di Franco Sech, segretario generale Cisl Veneto
(Il progetto Cisl)
Trasformazioni cruciali stanno cambiando i distretti produttivi del Veneto. Un tempo studiati e ammirati, ora sono dentro il cataclisma inarrestabile dell’internazionalizzazione. Le aziende mediograndi tendenzialmente si rafforzano e si inseriscono sempre più nelle filiere globali mentre le piccole (il nerbo dei distretti) sono di fronte a criticità nuove. In alcuni distretti è in discussione la sopravvivenza dei subfornitori, essendovi la concorrenza di paesi con costi molto più bassi. Ma in prospettiva è in discussione il know how e la stessa sopravvivenza nel futuro.
Persino i modelli di internazionalizzazione dei distretti che hanno avuto successo non sono esenti da queste minacce. Infatti, anche quando le nuove catene del valore inserite nelle filiere internazionali hanno dato dei risultati – come è pur vero in molti casi – attraverso il rafforzamento delle funzioni di testa e terziarie ci si domanda: fino a quando quelle funzioni potranno restare qui se si cedono i processi produttivi e le conoscenze – il know-how – o se non si controlla la catena del valore e la finanza. I processi delocalizzati tenderanno prima o poi a generare altrove il know-how in modo autonomo, creando le condizioni perché segua poi il controllo completo. Le strategie dei distretti sono diverse ma idealmente, da una parte, ce n’è una di apertura piena all’internazionalizzazione e, dall’altra, una di chiusura (soprattutto ai processi di delocalizzazione). Due importanti distretti della calzatura si muovono con una strategia contrapposta di fronte alla sempre più aggressiva internazionalizzazione.
Quello della scarpa sportiva di Montebelluna tende a delocalizzare gran parte delle attività più esecutive e le conseguenti professionalità operaie. Il distretto della Riviera del Brenta invece chiude alla delocalizzazione e punta in modo forte su una nicchia di grande qualità ‘la scarpa di alta moda’.
Entrambe le strategie ci confermano che la sfida della competitività mette in discussione lo status quo e non è sufficiente, seppur necessario, il solo intervento sul costo del lavoro. Serve quindi, per quanto ci riguarda, un intervento anche sulla qualità del lavoro. Pur essendoci una situazione molto diversa da distretto a distretto, abbiamo ipotizzato nel nostro progetto, anche attraverso l’analisi del mercato del lavoro, che la forte ristrutturazione possa da un lato avere effetti sull’occupazione, lasciando ai margini professionalità obsolescenti (spesso – anche se non sempre – lavoratori esecutivi e/o manuali), mentre dall’altro possa ampliare la domanda di nuove figure professionali nella progettazione, nella comunicazione, nei servizi, nella logistica. La situazione è a pelle di leopardo, essendo diverse le strategie dei vari distretti.
Abbiamo cercato, con il progetto, di capire come devono essere individuate e promosse le professionalità strategiche per il futuro della nostra economia e come possano essere ricollocate quelle che ora sono espulse dal ciclo produttivo ma che solo dieci o venti anni fa hanno concorso al miracolo del Nordest.
Abbiamo cercato di coinvolgere i lavoratori interessati e di far emergere le esperienze in atto di rappresentanza di questa domanda. Il ruolo attivo delle professionalità strategiche per il futuro è essenziale per contribuire, con le competenze professionali e le conoscenze del lavoro, ad una ricerca approfondita sui bisogni formativi e lo sviluppo professionale dei lavoratori nei distretti industriali in cui lavorano. Al centro dell’attenzione c’è stato quindi ‘lo sviluppo dei sistemi di gestione delle risorse umane nei distretti produttivi del Veneto come nuovo modello di concertazione territoriale e dialogo sociale per definire piani formativi e una più efficace gestione delle risorse umane, che possa contribuire alla creazione di valore aggiunto nelle professionalità e competenze richieste (in particolare legno arredo, sportsystem, condizionamento e refrigerazione industriale)’. Il miglioramento della competitività internazionale di questi sistemi di impresa può essere realizzato grazie alla crescita della professionalità dei lavoratori e quindi, reciprocamente, consolidando il sistema delle imprese e la sicurezza occupazionale e professionale dei lavoratori.
Il progetto è finalizzato, idealmente, a sperimentare e promuovere un nuovo modello di dialogo sociale (contrattazione e concertazione aziendale, territoriale e regionale) per lo sviluppo dei sistemi di formazione funzionali alla crescita e trasformazione delle professionalità, alla creazione del valore aggiunto delle abilità e delle competenze richieste nei sistemi territoriali. Il tema del miglioramento della competitività internazionale di questi Distretti, si realizza grazie alla crescita della professionalità, dei lavoratori e quindi al consolidamento della loro sicurezza occupazionale.
E solo così si può evitare che il territorio venga tradito. Nello scambio virtuoso fra le risorse del territorio (innanzitutto professionali da un lato e imprenditoriali dall’altro) è nato il successo del distretto Nel mercato globale il territorio deve essere ancora al centro: non solo snodo logistico ma ancora luogo cognitivo e di coesione sociale in rete con gli altri territori. Il territorio è fattore decisivo di competitività perché la competizione è sempre più fra sistemi territoriali. Ecco l’importanza cruciale della infrastrutturazione non solo materiale ma anche immateriale del nostro sistema economico e sociale.