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Home - Rubriche - Giochi di potere - Tra lotta armata e guerra mondiale

Tra lotta armata e guerra mondiale

di Riccardo Barenghi
11 Marzo 2022
in Giochi di potere
Una tassa sulle frasi fatte

Domanda da un milione di dollari: ma se tu fossi un giovane ucraino prenderesti le armi per combattere contro l’invasore russo, così come fecero i tuoi padri e i tuoi nonni contro in nazifascisti, ottant’anni fa?

Difficile mettersi nei panni di un ucraino, per di più giovane, ma facendo un grande sforzo di fantasia, risponderei di sì: non potrei tollerare di assistere senza reagire a un’occupazione del mio Paese da parte di una potenza straniera, che mi bombarda, uccide i miei parenti e i miei amici, distrugge la mia casa e la mia città, mi toglie il pane e la libertà i diritti più elementari, mi impedisce di vivere in democrazia. Poi certo, ci vuole coraggio, e non so se lo avrei, magari invece sì ché quello ti viene quando ti trovi nel momento cruciale, che ti costringe a tirare fuori tutto ciò che hai dentro, che fino ad allora non pensavi nemmeno di avere.

E se invece fossi un adulto italiano, uno che se non ha visto la seconda guerra mondiale l’ha comunque studiata, che ha ascoltato i racconti di chi quella guerra l’ha vissuta sulla propria pelle, e che addirittura ha scelto di andare in montagna con le armi, rischiando di venire ucciso (e molti di loro uccisi lo sono stati), che diresti? Quali consigli daresti al giovane ucraino pronto a combattere?

Vergognandomi un po’, comodamente seduto sul mio divano, guardando in televisione le scene dell’orrore che arrivano all’Ucraina, pronto a mangiare un pasto caldo, gli direi di non farlo. E non perché sono un pacifista integrale, ovvero uno che mai con le armi. Penso invece che in alcune occasioni, quando per esempio sei oppresso, quando una dittatura spietata non ti concede altra scelta, allora ribellarsi è giusto (Mao Tse Tung), costi quel che costi. Tuttavia, alla vecchiaia spesso si accompagna la saggezza: che suggerisce di evitare la lotta armata in Ucraina.

Perché, al contrario di quel che accadde negli anni quaranta, oggi non siamo nel mezzo di una guerra mondiale (sperando che non scoppi prossimamente) e non siamo di fronte nemmeno a un nuovo Hitler, che aveva in mente il predominio assoluto del mondo, o almeno di tutta l’Europa. Vladimir Putin non pensa di potersi allargare più di tanto, gli basterebbe riottenere il controllo di quelle Repubbliche che una volta facevano parte dell’Unione sovietica, o almeno costringerle a essere neutrali tra la Russia e l’Occidente. E’ poco? No, è moltissimo, ma non è la stessa cosa del Progetto hitleriano.

Inoltre, non essendoci appunto un conflitto mondiale, quindi non essendo per fortuna scoppiata la guerra tra la Russia e l’America e l’Europa, i giovani ucraini che prendessero le armi sarebbero soli contro il gigante di Mosca, nessuno li aiuterebbe sul campo di battaglia, tranne quelle poche e vecchie armi che stiamo mandando loro e che non serviranno a nulla se non a peggiorare la situazione.  I nostri partigiani, non avrebbero mai potuto vincere da soli contro le armate di Hitler, se non fossero stati aiutati (eccome) dagli Alleati. Dall’Armata rossa per esempio, che resistette agli assedi di Stalingrado e di Leningrado, subendo milioni di vittime ma costringendo i nazisti e gli italiani a una tragica ritirata in mezzo alla neve. Dagli americani e dagli inglesi che prima indebolirono i tedeschi in Nord Africa e poi sbarcarono in Italia e in Francia, bombardando le loro postazioni e le loro e nostre città. Anche qui i morti furono milioni, tuttavia l’esercito hitleriano venne sensibilmente ridotto nel corpo e nello spirito e i partigiani poterono combatterlo più facilmente. Ricevendo anche aiuti dal cielo che oggi nessuno manderebbe agli ucraini. Ma insomma, diciamocelo francamente: i partigiani da soli non avrebbero mai sconfitto i tedeschi, così come gli ucraini non potrebbero mai battere l’Armata russa.  E allora, che fare? (direbbe Lenin).

Le alternative sono tre. Se si incoraggiano i giovani di Kiev a combattere contro i russi, a parole e con le nostre armi, dobbiamo sapere che li stiamo mandando al massacro. E che dopo sarà ancora più difficile trovare una soluzione: troppo sangue peggiora la situazione, esacerba gli animi, incattivisce le persone e non aiuta a ritrovare la pace. Oppure, dobbiamo essere pronti a entrare anche noi in guerra, sapendo che rischiamo un’escalation terrificante che potrebbe sfociare in un conflitto mondiale, per di più nucleare.  Siamo pronti a correre questo rischio, che poi è quasi una certezza? Ovviamente no, almeno finora.

Infine, e siamo alla terza alternativa, bisogna trattare, trattare e ancora trattare. Mettendo in campo tutte le forze e le capacità disponibili affinché si arrivi a un cessate il fuoco e poi alla pace. E se il prezzo di questa pace fosse una rinuncia ucraina a una parte del suo territorio, l’accantonamento del suo desiderio di entrare nell’Unione europea e nella Nato, un governo più neutrale tra Russia e Occidente… Insomma una parziale e condizionata resa dell’Ucraina, allora sarebbe giusto che si arrendesse. Un sacrificio tutto sommato limitato, visto che la posta in gioco non sarebbe più il destino di quel Paese ma quello del mondo.

Riccardo Barenghi

Riccardo Barenghi

Riccardo Barenghi

Giornalista

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