Il VII rapporto sulla sanità realizzato dal Censis e dalla compagnia assicurativa Rbm lancia l’allarme sulla tenuta della sanità pubblica che nel 2016 ha “espulso” oltre 13,5 milioni di persone. In particolare, oltre un italiano su quattro (il 22,3%) non riesce a far fronte alle spese sanitarie che deve sostenere di tasca propria per cure necessarie. Una percentuale salita vertiginosamente, considerando che nel 2006 era appena il 7,8%.
Il rapporto, presentato in occasione del Welfare day, evidenzia che circa 9 milioni gli italiani hanno dovuto rinunciare alle cure per motivi economici e sui 13,5 milioni di “espulsi”, i 2/3 sono affetti da malattie croniche, a basso reddito, le donne e i non autosufficienti.
Quasi 8 milioni di italiani hanno dovuto utilizzare per le proprie spese sanitarie tutti i propri risparmi e/o indebitarsi con parenti, amici o presso banche e istituti di credito vari. E 1,8 milioni di persone sono entrate per curarsi nell’area della povertà, ovvero sono diventati dei “salute impoveriti”.
Solo il 20% degli italiani riesce a tutelarsi da questa situazione sempre più difficile attraverso una polizza sanitaria integrativa, prevista dal proprio contratto di lavoro o dalla propria azienda o stipulata individualmente, rispetto alla quasi totalità dei francesi (circa il 97,5%) e a più di un terzo dei tedeschi (oltre il 33%).
Il consigliere delegato di Rbm Assicurazione Salute, Marco Vecchietti., sottolinea dunque il rischio crack in cui incorre la sanità pubblica, con un buco dai 20 ai 30 miliardi di euro “per garantire il mantenimento degli attuali standard assistenziali da parte del sistema sanitario del nostro paese”.
I soldi necessari “potrebbero essere recuperati rendendo obbligatoria la sanità integrativa per tutti i cittadini”, come già accaduto in Francia. “Sanità deve essere sinonimo di inclusione ed equità, non serve continuare a difendere un universalismo di facciata dietro al quale si celano profonde diseguaglianze e livelli decrescenti di assistenza”.
Pertanto, per Vecchietti è fondamentale porre al centro dell’agenda politica un “robusto tagliando” al nostro Sistema Sanitario che intervenga strutturalmente sul tema del finanziamento e della qualità delle cure, per recuperarne le “quote di universalismo perdute” e ripristinarne la capacità redistributiva.”
Rbm lancia un appello al premier Gentiloni e al ministro Lorenzin affinché pubblico e privato lavorino insieme per una sanità più equa e inclusiva, presentando già presentato due progetti.
Il primo riguarda la costruzione di un secondo pilastro sanitario complementare per tutti i cittadini (modello francese), che evitando di far pagare di tasca propria le cure a 36 milioni di italiani intermedi collettivamente la spesa sanitaria privata garantendo al sistema sanitario la disponibilità di 22 miliardi di euro/annui aggiuntivi ed un contenimento della spesa sanitaria privata da 8,7 miliardi di euro a 4,3 miliardi annui.
L’altro progetto riguarda l’esternalizzazione di alcune assistenze (opting out, modello tedesco) che invece di accettare passivamente la rinuncia alle cure da parte di 13,5 milioni di italiani (di cui 2/3 a basso reddito) promuova un’assunzione di responsabilità per i cittadini con redditi più alti (15 milioni di cittadini) mediante l’assicurazione privata della totalità delle loro cure sanitarie con un risparmio previsto di spesa sanitaria pubblica dai 18,5 miliardi di euro a 3,1 miliardi annui da investire a favore dei cittadini più bisognosi (economicamente ed a livello di salute).