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Home - Notizie del giorno - Risposta a emergenza divide ministri Esteri europei

Risposta a emergenza divide ministri Esteri europei

4 Settembre 2015
in Notizie del giorno

L’emergenza immigrati – che sarebbe più appropriato chiamare emergenza rifugiati – sarà al centro dell’incontro informale dei ministri degli Esteri dell’Ue che si svolge oggi e sabato a Lussemburgo. Sul tavolo, i ministri degli Esteri avranno il “non paper” con cui i colleghi di Francia, Italia e Germania hanno sollecitato dall’Alto Rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune dell’Ue, Federica Mogherini (che presiede il Consiglio Esteri), iniziative per una politica dell’asilo più “efficace” e più integrata a livello europeo e per una politica esterna comune, al fine di rispondere alla “sfida senza precedenti” creata dai flussi migratori in atto verso l’Europa.

Ieri sono intervenuti direttamente gli stessi leader di Francia e Germania. Angela Merkel ha sottolineato che “coloro che hanno bisogno di protezione devono riceverla”, ma che “occorre un sistema vincolante di quote (di redistribuzione dei rifugiati, ndr) all’interno dell’Unione europea, secondo un sistema di solidarietà”, mentre Francoise Hollande ha annunciato “proposte comuni per organizzare l’accoglienza dei rifugiati e una equa ripartizione in Europa”, precisando che comunque per i migranti irregolari che si muovono per motivi economici e non hanno diritto alla protezione internazionale dovrà essere “assicurato il ritorno nei paesi d’origine”.

Secondo indiscrezioni non confermate ufficialmente da Bruxelles, intanto, la Commissione europea si accinge a proporre di ricollocare fra i Paesi membri altri 120.000 rifugiati arrivati in Italia, Grecia e Ungheria, in aggiunta ai 40.000 già previsti da una prima proposta di ripartizione temporanea che era stata varata a maggio, e che riguardava solo Italia e Grecia. Di quei 40.000 rifugiati della prima proposta, finora gli Stati membri sono riusciti a ricollocarne solo 32.000, visto il rifiuto di alcuni governi (soprattutto fra i paesi dell’Europa centro orientale) di accettare i criteri di ripartizione presentati da Bruxelles.

La nuova proposta sarà probabilmente approvata dal collegio dei commissari martedì prossimo e annunciata dal presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, durante il suo primo discorso su “lo stato dell’Unione”, che pronuncerà a Strasburgo, davanti alla plenaria del Parlamento europeo, mercoledì 9 settembre.

L’elemento cruciale della proposta della Commissione, comunque, non sarà la cifra riguardante i nuovi rifugiati “ricollocati” (120.000, di cui 54.000 dalla sola Ungheria), ma la “relocation”, il meccanismo di ripartizione permanente e non più temporaneo, basato su alcuni criteri oggettivi, che verrebbe attivato automaticamente in caso di afflusso massiccio in uno o più Stati membri.

E’ una logica da “politica comune”, in cui Bruxelles mantiene l’iniziativa (anche di sanzionare i paesi inadempienti), le decisioni sono prese a maggioranza qualificata in Consiglio Ue, e nessuno Stato ha diritto di veto; una logica che i grandi paesi dell’Ue ora accettano (come dimostrano il “non paper” e le dichiarazioni franco tedesche di oggi), ma che non piace affatto ai paesi dell’Est, contrari a rinunciare alle prerogative nazionali in questo come in altri campi. Il premier ungherese, Victor Orban, oggi a Bruxelles ha affermato, ad esempio, che l’emergenza rifugiati è un problema “tedesco e non europeo”, e ha insistito sul fatto che secondo lui la “relocation” costituirebbe un fattore d’attrazione per i rifugiati verso i paesi Ue.

La riunione straordinaria dei quattro capi di governo del gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica ceca) che si terrà a Praga potrebbe rafforzare questo atteggiamento ostile nei confronti delle iniziative della Commissione e del metodo comunitario, oppure ammorbidirlo in vista del fatto che dalla nuova proposta di Bruxelles almeno uno dei quattro Paesi, l’Ungheria, avrebbe molto da guadagnare.

Un’altra indiscrezione non confermata riguarda comunque la possibilità che la Commissione proponga una sorta di “opt out” dal meccanismo della “relocation” anche per gli Stati membri che – a differenza di Danimarca, Irlanda e Regno Unito – non hanno nel Trattato Ue una clausola che li escluda dalle politiche comuni sull’Immigrazione e gli Affari interni. In questo caso, comunque, secondo le indiscrezioni, lo Stato membro reticente sarebbe sanzionato economicamente.

Oltre al meccanismo permanente per la “relocation” dei rifugiati, la Commissione proporrà un altro strumento importante per armonizzare la politica dell’asilo: una lista comune dei Paesi considerati “sicuri” per il rimpatrio dei migranti irregolari “economici”. Finora, ogni Paese Ue ha una lista diversa, e può succedere che un immigrato venga rimpatriato da uno Stato membro in un paese che un altro Stato membro considererebbe non sicuro per i diritti umani e l’incolumità degli individui rimpatriati.

Le proposte che la Commissione presenterà a Strasburgo la settimana prossima saranno esaminate nella cruciale riunione dei ministri dell’Interno dell’Ue, che si terrà il 14 settembre a Bruxelles.

redazione

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