Vittoria dei sindacati nella lunga battaglia contro i ”reggiseni della vergogna” fabbricati in Birmania sfruttando il lavoro forzato di minori. La campagna di informazione e di boicottaggio, sostenuta anche da “Conquiste del Lavoro”, contro la Triumph international ha indotto la multinazionale della biancheria intima ad annunciare la fine delle sue attività in Birmania (Myanmar), paese dove regnano il lavoro forzato ed una delle dittature militari più brutali e corrotte al mondo. Per le ong e i sindacati che avevano promosso la campagna contro la Triumph si tratta di una prima vittoria. In Svizzera – dove ha sede la multinazionale – i sindacati, la campagna Clean Clothes e altre ong avevano chiesto ai consumatori di dieci paesi europei di ”bombardare” la Triumph di lettere che denunciassero la ditta e il regime militare di Rangoon. La Ccc aveva anche fatto pubblicare cartoline e inserzioni nella stampa che mostravano un reggiseno in filo spinato accompagnato dallo slogan ”Sexy ma scomodo”.
A Bruxelles, il 12 gennaio scorso i manifestanti di due organizzazioni contro lo sfruttamento del lavoro minorile avevano legato insieme duemila reggiseni multicolori per protestare contro la società svizzera, che con tale produzione sosteneva i dittatori, pare insinuatisi anche nel consiglio d’amministrazione. L’Unione sindacale svizzera ha commentato: Triumph si ritira dalla Birmania, dove i salari sono tra i più bassi nel mondo, perchè restarvi costava troppo caro in termini di immagine”. La multinazionale della biancheria intima ha deciso di cessare progressivamente la produzione nel paese asiatico e indica di aver previsto un piano sociale per i circa mille dipendenti nel paese asiatico.La Birmania è stata messa all’indice dall’Organizzazione internazionale del lavoro per il lavoro forzato e altre gravi violazioni dei diritti dei lavoratori.
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