Abbiamo ancora tutti nel cuore il volto e le parole del cardinale Matteo Zuppi, a Monte Sole nell’evocare, ad uno ad uno, le migliaia di nomi di bambini e bambine, israeliani e palestinesi, uccisi, massacrati, dal 7 ottobre ad oggi.
Anche quest’anno una calda estate ha accompagnato chi si è incamminato verso Monte Sole, verso il luogo dell’eccidio nazista delle comunità martiri del Setta e del Reno, ripercorrendo sentieri che sono insieme dolore e memoria, ricerca di pace e di fede.
I tragici eventi avvenuti, alla fine di settembre del 1944, presso la chiesa e il cimitero di Casaglia, l’asilo di Ceprano e i luoghi limitrofi colpiscono per la ferocia cieca che trucidò, tra le vittime, centinaia di donne e bambini inermi, anche piccolissimi. Vi trovò la morte, ai piedi dell’altare, anche Don Ubaldo Marchioni, il sacerdote della comunità, tanto che la pisside che aveva con sé nel giorno dell’eccidio, forata dai proiettili e ritrovata decenni dopo, è divenuta uno dei simboli di questi luoghi e di quei terribili giorni.
È questo il territorio in cui, nei primi ottanta, Don Giuseppe Dossetti, in accordo con la diocesi di Bologna, insediò la comunità di monaci e monache da lui guidata: la Piccola Famiglia dell’Annunziata. Una comunità di fede e resistenza, che lanciasse un segnale di pace laddove la furia omicida nazista aveva operato la “negazione radicale di ogni umanità” e che Dossetti scelse di abitare attraverso la vita nella preghiera, in mezzo a querce che, come scrisse don Luciano Gherardi “si piegano come salici nel cuore delle rocce”.
Ritornare a Monte Sole, camminare in questi luoghi, incontrare monaci e monache che continuano la sua opera significa ritornare all’autentico Dossetti. Torna alla mente una sua frase: «˘Io sono convinto che devo seminare e non mietere, non preoccuparmi del risultato né di mietere – vivere di fede.» Ma, come ci ha ricordato Giovanni Bianchi, nello scritto realizzato con Pino Trotta, intitolato: “Dossettiana”: nell’introduzione al libro “Le querce di Montesole”, Dossetti afferma anche altro: “Piuttosto che tacere tutti, occorre che qualcuno si assuma l’iniziativa – non per velleità di protagonismo, ma con cuore umile e mosso solo dalla parresia evangelica, di professare pubblicamente la legge evangelica dell’amore e del rispetto dovuto ad ogni uomo”.
La parola di Dio e la Storia dovevano, per don Giuseppe, poter convivere in un rapporto dinamico. Dossetti, pochi mesi prima di morire, in una breve meditazione rivolta ai preti di Foggia invitava a leggere ogni giorno una pagina del Vangelo e una pagina della Storia.
In questa sintesi la coscienza cristiana si forma e trova gli elementi fondamentali non per riaggregarsi in termini meramente organizzativi, ma ritrova i contenuti e le piste di ricerca per dare una risposta ai problemi che sono sul tappeto.
Nel discorso pronunciato a Pordenone, nel 1994, Dossetti passava in rassegna questioni su cui si continua a dibattere: dall’omosessualità, alle coppie di fatto, al fine vita. Non dava soluzioni ma diceva che ci si deve impegnare a cercare una luce cristiana su questi temi sempre più presenti. Dossetti non prospettava l’affermarsi di un pensiero cristiano in termini egemonici, ma la necessità di elaborare un pensiero teologico all’altezza dei problemi e delle esigenze della fede, tornando alle fonti della salvezza, anche attraverso lo sganciamento dai poteri che lo hanno sorretto fino ad ora. Solo così – per Dossetti – si sarebbero potute trovare risposte veramente adeguate e convincenti, non semplicemente la mera applicazione di una dottrina.
Il suo apporto alla Costituente rimane un punto di riferimento che può rivestire ancora una grande attualità. Parlando ai giovani modenesi nel 1993 Dossetti arriva ad affermare: “Se fallisce il Vangelo, c’è la Costituzione”. Nella Costituzione la sua generazione ha compiuto lo sforzo di porre un sistema di valori, un sistema di relazioni che effettivamente potessero favorire, la crescita di una dimensione politica di democrazia compiuta, adottando un metodo di lavoro plurale e condiviso che potesse accompagnare anche le generazioni successive. Tutto ciò rimane di grande attualità oggi, in una società sempre più segnata da approcci lontani dalla fede cristiana: è un sentiero su cui ripensare la possibilità di ricostruire un tessuto sociale capace di aggregare le persone e di chiamarle ad un impegno comune.
Non va dimenticato il celebre discorso di Dossetti, in memoria di Lazzati: “Sentinella cosa resta della notte?”. In quel discorso il monaco reggiano insiste sul ritorno all’interiorità. Ciò che serve oggi nella vita cristiana (e non solo quella!) per Dossetti, è la vita vissuta a partire dalla spiritualità per incontrare la società ed uscire dal degrado. Occorre anche un “lavoro politico” per ritrovare le motivazioni, i valori che permettono una vita civile nella polis. Non va dimenticata l’attenzione, sempre forte in particolare nell’ultimo Dossetti, alla condivisione e alla solidarietà, all’unità tra Nord e Sud del paese e del mondo, contro ogni individualismo razzista o economico.
