Al Diario del lavoro Salvatore Cocchiaro, responsabile delle relazioni industriali, e Francesco Ferrari, responsabile delle relazioni sindacali di Poste Italiane fanno il punto sui contenuti dell’accordo sulle politiche attive, recentemente firmato, frutto di un percorso continuo coi sindacati, improntato al dialogo, che dimostra un’attenzione al benessere dell’azienda e dei lavoratori.
È stato da poco firmato l’accordo sulle politiche attive, che porta a compimento un lungo percorso con i sindacati.
L’accordo di è frutto di un confronto iniziato con i sindacati nel 2018. Nel piano industriale ci siamo impegnati ad attuare un ricambio generazionale e un ingresso di nuove competenze, che ha visto l’uscita di 15mila lavoratori e 6mila assunzioni. Un accordo importante, concluso in una situazione non facile, che dimostra la solidità e il buono stato di salute della nostra azienda – nonostante un calo forte dei volumi nella corrispondenza – l’attenzione ai lavoratori e relazioni sindacali improntate al dialogo.
Nello specifico quali sono i contenuti del documento?
L’accordo prevede 1.500 stabilizzazioni (ovvero il consolidamento di ex contratti a tempo determinato) e la trasformazione di 1.400 contratti part-time, involontario, in full-time. Saranno anche assunti 650 giovani laureati come specialisti commerciali e 200 operatori part time nei centri di smistamento. Inoltre è prevista una mobilità interna all’azienda, in tutto il paese, e la possibilità di percorsi di carriera e avanzamento professionale. È un segnale forte, come la sottoscrizione dell’accordo relativo al premio di risultato, anch’esso raggiunto nei giorni scorsi, in un momento nel quale molte aziende non assumono o chiedono la Cassa integrazione.
Con l’emergenza lo smart working si è imposto con forza. La vostra azienda come ha gestito questa nuova forma di lavoro?
Lo smart working era una realtà già presente nel nostro gruppo, ben prima dell’emergenza. Nel momento in cui la pandemia ha colpito più duramente, abbiamo attivato il lavoro agile per 20mila dipendenti, e ora il numero si è ridotto a 16mila. Con la proroga dello stato di emergenza da parte del governo, continueremo anche noi ad adottare la procedura semplificata per attuare lo smart working, qualora ce ne dovesse essere la necessità. Con i sindacati abbiamo poi convocato un tavolo per il 10 di settembre per affrontare in modo più organico la materia e regolamentarla.
Una forma di lavoro apprezzata dai lavoratori?
Abbiamo condotto delle survey interne, con le quali abbiamo riscontrato un buon livello di apprezzamento dello smart working, sia tra il management che il personale.
Come sono i rapporti con il sindacato?
Le relazioni con il sindacato sono improntate al dialogo, al confronto dialettico. Questa è l’unica via per ottenere risultati soddisfacenti per entrambi le parti. Sempre per il mese di settembre, oltre all’incontro programmato per lo smart working, prenderanno avvio le trattative per il rinnovo del contratto. La conflittualità rappresenta proprio l’extrema ratio.
La pandemia come ha cambiato il volto delle relazioni industriali?
La crisi sanitaria ha sicuramente stravolto la prassi delle relazioni industriali. Un dato che può sembrare banale è stata l’impossibilità di fare riunioni di persona, e quindi la necessità di ripensare anche i rapporti con le controparti. Inoltre ha velocizzato tutta una serie di ritualità che, per far fronte all’emergenza, sono state messe in secondo piano, per arrivare a delle decisioni nel minor breve tempo possibile.
Tommaso Nutarelli