Per la prima volta nella storia, i sindacati festeggeranno il Primo maggio con uno sciopero. Un bel paradosso, certo. Ma è la conseguenza diretta della polemica che oppone da giorni Cgil Cisl e Uil ai sindaci delle grandi città, in particolare Firenze, Milano e Roma. Sindaci di destra, quindi, come Letizia Moratti e Gianni Alemanno, ma anche di sinistra, come Matteo Renzi. Il casus belli’ è la decisione dei primi cittadini di tenere aperti i negozi dei centri storici anche nel giorno della festa dei lavoratori. Che c’è di male? Tutto, secondo i sindacati. Che infatti hanno reagito, appunto, proclamando lo sciopero. Vedremo come andrà. Intanto, però, è il caso di fare qualche riflessione. Molte categorie di lavoratori, da sempre, sono attivi anche nei giorni delle feste comandate, che siano laiche o religiose. Vigili del fuoco, forze dell’ordine, giornalisti, medici e personale ospedaliero, addetti ai trasporti pubblici, tassisti, ristoratori, cuochi, camerieri, operai degli impianti a ciclo continuo nella chimica e nella siderurgia, ecc. La Cgia di Mestre ha calcolato che sono almeno 3 milioni. C’e’ una larga fetta d’Italia, dunque, che non si ferma mai: perché dovrebbero invece fermarsi i commercianti? Forse il loro primo maggio è più primo maggio di quello altrui?
Un ragionamento analogo deve averlo fatto Matteo Renzi, che ha attaccato con estrema durezza Cgil, Cisl e Uil: «Se i sindacati di Firenze hanno voglia di fare un ragionamento con noi sul futuro della città sono i benvenuti» – ha detto- ma l’idea che i sindacati si permettano di continuare a governare le aziende di questa città è finita». «Si sappia – ha ribadito – che i professionisti del permesso sindacale se vogliono ragionare e discutere con il Comune lo fanno; se vogliono invece governare le aziende di questa città o comprano le aziende o si fanno eleggere sindaci e prendono i voti, cosa che solitamente i sindacalisti che vanno in politica prendono raramente».
Sergio Chiamparino, sindaco uscente di Torino e presidente dell’Anci, preoccupato da uno scontro a sinistra, ha provato a smorzare le polemiche: ‘’Rivolgo un appello al confronto in extremis a sindaci e sindacati perchè trovino un accordo”. Chiamparino ha aggiunto che ‘’Le città devono essere quanto più possibile aperte per andare incontro al turismo e al mutamento degli stili di vita delle famiglie e dei consumatori e per evitare il rischio di svuotamento. Le feste che per ragioni civili o religiose hanno un valore simbolico e pratico per le famiglie devono essere preservate da questo principio di apertura continuativo. Ci sono, infine, eventi non programmabili o non ripetibili che richiedono la necessità di attuare delle deroghe con una logica di confronto, di partecipazione e di accordo territoriale”. Appello parzialmente accolto dal presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, che pur ribadendo ‘’Ci sono feste che per il loro significato identitario è bene non toccare: queste feste sono Natale, Pasqua, il primo maggio e il 25 aprile”, ha annunciato la presentazione di una proposta di legge regionale per regolamentare il lavoro nei giorni festivi, che dovrebbe avvenire la prossima settimana. Ma si trattera’ di una legge che, appunto, stabilirà paletti invalicabili, anche per evitare il dumping tra i Comuni: ‘’la cosa peggiore, per un sindaco, è avere il comune accanto che decide l’apertura. Se invece le regole valgono per tutti, non danneggiano neppure la grande distribuzione”. Concorda Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl: ‘’Il Primo Maggio è sacro. Bisogna fare una distinzione fra riposo, a cui si può anche rinunciare dietro compenso, e la celebrazione della festa.Finora – ha aggiunto – per fare questa scelta i sindaci non ne hanno discusso con nessuno. E la vicenda è esplosa in maniera inattesa. Ma adesso basta con queste polemiche, è arrivato il momento di sederci insieme agli amministratori pubblici per stilare un calendario delle aperture e chiusure dei negozi».
Nunzia Penelope