C’è poi il tema, sviluppato nella conversazione con la redazione della rivista “Bailamme”, della formazione e del ruolo dei giovani. Nell’intervista egli invitava a: “raccogliere delle giovani menti che si pongano il problema di come si devono affrontare le grandi questioni sociali e i conflitti in società plurali e multireligiose come quelle di oggi.” Dossetti non credeva in una politica che escludesse i giovani e che non affrontasse i tempi nuovi, proseguendo solo per inerzia, pur in fasi di grande cambiamento. Un messaggio, quello di Dossetti, al di là delle letture caricaturali che ne sono state fatte in cattiva fede, assolutamente non integralista, nè nostalgico.
Quando il monaco reggiano “ruppe” il suo lunghissimo silenzio pubblico, ci trovavamo in un momento storico della vita civile e politica del Paese (l’ascesa di Silvio Berlusconi, il progetto di stravolgimento della Costituzione) rispetto al quale si sentiva che don Giuseppe poteva avere, proprio per sua esperienza e testimonianza personale, una parola importante da dire.
Il suo messaggio di fedeltà e di corretta interpretazione della Costituzione, va ricordato, non gli impedì, si pensi al discorso pronunciato presso l’Università di Parma nel 1995, di indicare anche vie di riforma rispetto al testo costituzionale.
Non va dimenticato, su questi temi, un prezioso contributo, nel 1994 pubblicato da Edizioni Lavoro, la casa editrice della Cisl: la raccolta degli interventi sulla Costituzione, intitolata: “Giuseppe Dossetti. La Costituzione, le radici, i valori, le riforme“.
Allargando lo sguardo: il vero fulcro per Dossetti è stato quello di porre realmente al centro l’unità della famiglia del genere umano, un grande valore rispetto al quale tutte le singole posizioni devono rapportarsi. Un orizzonte ancora lungo da percorrere, ma in cui lui credeva intensamente ricercando, nella vita quotidiana, le basi interiori più profonde per raggiungerlo.
Scriveva sempre Giovanni Bianchi, in un testo intitolato: “Perchè tornare a Dossetti?” che vi è un aspetto notturno della politica, dove al posto delle risposte campeggiano gli interrogativi. Elie Wiesel ci ha insegnato che nessuna risposta può contenere la densità di un serio interrogativo.
Non possiamo, però, dimenticare un ultimo punto: il “laburismo” di Dossetti. È merito di Vincenzo Saba aver rilanciato, ormai trenta anni fa, il discorso su “quella specie di laburismo cristiano” della triade Dossetti, Pastore, Romani. È una miniera che, pur essendo a cielo aperto, appare poco frequentata, quasi dimenticata, anche nella Cisl. Non da ora. Il laburismo laicamente cristiano di Dossetti, Pastore, Romani, è un filone fondamentale del riformismo italiano oltre che del cattolicesimo democratico e sociale.
Ma la Cisl è stata dossettiana nelle sue origini? È una domanda che Vincenzo Saba, ma primo di lui penso anche Pippo Morelli, si è posto. Una domanda che acquista nuovo senso e importanza se si ricongiungono Dossetti, Romani e Pastore, spesso studiati separatamente l’uno nell’ambito politico, gli altri in quello sindacale. L’esistenza di questo legame non è quindi nascosto, è alla luce del sole.
Pensiamo, ci ricorda sempre Giovanni Bianchi, al primo novembre del 1946, al convegno di Civitas humana cui partecipano Dossetti, Fanfani, La Pira e Lazzati insieme a Giulio Pastore e a Mario Romani, insieme ad Ermanno Gorrieri.
Inizierà, poi, la pubblicazione di Cronache Sociali, con l’assunzione, da parte di Pastore, della posizione di massimo responsabile della corrente sindacale cristiana. Il punto programmatico, non sempre concorde con De Gasperi, è quello di non separare la difesa della libertà dalle riforme sociali, lo Stato di Diritto dallo Stato Sociale. Sta qui, poi la battaglia, importante, per l’autonomia della nascente Cisl dalla Democrazia Cristiana. Sta qui la collaborazione tra Dossetti, Romani e Pastore che si sviluppa in un’ultima uscita pubblica nel novembre del 1951 in un Convegno di Studi a cura dell’Unione giuristi cattolici italiani che si svolge a Roma. Dossetti pronuncia un discorso, scritto insieme a Mario Romani, su: “Funzioni e ordinamenti dello Stato moderno”. L’obiettivo, ricorda ancora l’ex Presidente nazionale delle Acli Giovanni Bianchi, è quello di adeguare, in una prospettiva laburista e aconfessionale, la cultura, l’azione politica e l’azione sindacale dei cattolici italiani, alle esigenze di radicali trasformazioni. Un compito da realizzare col contributo determinante delle forze del lavoro. Contributo che, scriverà Romani, “destinato a fruttificare anche a distanza di tempo”.
È un lascito enorme quello scaturito dal rapporto tra Dossetti, Pastore e Romani. Un filo conduttore che, passando dalla fondazione della Cisl, ci riporta, inesorabilmente, a Monte Sole. Perchè le forze del lavoro, come diceva spesso Giulio Pastore, sono forze di Pace.
Proprio per questo soprattutto la Cisl, in nessun ambito e senza farne un moloch indiscutibile, non solo non deve, ma non può dimenticare la lezione, il contributo, l’essere fonte inesauribile di Giuseppe Dossetti.
Sia il momento di difendere la Costituzione da un’autonomia differenziata o da un premierato totalmente malscritti o di promuovere i valori della riconciliazione, della Pace e della nonviolenza di fronte ai conflitti sfrangianti e spietati del nostro tempo.
Francesco Lauria



























