Una vertenza che ha sempre visto il fronte sindacale compatto, capace di coinvolgere la politica locale, le istituzioni religiose, con il cardinale Sepe, e la cultura, con Roberto Saviano. Elementi che per Giovanni Sgambati, segretario generale della Uil Campania, fanno della vicenda Whirlpool un simbolo. Per il leader sindacale un disimpegno della multinazionale americana avrebbe conseguenze nefaste per un tessuto economico e sociale già fortemente provato. Inoltre, spiega Sgambati, ci sono tutti gli elementi per migliorare una produzione già altamente efficiente e produttiva
Sgambati, ieri c’è stato un grande evento su Facebook per la vertenza Whirlpool, apertasi un anno fa. Come è andato?
È andato molto bene, nonostante la novità organizzativa imposta dal momento. Riuscire a costruire un evento su Facebook, con un così alto numero di adesioni e partecipazione, vuol dire che l’intera vicenda non è semplicemente riconducibile a una lotta dei lavoratori per preservare la propria occupazione.
In che modo?
Quella di Whirlpool è una vertenza simbolo. È passato un anno da quando l’azienda ha comunicato la volontà di chiudere lo stabilimento di Napoli. Una decisione che oggi, più che mai, potrebbe avere conseguenze nefaste e alimentare un clima di disagio crescente. Il rischio di fratture sociali irreparabili e ampliare il divario tra Nord e Sud è più concreto che mai.
Purtroppo la realtà di Napoli non è così facile.
È assolutamente vero. Stiamo parlando di un tessuto economico e sociale fortemente provato, che di certo non potrebbe sopportare una vertenza come questa. Il lavoro è anche un grande baluardo con l’illegalità, che si alimenta delle tensioni sociali.
Questa vertenza ha sempre mobilitato molte energie, provenienti non solo dal sindacato.
Nella vicenda Whirlpool c’è sempre stata una forte unità da parte del sindacato, e non è cosa da poco. Ma c’è stata anche una grande vicinanza da parte della politica regionale, così come anche delle istituzioni religiose e dal mondo della cultura.
Mi pare di capire che il grande assente sia il governo.
Purtroppo sì. Questo è un tasto dolente. Da tempo chiediamo che il governo riapra il tavolo di confronto con l’azienda. Ma l’atteggiamento dell’esecutivo desta preoccupazione anche per altre vicende, come Jabil. Se la multinazionale riuscisse a forzare il blocco dei licenziamenti, si aprirebbero scenari pericolosi anche per altre vertenze.
Avete sempre sottolineato la mancanza di dialogo con l’azienda, è cambiato qualcosa?
No. L’azienda ha confermato la sua volontà di chiudere lo stabilimento di Napoli il prossimo 31 ottobre.
Il piano industriale della svizzera Prs che fine ha fatto?
È svanito, perché sin dall’inizio era un piano inattendibile e inaffidabile.
Quali sono le prospettive?
Noi non demordiamo, e continueremo nella nostra lotta. La decisione di Whirlpool di abbandonare Napoli continua a essere del tutto illogica. Stiamo infatti parlando di una realtà efficiente e con alti livelli produttivi. Inoltre, mai come in questo momento, c’è una quantità ingente di risorse. I 20 milioni messi sul piatto dalla regione, i soldi destinati alle aree di crisi complessa. La vicinanza al polo universitario di San Giovanni, dove ci sono sedi della Apple e della Cisco, potrebbe dare la possibilità di una sinergia con il modo informatico. Insomma ci sono tutti gli elementi per dare il via a una produzione ecosostenibile e che guarda al mondo delle tecnologie. Ma Whirlpool sembra non tenerne conto.
Tommaso Nutarelli