia di bandiera e attivare le procedure affinché acquisisca gli asset necessari all’avvio dell’attività, come il brand “Alitalia”, sinonimo di “made in Italy”, i compendi industriali, gli slot, eccetera. Così facendo la nuova compagnia potrà cominciare a pianificare l’offerta commerciale per la cosiddetta Summer.

Il trasporto pubblico è stato uno delle maggiori criticità nella fase di riapertura. È cambiato qualcosa?

Noi abbiamo più volte spiegato come il trasporto pubblico locale fosse stato pensato per una circolazione di massa, e non per garantire il distanziamento sociale. È chiaro che la pandemia ne ha amplificato le criticità, e durante il lockdown della scorsa primavera non si è fatto abbastanza per essere pronti in autunno. Non sono stati usati, o in alcuni casi lo si è fatto tardivamente, gli autobus turistici e privati per la mobilità extraurbana, come il sindacato ha sempre suggerito. Anche lo scaglionamento degli orari di entrata negli uffici e nelle scuole, operazione assolutamente complessa da attuare ma che avrebbe senza dubbio aiutato, non è mai stato affrontato seriamente.

Il trasporto ferroviario come ha risposto?

Durante la pandemia Trenitalia ha saputo portare avanti un’opera di rafforzamento, attraverso tutta una serie di percorsi formativi incentrati sulla variazione dell’offerta commerciale, sulla salute e la sicurezza. Ovviamente anche qui la riduzione dei passeggieri è stata significativa e questo sta producendo effetti negativi sui bilanci di tutte le imprese ferroviarie.

Il sindacato aveva proposto l’attivazione di un piano vaccinale per gli addetti del trasporto. Si è mosso qualcosa?

In questo anno difficile gli operatori dei trasporti non si sono mai fermati, garantendo ai cittadini un servizio essenziale. Sin dalle prime fasi di questa pandemia il sindacato si è mosso per garantire loro i massimi livelli di salute e sicurezza sul posto di lavoro. Purtroppo oggi ci troviamo a fronteggiare una nuova situazione critica nella quale le dosi di vaccino scarseggiano. Abbiamo comunque ribadito la possibilità di supportare il sistema sanitario nazionale. In Rete ferroviaria italiana, ad esempio, la Direzione Sanità potrebbe benissimo farsi carico della somministrazione del vaccino al personale dell’azienda come, nella prima fase, la stessa società aveva avviato una produzione interna di mascherine per il proprio personale.

Tommaso Nutarelli

Tommaso Nutarelli

Redattore de Il diario del lavoro.

Redattore de Il diario del lavoro.