Sfiorano quota 600mila le persone nate al di fuori dell’Unione Europea che siedono ai vertici di una delle sei milioni di imprese italiane. Alla fine del mese di marzo scorso, i cittadini immigrati iscritti nei registri delle Camere di commercio erano 568.749, il 53,6% in più rispetto alla stessa data del 2007. La quota più rilevante (il 63%) è costituita da titolari di imprese individuali, la forma giuridica più semplice e ancora la più diffusa – anche tra gli italiani – per operare sul mercato. Quasi 142mila, cioè uno su 4, ricoprono invece una carica di amministratore.
E il 25% di queste posizioni fa capo a una donna di nazionalità extracomunitaria, mentre la quota dei capitani d’impresa con meno di 30 anni si ferma all’8% del totale. E’ quanto emerge dall’analisi di Unioncamere-InfoCamere sui dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio, con riguardo al fenomeno dell’imprenditoria straniera nel nostro paese al 31 marzo scorso.
Dal punto di vista territoriale, il cuore dell’imprenditoria immigrata è nel Centro-Nord, con quasi 280mila persone (il 49% del totale). Su tutte le regioni svetta la Lombardia, con 123mila imprenditori immigrati. Sul terzo gradino di questo podio si affiancano Emilia-Romagna, Toscana e Veneto, tutte con circa 50mila amministratori non Ue. Prima regione del sud è la Campania con 39mila persone non Ue con cariche nelle imprese locali.
Il passaporto più rappresentato dell’imprenditoria immigrata è quello del Marocco, da cui provengono 78.342 persone tra amministratori, titolari e soci (il 14% del totale) seguiti dai cinesi (74.244 persone). Al terzo posto l’Albania, seguita da Svizzera e Bangladesh.
L’attività che attrae maggiormente l’imprenditoria immigrata è quella del commercio, che conta una rappresentanza imprenditoriale non Ue superiore alle 200mila cariche. Seguono le costruzioni (98.202), le attività di alloggio e ristorazione (55.853) e le attività manifatturiere (50.301).