L’ipotesi di limare il cuneo fiscale abbassando la contribuzione previdenziale di 6 punti percentuali (3% a carico del datore di lavoro e 3% a carico dei lavoratori) “avrebbe gravi conseguenze sul futuro previdenziale di milioni di italiani”.
E’ quanto denuncia la Uil secondo la quale una contribuzione al 27% “si tradurrebbe in un assegno previdenziale minore, con perdite consistenti pari a quasi un quinto del futuro trattamento. In questo modo si penalizzerebbero ulteriormente i giovani”.
Il sindacato calcola come esempio un lavoratore che accede alla pensione con 67 anni di età nel sistema contributivo con una retribuzione di 1.500 euro, rivalutata annualmente ipotizzando una crescita dell`1,5% con montante contributivo anch’esso rivalutato annualmente dell`1,5%.
In questo caso, rileva la Uil, “il trattamento pensionistico sarebbe notevolmente inferiore, con una perdita, dopo 35 anni di contributi, pari a 298 euro mensili, 3.874 euro annui in meno.
Perdita che progressivamente aumenta se si ipotizza un pensionamento con 43 anni di contributi, pari alla contribuzione minima attualmente richiesta per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi). In quest`ultimo caso, il trattamento sarà inferiore di 412 euro mensili, 5.356 euro annui”.
Per il sindacato “Non è questa la strada da perseguire per ridurre il cuneo fiscale. La via maestra è estendere il bonus di 80 euro ai lavoratori e ai pensionati”.