Nei prossimi quattro anni (2017-2020) l’export italiano crescerà a un tasso medio annuo del 4%, un netto cambio di passo rispetto alla performance del quadriennio precedente (+1,7%). È il quadro delineato da “Export Unchained. Dove la crescita attende il Made in Italy”, l’ultimo rapporto annuale sull’export di Sace (Gruppo Cep), presentato oggi nella sede di Borsa Italiana.
Almeno per l’anno in corso, tuttavia, il rallentamento degli scambi e le spinte protezionistiche saranno temi attuali per quasi tutti i settori industriali a livello globale, a fronte dei quali le imprese dovranno diventare più attente e selettive nella scelta delle destinazioni per l’export e gli investimenti, includendo i rischi politici e normativi come elementi primari dei propri piani strategici.
Quella che si apre per Sace è comunque una fase molto più favorevole della precedente per le esportazioni italiane di beni.
Complice la ripresa degli investimenti in alcuni mercati emergenti, la neutralizzazione del ciclo avverso del petrolio e il deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro, il nostro export si prepara dunque a un cambio di marcia sostanziale, mettendo a segno, dopo la performance moderata del 2016 (+1,2%), una crescita a un tasso medio del 4% nei prossimi quattro anni, fino a raggiungere nel 2020 il valore di 489 miliardi di euro. Di pari passo, aumenterà l’incidenza dell’export di beni e servizi sul Pil, che, già salita dal 25,8% del 2010 al 30,4% del 2016, arriverà al 32,4% entro il 2020.
Per l’anno in corso, i tradizionali mercati europei, nordamericani e asiatici contribuiranno in modo significativo alla crescita dell’export italiano. La performance migliore è attesa per il Nord America (+4,9%), trainato dagli Stati Uniti e seguito dall’Asia (+4,6%), dove Cina, India e Indonesia, garantiranno ottime opportunità alle nostre imprese esportatrici.Positive le prospettive per il nostro export anche nell’ Europa avanzata (3,4%) ed emergente (2,9%); cresceranno le vendite di prodotti italiani anche in Medio Oriente e Nord Africa (2,1%) e America Latina (1,6%), nonostante le difficoltà dell’ultimo anno.Le criticità di diversi Paesi africani, invece, non consentiranno di andare oltre una stabilizzazione delle nostre vendite nell’area subsahariana (-0,4%), con alcune economie in controtendenza.
Sace ha identificato 15 geografie ad alto potenziale per le esportazioni e gli investimenti italiani: una selezione di mercati target, sia emergenti sia avanzati, che ha intercettato complessivamente 85 miliardi di euro di vendite italiane nel 2016 (pari al 20% dell’export complessivo) e che potrà intercettarne oltre 100 nel 2020, in virtù della crescente domanda di beni proveniente da questi Paesi (+5,7% medio annuo nei prossimi quattro anni). Le 15 geografie sono: Arabia Saudita, Brasile, Cina, Emirati Arabi Uniti, India, Indonesia, Kenya, Messico, Perù, Qatar, Repubblica Ceca, Russia, Stati Uniti, Sudafrica e Vietnam.
“Nonostante gli allarmi circa le limitazioni al commercio e la persistente incertezza, le opportunità offerte dall’interscambio globale non sono affatto destinate a perdere d’attualità” ha dichiarato il presidente di Sace, Beniamino Quintieri. “Le imprese che si doteranno di una chiara strategia sulle destinazioni da privilegiare e di adeguati strumenti per valutare rischi e opportunità, potranno cogliere al meglio il potenziale che si profila all’orizzonte” ha aggiunto.
“Non ci stiamo avviando verso la fine della globalizzazione, ma piuttosto verso una sua nuova fase – ha spiegato Roberta Marracino, direttore area studi e comunicazione di Sace -. Una fase ancora più interconnessa, in cui alcuni mercati si chiudono ma molti si aprono, spostando il baricentro della competizione globale dai singoli Stati alle Global Value Chain. Una fase in cui, accanto all’interscambio di merci, anche quello di servizi, progetti e idee assumerà un ruolo sempre più preponderante, e l’export si confermerà un fattore imprescindibile di crescita per l’Italia”.