Promuovere un quadro normativo stabile, competitivo e trasparente, sostenere gli investimenti nella connettività avanzata e nella digitalizzazione, rivedere i criteri di assegnazione dello spettro in un’ottica non onerosa e sostenibile, promuovere interventi normativi e regolamentari che riconoscano il ruolo strategico delle imprese della filiera ad alta intensità energetica, accompagnare la trasformazione del settore dei call center, messo in crisi dall’esplosione dei canali digitali e self-service e mettere in atto politiche industriali lungimiranti, strumenti di flessibilità moderni e percorsi di formazione continua, con la convinzione che il lavoro qualificato debba essere riconosciuto come elemento strategico di competitività e innovazione.
Sono queste le leve individuate da Asstel, la rappresentanza di Confindustria delle tlc, per il futuro del settore e presentate durante il Forum Nazionale delle Telecomunicazioni in Italia 2025 “L’urgenza di agire. Per costruire un’Italia più connessa, competitiva e innovativa”, al quale hanno partecipato i di categoria Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil e rappresentanti delle istituzioni, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione Tecnologica e Transizione Digitale, Alessio Butti e il sottosegretario al ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Claudio Durigon.
Analizzando l’andamento del settore, il 2024 ha visto una stabilità dei ricavi legati al retail, che si attestano a 22 miliardi di euro. Se a questi si sommano quelli del wholesale si arriva a 28 miliardi con un incremento di 800 milioni. Una dinamica che però è dovuta alla crescita della componente wholesale fissa, in seguito all’ingresso come operatore wholesale di FiberCop, che dopo lo scorporo ha incluso anche Tim nel portafoglio clienti.
Contemporaneamente si registra un aumento del 3% dei costi operativi, a causa dell’inflazione e della manutenzione della rete fissa, e una diminuzione del 4%, pari al 6,3 miliardi, degli investimenti privati, con un’incidenza del 23% sui ricavi totali degli operatori. Il calo degli investimenti tra il 2019 e il 2024, in un quadro contraddistinto dall’inflazione e da prezzi costanti, sarebbe del 26%. Tuttavia se a quelli privati si sommano quelli co-finanziati dai fondi pubblici il valore degli investimenti tocca i 7,7 miliardi, con un balzo di dieci punti percentuali, pari a 7 miliardi, sul 2023.
Continua il calo dei prezzi, come certificato dall’Osservatorio Agcom, che tra il 2023 e il 2024 sono calati del 5,6%, contro una media europea del 3%. Da dicembre 2015 a dicembre 2024 l’Italia mostra una diminuzione del -30%, la maggiore tra i principali paesi europei. Nei primi sei mesi del 2025 si conferma il trend negativo con un calo del -4,7%. I flussi di cassa degli operatori, inoltre, hanno visto una crescita dello 0,6% sul 2023. Se, invece, si considera l’intero valore degli investimenti sostenuti l’andamento dell’indicatore EBITDA-CAPEX risulterebbe in calo mostrando come, nonostante la crescita dei ricavi registrata nell’ultimo anno, l’intera marginalità degli operatori sia assorbita dagli investimenti.
Sul fronte dell’occupazione, le aziende dalla filiera denunciano il permanere di difficoltà nell’assumere per la mancanza di professionalità richieste sul mercato. Le competenze legate all’intelligenza artificiale, al machine learning, alla cybersecurity e data protection e ai big data & analytics sono le più difficile da reperire. In questo contesto la formazione assume un ruolo cruciale. Il 95% del personale degli operatori è stata coinvolto in attività di upskilling e reskilling e mediamente, nel corso del 2024, ciascuna persona interessata ha seguito circa 3,1 giornate di formazione.
Quello che chiedono gli attori della filiera è l’adozione di nuovi modelli di organizzazione del lavoro, capaci di rispondere alle sfide poste dalla trasformazione digitale del settore. Ciò implica non solo l’introduzione di approcci agili, collaborativi e digitali, ma anche un forte investimento nella formazione delle persone insieme alla promozione del ricambio generazionale.
