Venerdì 9 maggio, presso Economia di Roma La Sapienza, è in calendario una giornata di studi dedicata al tema dei rapporti tra impresa e forced labour.
Anche solo un rapido esame del programma chiarisce gli intendimenti degli organizzatori e dei partecipanti ai lavori: coordinare gli sforzi perché siano messi finalmente a fuoco, con approccio giuridico interdisciplinare, idonei strumenti di reazione a talune derive incontrollate delle politiche in senso lato di delocalizzazione: ci riferiamo a quelle ristrutturazioni aziendali che, con le più diversificate forme organizzative, abbattono i costi di produzione sfruttando il minor costo di approvvigionamenti acquisiti da strutture operative in Paesi che non assicurano la minima tutela del lavoro.
L’ultimo rapporto I.L.O. segnala numeri impressionanti: prudenzialmente sono oltre 21 milioni gli schiavi al mondo – di cui una consistente parte bambini -, laddove il termine non è evocativo figurativamente di quanto credevamo archiviato nei libri di storia, ma riferisce, in termini tecnici (quelli definiti dall’ILO Forced Labour Convention, 1930 No. 29) della condizione di chi presta attività lavorativa sotto minaccia di una pena (fisica, psicologia, finanziaria), costretto e, una volta sotto comando, impossibilitato a lasciare un lavoro, che è prestato senza sostanziale retribuzione o altri corrispettivi.
Chi fa impresa è consapevole che, pur escludendo i numeri coinvolti nell’abominio della schiavitù a fini di sfruttamento sessuale, resta una consistente parte di quei milioni di schiavi, legati a lavorare ad una produzione che ha come destinazione intermedia o finale i nostri mercati, assumendo rilevanza strutturale nei processi dell’impresa dei Paesi occidentali.
Una direttiva Ue (la 2011/36/EU) vincola gli Stati all’adozione delle necessarie misure affinché il trafficking in human beings – vale a dire (anche) ogni pratica di reclutamento di persone per finalità di sfruttamento – sia adeguatamente sanzionato. Un primo recepimento della stessa è stato parzialmente operato recentissimamente, con il d. lgs. 4 marzo 2014, n. 24, ma il dettato normativo non sembra cogliere le opportunità offerte dalla direttiva di incidere sulla cinica logica del vantaggio economico finanziario legato all’implementazione del fenomeno. Il sistema normativo sembra però di già sufficientemente strutturato per affrontare questa piaga. La rilettura di talune norme, se condivisa e portata ad applicazione, potrebbe consentire significativi progressi.
L’iniziativa, costruita da Francesco Buccellato (Dipartimento di Economia dell’Università di Perugia) attraverso l’impegno e il coinvolgimento di esponenti di primo piano di più atenei e di chi, quotidianamente, si trova in prima linea a dover fronteggiare l’emergenza, ha il sostegno del Presidente della Repubblica che, ricordiamo, ha fortemente chiesto a tutte le Istituzioni di farsi carico di una situazione – quella tardivamente conosciuta di seguito al recente rogo di Prato – non oltre tollerabile.