Il salario minimo è un tema che ha messo d’accordo quasi tutte le opposizioni, tranne Italia Viva, e buona parte del mondo del lavoro. Una voce fuori dal coro, oltre a quella della Cisl, è quella di Confcommercio. Donatella Prampolini è la vicepresidente dell’associazione, con delega a lavoro e welfare. Per lei il salario minimo rischia di essere un passo indietro per il nostro sistema contrattuale. Non risolve il problema dei lavoratori poveri e poco tutelati e, ricorda, il contratto nazionale è una realtà molto più ricca, che non si limita alla mera retribuzione ma contiene welfare, bilateralità e garanzie. Inoltre, prosegue, quasi tutti i contratti hanno minimi ben superiori ai 9 euro lordi all’ora. Guardando ai prossimi mesi, Prampolini ritiene necessario implementare il taglio del cuneo fiscale e renderlo strutturale. Il rialzo dei tassi voluti dalla Bce per contrastare l’inflazione annichilisce i consumi e riduce il potere di acquisto. Infine un pensiero alla sua Emilia-Romagna, colpita dall’alluvione di inizio maggio.
Quella del salario minimo è una proposta capace di unire quasi tutte le opposizioni e buona parte delle rappresentanze del mondo del lavoro. Lei che cosa ne pensa?
Il salario minimo è la morte civile della contrattazione. E’ la fuga dai contratti nazionali. Il fatto che ci sia in altri paesi europei non vuol dire nulla. Vista la nostra storia e il nostro modello contrattuale non dobbiamo assolutamente emulare chi ha il salario minimo, come la Spagna, perché sprovvisto di una robusta contrattazione. L’introduzione di una soglia minima oraria stabilità per legge vorrebbe dire per noi il rischio di un processo al ribasso. Mi spiega sulla base di quale motivo si dovrebbero applicare i contratti nazionali e la legislazione sul lavoro se c’è un minimo retributivo stabilito nero su bianco?
I promotori vedono nel salario minimo uno strumento capace di aggiustare le storture del mercato del lavoro.
Partiamo da una punto. Sono pochissimi i lavoratori non coperti dalla contrattazione o comunque non tutelati. Parliamo di chi è occupato al nero, di persone che si vedono applicare contratti pirati o che vengono inquadrati in un modo che non corrisponde a ciò che realmente fanno. Per tutti questi il salario minimo non è la risposta. Chi opera nell’illegalità di certo non si redime con il salario minimo. Inoltre tutti i contratti hanno dei minimi che sono ben al di sopra dei 9 euro presenti nella proposta delle opposizioni. Bisogna anche tener presente che quando parliamo di contratto nazionale ci riferiamo a una realtà molto più ricca della semplice retribuzione. Ci sono la previdenza e la sanità integrative, la bilateralità, le tutele per i lavoratori. Sono andata in Spagna, dove c’è il salario minimo, pre vederne gli effetti sulla grande distribuzione e il commercio che sono i miei settori. In poche parole il datore applica la soglia minima, all’interno di una contrattazione individuale con il dipendente e nessun altro trattamento. Con il salario minimo si può spezzare anche quella dimensione collettiva data dalla contrattazione.
Quale soluzione propone?
Una legge sulla rappresentanza. Solo così i contratti collettivi firmati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative potranno avere valore erga omnes. Questa è l’unico modo per mettere al bando i contratti pirata o che fanno dumping e per aiutare i lavoratori poveri e meno tutelati.
Allora perché c’è tanta attenzione da una parte della politica nei confronti del salario minimo?
C’è sicuramente una dimensione mediatica ed elettorale molto forte. Il mio invito alla politica è di occuparsi seriamente del mondo del lavoro, tralasciando quelle iniziative, come questa del salario minimo, che rischiano di arrecare più svantaggi dei possibili vantaggi.
A che punto sono le trattative per il rinnovo del contratto del settore?
Il confronto con le controparti sta proseguendo.
Allungando lo sguardo ai prossimi mesi, quali sono le priorità del paese?
Noi oggi abbiamo ancora un serio problema che si chiama inflazione, che colpisce famiglie e imprese. La ricetta di alzare i tassi che sta seguendo da tempo la Banca centrale europea non è quella giusta, perché fiacca i consumi e riduce ancora di più il potere di acquisto. In questa fase è importante sostenere chi ha un mutuo a tasso variabile. Il taglio del cuneo fiscale va implementato e va reso strutturale. Inoltre il governo deve darci una mano nel rinnovo dei contratti, detassando gli aumenti. E’ vero che questo comporterebbe un mancato gettito per le casse erariali, ma stando così le cose, in assenza dei rinnovi, non c’è comunque nessun versamento. In questo momento i margini di manovra per le aziende sono molto limitati, e questo le limita nel mettere maggiori denari nei rinnovi.
Lei è originari dell’Emilia-Romagna. Li ha le sue attività. Oggi com’è la situazione? Ritiene che i fondi stanziati dal governo siano sufficienti? La convince la scelta del generale Figliuolo ricoprire il ruolo di commissario per la ricostruzione?
Le mie attività, pur avendo subito danni e trovandosi in zone duramente colpite come Ravenna, Cesena e Cattolica, si può dire che ne siano uscite illese da questo disastro. Altre, costruite successivamente, anche in posti dove non era consigliabile edificare, ne hanno risentito maggiormente. Sulla scelta del generale Figliuolo credo che sia una persona assolutamente competente. Lo si è visto anche durante il covid. Ugualmente se avessero nominato il governatore Bonaccini non avrei avuto nessun tipo di pregiudiziale. Per quanto riguarda una valutazione se i fondi stanziati siano sufficienti o meno è ancora troppo presto per farla. Sicuramente si dovranno stanziare nuove risorse con il tempo. Quello che posso dire è che, a differenza dell’emergenza pandemica per fare un esempio, c’è stato un sistema molto meno burocratico che si è messo in moto automaticamente. Le sospensioni dei mutui o delle bollette sono partite subito, senza nessun intoppo, e ci si doveva unicamente attivare se non si voleva accedere alla moratoria. Questo è stato sicuramente un bel segnale.
Tommaso Nutarelli