Allarme, allarme, gli italiani non fanno figli. Verrebbe da dire e chi se ne frega se non suonasse antipatico, tuttavia è esattamente così. Chi sono gli italiani, cosa hanno in comune un valdostano e un siciliano, un friulano e un calabrese al di là del passaporto? Neanche la lingua li unisce, infatti se ognuno parla la sua non si capiscono, tantomeno il cibo: se proponi a un milanese un piatto di peperoni cruschi, lui ti guarda attonito. Invece un lucano sa perfettamente cosa sono e se li mangia spesso. Potremmo fare altre decine di esempi, ma ci siamo capiti. Tanto per introdurre il tema di cui ha parlato con la sua consueta delicatezza il ministro Lollobrigida, quando ha paventato la sostituzione etnica tra noi italiani e gli immigrati che arrivano nel nostro Paese.
Possibile che dopo settant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale (6 milioni di ebrei morti, per non contare i gli zingari, gli omosessuali eccetera), dopo più di trenta dal conflitto nei Balcani in cui si sono massacrati in nome delle etnie (anche se la ragione vera era il possesso del territorio), qui da noi si ricomincia a parlare di etnie, ad avere paura che esseri umani venuti da altre parti del mondo prendano via via il nostro posto? Nostro di chi, poi? Chi ha deciso che gli italiani possiamo essere solo noi? Noi chi poi? Da quante generazioni uno deve essere italiano per essere italiano? Di che colore deve avere la pelle e gli occhi e i capelli devono essere lisci o crespi?
Insomma, si può nascere italiani o anche diventarlo, si può andare nelle nostre scuole anche se si è arrivati vivi per miracolo su un barcone, si può– si potrebbe, purtroppo – ottenere l’agognata cittadinanza italiana nascendo sul nostro territorio. Si può imparare la nostra lingua anche se si è nerissimi o giallissimi di carnagione. E si possono fare figli che saranno – dovrebbero essere – italiani come noi. Come succede da secoli in altri paesi occidentali, basti pensare agli Stati Uniti e non solo. E allora non ci sarebbe alcuna sostituzione etnica, bensì un suo virtuoso allargamento, bianchi e neri you can find out more , gialli e rossi, scuri e chiari, che hanno culture diverse e magari anche diverse visioni del mondo possono essere tutti italiani. Che però dovrebbero poter vivere e lavorare (come già fanno oggi, ovviamente sfruttati e sottopagati) nello stesso Paese, senza distinzioni di alcun genere.
A meno che il ministro di Fratelli d’Italia non volesse parlare di etnia bensì di razza, ma quel punto sarebbe caduto nel razzismo più becero. E sarebbe finito nel pozzo nero della razza ariana di hitleriana memoria. Evocando magari quella pulizia etnica in nome della quale sono stati versati fiumi di sangue in Jugoslavia negli anni Novanta. C’è poco da fare, la cultura (chiamiamola così per carità di patria) di chi oggi governa gli italiani è quella del cognato di Giorgia Meloni e di tutti i suoi fratelli, cugini, e parenti più o meno stretti. Ai quali va ricordata la risposta che Albert Einstein dette alla frontiera degli Stati uniti quando gli chiesero di che razza fosse. Disse così: “Razza umana”.
Riccardo Barenghi