“Non siamo qui oggi a parlare solo di telecomunicazioni, ma del futuro dell’economia italiana. Le scelte che verranno fatte sulla filiera Tlc, infatti, avranno un impatto diretto sul Pil e sulla competitività di questo paese. Senza le telecomunicazioni, in tutte le sue diverse componenti, non esisterebbe digitalizzazione. Ogni giorno milioni di persone si connettono, lavorano da remoto, guardano un film, ascoltano musica, fanno acquisti online, trasferiscono denaro o si rivolgono a un medico grazie alla telemedicina. Tutto questo accade perché esiste un’infrastruttura di rete che lo rende possibile”, ha dichiarato il presidente di Asstel, Pietro Labriola.
“Il nostro settore vive un paradosso: da un lato è percepito come ricco, dall’altro soffre di una crisi strutturale profonda. Negli ultimi dieci anni i ricavi sono diminuiti in modo costante mentre gli investimenti sono rimasti elevati e a costi del capitale crescenti. Dal 2019 al 2023, infatti, il costo del capitale per le Tlc nel nostro Paese è salito dal 7,3% all’8,1%. Questo ha quasi azzerato la capacità delle imprese di generare cassa, e oggi vediamo i primi segnali concreti di questa situazione, con un rallentamento degli investimenti privati. A pesare c’è anche l’esborso record per le frequenze 5G, il più alto in Europa, che ha drenato risorse fondamentali e ritardato lo sviluppo delle reti stand-alone, quelle davvero abilitanti per i servizi digitali di nuova generazione”, ha aggiunto ancora Labriola.
“Nel frattempo, l’ecosistema è cambiato radicalmente. Un tempo le telco europee detenevano il controllo delle infrastrutture fisiche, ma oggi gran parte del valore è nelle mani delle Big Tech. Hanno costruito modelli di business altamente redditizi senza investire direttamente nelle reti. Un rapporto che era simbiotico si è trasformato in un rapporto quasi parassitario. L’Europa deve reagire favorendo la nascita di champions europei nelle infrastrutture digitali critiche: connettività, cloud, data center, cybersecurity. Le telco possono e devono essere tra questi attori”, sostiene il presidente di Asstel.
Il contesto europeo delle tlc vede ricavi in calo significativo nell’ultimo decennio, e questo è spiegato, in gran parte, dalla numerosità di operatori che ha determinato prezzi decisamente più bassi. “In Italia le dinamiche negative sono state ancora più marcate. Siamo il paese con prezzi più bassi in Europa a fronte di consumi analoghi. Continuare così significa mettere a rischio non solo le imprese e i posti di lavoro, ma la digitalizzazione stessa . Non va dimenticato che le telecomunicazioni contribuiscono in modo determinante all’economia nazionale: tra il 2007 e il 2024 il settore ha garantito oltre 135 miliardi di euro di entrate fiscali allo stato. È un comparto che crea valore e sostiene la collettività. Per questo è fondamentale accompagnare la trasformazione delle imprese anche attraverso il rafforzamento delle competenze”.
“Il Forum 2025 – ha concluso Labriola – arriva in un momento cruciale. Il rinnovo del contratto nazionale delle tlc rappresenta un patto di sistema tra imprese e sindacati. Non è un semplice rinnovo contrattuale, ma un vero e proprio contratto di trasformazione, pensato per accompagnare la transizione digitale e per rafforzare la competitività dell’intera filiera. Un accordo che guarda oltre i confini del nostro settore, perché riguarda non solo le 200 mila persone che vi operano, ma la crescita digitale dell’Italia. È la prova che, anche in un mercato in difficoltà, le imprese vogliono fare la loro parte con responsabilità e visione di lungo periodo, in coerenza con le linee guida del governo”.
Anche il segretario generale della Slc-Cgil, Riccardo Saccone, ha ricordato nel suo intervento la recente firma del contratto. “Un rinnovo faticoso per il quale ci siamo battuti con fermezza. Ora si apra una fase nuova. Il settore ha bisogno urgente di interventi di politiche industriali e regolatorie da parte del governo. La transizione digitale del paese passa da qui e non può più essere tollerata la disattenzione ed il pressappochismo che hanno contraddistinto l’azione dei governi che si sono succeduti sino ad oggi”.
