L’Istat ha diffuso il rapporto sulle prospettive di crescita dell’Italia in cui si rileva che il Pil è atteso in aumento dello 0,7% sia nel 2023 sia nel 2024, seppur in rallentamento rispetto al 2022.
Nel biennio di previsione, l’aumento del Pil verrebbe sostenuto principalmente dal contributo della domanda interna al netto delle scorte (+0,8 punti percentuali nel 2023 e +0,7 p.p. nel 2024) a fronte di un contributo della domanda estera netta marginalmente negativo nel 2023 (-0,1 p.p.) e nullo nel 2024. Il contributo delle scorte è, invece, previsto nullo in entrambi gli anni.
L’Istat ha spiegato che l’attuale scenario previsivo fornisce un aggiornamento delle stime per il biennio 2023-2024 diffuse a giugno. Le nuove esogene, insieme ai segnali provenienti dalla stima dei conti economici trimestrali per i primi tre trimestri dell’anno, hanno portato anche a una revisione al ribasso della stima del Pil di -0,5 p.p. (da 1,2% a +0,7%) e di -0,4 nel 2024 (da 1,1% a 0,7%) nonché a una ricomposizione dei contributi degli aggregati sottostanti, gli investimenti sono stati rivisti al ribasso (-1,4 p.p. nel 2023 e -2,4 p.p. nel 2024) mentre i consumi al rialzo (+0,9 p.p. nel 2023 +0,1 p.p. Nel 2024).
Quanto all’inflazione è prevista una riduzione per effetto della discesa dei prezzi dei beni energetici e delle conseguenze delle politiche monetarie restrittive attuate dalla Bce. La dinamica del deflatore della spesa delle famiglie residenti scende nell’anno corrente al +5,4% e al +2,5% nel 2024. Il tasso di inflazione acquisito per il 2023, nell’ipotesi che i prezzi rimangano invariati a dicembre, è pari a 5,7%.
Il calo è stato trainato dal forte rallentamento dei listini dei beni energetici, il cui tasso è sceso da 64,7% a fine 2022 a 0,7% in luglio ed è diventata marcatamente negativa in ottobre (-19,7%) e novembre (-4,5%). Tale andamento è stato il risultato di una riduzione del 26,4% dei prezzi degli energetici regolamentati nei primi undici mesi (+66,7% nel 2022) e di un significativo rallentamento di quelli dei beni non regolamentati, aumentati nello stesso periodo del 14% (+44% nel 2022).
La dinamica dei prezzi dei beni alimentari è progressivamente decelerata nel corso dell`anno, dal 12,8% di dicembre 2022 al 6,1% di novembre 2023, come risultato di un deciso calo per gli alimentari lavorati (dal 14,9% al 6,3%) e più moderato per quelli non lavorati (dal 9,5% al 5,8%). L’inflazione relativa al “carrello della spesa”, sintesi dei prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona, è scesa da 12,6% di dicembre 2022 a 5,8% a novembre.
In Italia la domanda interna sarà trainata principalmente dai consumi privati: +1,4% nel 2023 e +1% nel 2024, sostenuti dalla decelerazione dell’inflazione, da un graduale, anche se parziale, recupero delle retribuzioni e dalla crescita dell’occupazione. Lo ha reso noto l’Istat che ha diffuso le Prospettive per l’economia italiana. Gli investimenti sono attesi in netto rallentamento rispetto al biennio precedente (+0,6% in entrambi gli anni).
Prosegue il miglioramento del mercato del lavoro. L’occupazione, misurata in termini di unità di lavoro (Ula), segnerà un aumento in linea con quello del Pil (+0,6% nel 2023 e +0,8% nel 2024), a cui si accompagnerà un calo del tasso di disoccupazione (7,6% quest’anno e 7,5% l’anno prossimo).
La manovra economica, comprensiva del dl Anticipi e dei due decreti attuativi della delega fiscale, “eserciterebbe un effetto sulla crescita del Pil reale nullo nel 2023, pari a 2 decimi di punto nel 2024 e a 1 decimo di punto nel 2025, perfettamente in linea con quanto indicato nella Nadef”
Diversamente da quanto previsto nello scenario programmatico della Nadef, tuttavia, la crescita del 2024 risulterebbe trainata dall`espansione dei consumi privati in conseguenza degli effetti della manovra sul reddito disponibile delle famiglie, mentre l`impulso agli investimenti privati appare più contenuto.
Un contributo negativo verrebbe dalla componente estera, a causa di una dinamica più sostenuta delle importazioni. La manovra eserciterebbe un moderato effetto inflazionistico e il deflatore dei prezzi al consumo aumenterebbe rispetto allo scenario senza manovra di 1 decimo di punto nel 2024 e di circa 2 decimi nel 2025.
Nel 2025, il minor effetto sulla crescita sarebbe determinato dal venir meno di alcune misure espansive, quale quella relativa alla decontribuzione, e dall`effetto restrittivo di alcuni interventi sulle imposte dirette (in particolare l`abolizione dell`ACE e altre misure sull`Irpef), in parte compensati dagli effetti espansivi derivanti dal rinnovo dei contratti pubblici, dall`incremento di spese per la Sanità e le pensioni e da misure di incentivazione delle assunzioni.
L`effetto finale della manovra sul rapporto tra indebitamento netto e Pil è stimato in un peggioramento pari a 1 decimo di punto nel 2023 (1 decimo anche nella Nadef), 6 decimi nel 2024 (7 decimi nella Nadef) e 1 decimo nel 2025 (2 decimi nella Nadef).
e.m.