La cosa che incuriosisce del libro di Maurizio Landini (Un’altra storia, edito da Piemme) è il libro stesso. Viene da chiedersi per quale motivo, in un determinato momento della vita, e ancora non così avanti negli anni (è nato il 7 agosto 1961), una persona decida di scrivere un’autobiografia, se non perché ritiene di essere arrivato, appunto, a un momento di svolta. Il libro, tra l’altro, esce esattamente a ridosso dei referendum indetti dalla Cgil dell’8 e 9 giugno, ai quali il segretario ha dedicato tutte le energie, sue e della sua organizzazione, per oltre un anno. Possibile che ci sia un nesso, o che sia la casualità delle decisioni editoriali; sta di fatto che viene facile pensare che con questo libro l’autore si prepari, appunto, a un’altra storia. Il motivo che lo ha spinto lo spiega però lui stesso, quando scrive ‘’mi hanno cucito addosso la felpa, l’immagine dell’arrabbiato’’. Dunque, è per mostrare un altro lato della faccenda, un altro Landini: ‘’Ho deciso di raccontare la mia esperienza di vita per rappresentare quello che penso di essere e non quello che appare o che qualcuno vuole fare apparire”. E ce ne sono in effetti almeno due di Landini, nella storia: c’è il ragazzo di provincia, aspirante calciatore di qualche talento, campagnolo, quasi bucolico, a cui piace soprattutto ridere, scherzare, divertirsi in compagnia della famiglia o di amici fraterni; e poi c’è il leader sindacale, combattivo, arrabbiato, di piazza e di lotta, di fabbrica e metropoli. C’è, insomma, un prima e un dopo: il passaggio, se vogliamo, dal “piccolo mondo antico’’ a ‘’Tempi moderni’’.
Il prima sono gli anni, diciamo così, privati, trascorsi nel piccolo paese di San Polo d’Enza. Forse la parte più interessante, che mette in luce alcune sfumature insospettabili del personaggio. Per la prima volta Landini parla della sua famiglia, della gran passione per la moglie Laura (‘’credo negli affetti stabili. Con Laura la relazione è iniziata un galeotto 17 aprile 1981”); c’è il calcio, altra passione, praticata direttamente sui campetti parrocchiali e come tifoso del Milan di Rivera. Del 1969, l’anno famoso per l‘autunno caldo, il futuro capo del sindacato dice di ricordare ‘’Milan Ajax, 4 a 1”; ma del resto, aveva otto anni. Altro amore i suoi cani, Dacia e Quenelle, di cui ancora oggi porta nel telefono le foto. Ma soprattutto colpisce quante volte tornano, nel racconto, le parole ridere, divertirsi, allegria: ‘’a me piace ridere, e le persone che non sanno ridere mi fanno paura’’. Rischio a cui lo ha esposto la sua notorietà e visibilità negli anni da leader: “il rischio più grande è quello di prendersi troppo sul serio’’. L’antidoto è, ancora, ‘’ridere, sdrammatizzare, e restare coi piedi per terra’’.
C’è però anche il racconto del primo trauma della sua vita: l’addio alla scuola, a quindici anni, per necessita economiche della famiglia, proprio quando aveva imparato ad amare lo studio. Quanto quell’episodio abbia inciso sul suo futuro di leader lo ammette lui stesso: ‘’Io volevo continuare a studiare, sentivo il valore della conoscenza e del sapere per formarmi un punto di vista critico. Eppure non protestai, non feci resistenza. Non potevo dare ai miei genitori la colpa per la nostra condizione economica di svantaggio”. Ma il trauma c’è stato ugualmente: “Da qualche parte, il mio bisogno di fare giustizia delle diseguaglianze e della disparita di opportunità aumentò di intensità a partire da quel momento’’. Detto, fatto: ha iniziato a lavorare a 16 anni, a 19 era delegato sindacale.
Questo ci porta alla seconda parte del libro, che ripercorre le tappe di carriera del sindacalista, ed è una sorta di piano sequenza: piazze, manifestazioni, cortei, lotte, sono ricorrenti praticamente ad ogni pagina. “Il conflitto sociale è l’essenza della democrazia, è quando lo si nega che si fa largo la violenza e si rischiano le svolte autoritarie”, afferma, ma subito precisa: “Il conflitto non è un fine, ma uno strumento per ricercare la mediazione tra interessi diversi ma ugualmente legittimi”. Landini racconta nei dettagli gli anni alla Fiom, il lancio della famosa felpa ‘’che diventò virale’’, il coinvolgimento degli intellettuali, da Rodotà a Zagrebelski, i referendum sull’acqua pubblica e il nucleare; ma anche gli accordi separati, le rotture con Fim e Uilm, le vertenze, dure, e raramente vinte, con la grande industria.
Le vicende sindacali, politiche e personali si intrecciano nei diversi capitoli: il rapporto con Sergio Marchionne, con Matteo Renzi, con i vari governi di destra e di sinistra che si sono alternati negli anni; con l’associazionismo, col mondo cattolico: la grande ammirazione per Papa Francesco, l’amicizia con Don Andrea Gallo, con Luigi Ciotti. E poi le questioni interne alla Cgil, le tensioni tra confederazione e Fiom, con i diversi leader che si sono alternati a Corso d’Italia prima che fosse lui, Landini, il leader. E infine l’attualità, i referendum sul lavoro, battaglia delle battaglie. Tutto questo, sempre “in nome di un unico fine”, o meglio di quella che Landini definisce la ‘’dolce e tenera ossessione’’ per i lavoratori e i loro diritti inalienabili.
Sarebbe lunghissimo elencare gli aneddoti e le riflessioni contenute nelle 224 pagine di Un’altra storia; lunghissimo e soprattutto inutile, perché i libri bisogna leggerli, non farseli raccontare. Si può solo aggiungere che, in finale, l’autore non scioglie del tutto la curiosità sulle motivazioni sottostanti che lo hanno portato all’impresa. “Io credo ancora che affermare un progetto alternativo di società sia possibile’’, scrive, e ribadisce: “Nella mia vita non ho mai perso la speranza, il mio sogno è che questo libro possa contribuire ad accendere nelle nuove generazioni la speranza e la voglia di lottare per la nostra libertà nel lavoro e per un futuro migliore”.
Intanto, domenica e lunedì si vota per i ‘’suoi’’ referendum, e dopo si vedrà. Se inizierà un’altra storia, e quale.
Nunzia Penelope
Titolo: Un’altra storia
Autore: Maurizio Landini
Editore: Piemme
Data di pubblicazione: 13 maggio 2025
Pagine: 224 pp.
EAN: 9791223800201
Prezzo: 18,90€