“Molto dipenderà però anche dalle scelte che le imprese faranno. La crisi dei ricavi non giustifica tutto. Si punti con decisione all’innovazione, a partire dalla valorizzazione delle professionalità presenti ed alla preparazione di quelle future, perché questo torni ad essere un settore che punta all’occupazione di qualità, a partire dalla parte più debole della filiera, i customer, combattendo insieme i contratti “pirata” e qualsiasi tentazione di scaricare sulla catena degli appalti i costi di scelte industriali sbagliate” ha precisato Saccone.
“Per la Fistel Cisl – ha spiegato il segretario generale Alessandro Faraoni – è arrivato il momento dei fatti e non più delle inutili parole. Da troppi anni al forum parliamo degli stessi argomenti è ora di un cambio di passo reale ed affrontare il cambiamento del nostro settore da attori protagonisti, avere il coraggio di pilotare con Asstel le sfide del futuro su intelligenza artificiale e digitalizzazione. Saper educare ed indirizzare le lavoratrici ed i lavoratori alle reali necessità della filiera”.
“Proprio il recente rinnovo contrattuale guarda al cambiamento con nuove figure professionali, con la formazione continua come aspetto fondante per le trasformazioni nelle nuove professionalità richieste, la flessibilità orizzontale e verticale a garanzia dell’occupabilità, l’ampliamento del perimetro di rappresentanza per cloud ed ict, il lavoro agile come strumento riconosciuto ed integrante dell’attività lavorativa, insomma il coraggio del cambiamento per un contratto che guarda con fiducia al futuro. Bisogna poi – ha aggiunto Faraoni – dare gambe al patto per lo sviluppo industriale della filiera ed insieme chiedere al governo e a tutte le parti politiche la giusta attenzione per un settore determinante per la digitalizzazione del paese Italia”.
“È certamente positivo essere giunti al rinnovo del contratto nazionale dopo quasi tre anni” afferma Salvo Ugliarolo, segretario generale della Uilcom-Uil, “tuttavia, siamo pienamente consapevoli che il settore necessita di interventi strutturali e concreti da parte delle istituzioni, indispensabili per superare una fase ormai prolungata di difficoltà che ha compromesso la sostenibilità dell’intera filiera. Si tratta di un comparto che, nonostante le profonde contraddizioni, continua ad avere bisogno di investimenti costanti per rimanere competitivo”.
“In questo quadro già complesso, incidono inoltre fattori esterni come il contesto internazionale, l’aumento dei costi energetici, la gestione delle frequenze e la forte pressione competitiva dovuta all’elevato numero di operatori presenti sul mercato. Elementi che, nel loro insieme, gravano ulteriormente sulla tenuta economica del settore delle telecomunicazioni. Particolarmente critica è la situazione dell’assistenza alla clientela: i call center continuano a rappresentare l’anello più esposto, anche a causa di che troppo spesso non considerano adeguatamente il costo del lavoro e che talvolta prevedono l’applicazione di contratti non comparabili con quello sottoscritto dalle principali organizzazioni sindacali del paese, a partire da quello delle telecomunicazioni”.
“Proprio per questo, ancora una volta, da questo Forum ribadiamo la necessità di avviare un confronto autentico tra governo, imprese e organizzazioni sindacali. È indispensabile intervenire in modo concreto sulle numerose anomalie che caratterizzano il settore, così da garantire un reale rilancio dell’intera filiera e valorizzare il lavoro delle persone che ogni giorno contribuiscono al funzionamento dei servizi di telecomunicazione. In questa prospettiva diventa fondamentale potenziare anche gli strumenti a supporto della trasformazione, come il contratto di espansione, per accompagnare i processi di riorganizzazione, sostenere la piena occupazione e favorire un’evoluzione equilibrata e sostenibile del settore” ha chiuso Ugliarolo.
























