Passato il 25 aprile con qualche incidente ma niente di grave per fortuna, possiamo ricominciare a parlare del futuro lasciando da parte il passato. Anche se quel passato, ovvero la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, è passato solo in quanto sono trascorsi quasi ottant’anni da quella giornata memorabile del 1945. Ma non è passato viste le polemiche che hanno accompagnato la Festa che dovrebbe essere di tutti gli italiani ma che invece – per l’ennesima volta – non è stata così. C’è poco da fare, la destra che oggi ci governa non riesce, anzi proprio non vuole accettare che il valore principale che caratterizza la nostra Repubblica, quindi la nostra democrazia, quindi la nostra libertà, sia l’antifascismo. Peggio per loro, verrebbe da pensare, se non fosse che invece è soprattutto peggio per noi, ovvero per tutti coloro – per fortuna ancora la maggioranza degli italiani – che pensano che senza quel 25 aprile, cioè senza la Resistenza e ovviamente la guerra di americani e inglesi contro Hitler e Mussolini, oggi noi non saremmo liberi di parlare, viaggiare, scrivere, recitare, insomma di vivere normalmente.
Ma la storia ha preso la piega giusta e così da ottant’anni viviamo in democrazia, magari imperfetta, anzi sicuramente imperfetta, ma comunque una democrazia in cui possiamo votare e scegliere i nostri rappresentanti nelle istituzioni repubblicane.
Eccoci così al presente e anche al futuro. Il presente ci racconta che chi nega il valore dell’antifascismo, tanto da non voler pronunciare questa parola (Giorgia Meloni anche il 25 aprile), non solo è al potere nazionale ma riesce anche a vincere elezioni locali come Abruzzo e in Basilicata, magari grazie a qualche transfuga che prima si dichiarava di centrosinistra (Pittella, Renzi, Calenda) e poi si è buttato a destra, facendola appunto vincere. Evidentemente questi personaggi di sinistra non lo sono mai stati, semplicemente l’hanno usata come un taxi per arrivare dove volevano arrivare, cioè a guadagnare uno straccio di visibilità, per poi scendere e salire su un’altra macchina che andava in senso contrario. Potrebbero rifarlo nel futuro, magari tornado sui propri passi: si spera non lo facciano, e soprattutto si spera che chi si continua a dichiarare di centrosinistra non accetti transfughi in cerca di qualche strapuntino in qualche Parlamento, per esempio quello europeo a giugno.
Quel che invece il centrosinistra dovrebbe fare – invece di inseguire improbabili alleati che alleati non erano, non sono e non saranno mai – quello cioè che dovrebbero fare Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli e le varie sinistre sparse sul territorio nazionale, sarebbe darsi una mossa. Nel senso di dimostrare di aver imparato dall’ultima lezione elettorale un qualcosa antico come la politica, anzi come il mondo, ovvero tre parole: divisi si perde.
Non è difficile capirlo, ma evidentemente è difficilissimo metterlo in pratica. Malgrado gli sforzi sovrumani che la leader del Pd sta facendo un giorno sì e l’altro pure, c’è chi non vuole esporsi e preferisce tenersi le mani libere per fare che cosa non lo capisce nessuno. Forse nemmeno lui. Si tratta di Giuseppe Conte, leader per caso dei Cinquestelle, che ancora non ha deciso cosa vorrà fare da grande. Senza rendersi conto che più tempo perde e più difficile sarà riunirsi col Pd quando sarà necessario per tentare di sconfiggere la destra alle elezioni politiche quando ci saranno. Ammesso, ma non concesso, che lui la voglia battere la destra, oppure che al contrario abbia in testa l’idea di lasciarla vincere per poi scendere a patti, guadagnandoci qualche posticino di sottopotere, anzi di sottogoverno.
Bisognerebbe allora che il Pd – tutto il Pd possibilmente – non lasciasse sola Schlein in questo suo estremo, speriamo non disperato, tentativo unitario. E che già domani, anzi oggi, stringesse il capo pentastellato in un angolo: o con noi o contro di noi. Anche se sono alle porte elezioni europee in cui grazie al sistema proporzionale ognuno corre da solo cercando di racimolare più voti possibili, anche a scapito dei propri eventuali alleati. Qui non si tratta di mero calcolo elettorale, bensì di avere in testa una strategia politica, che al momento l’avvocato Conte non sembra avere, troppo concentrato sul suo tornaconto personale. Tanto che qualche volta viene da rimpiangere la follia genialoide di Beppe Grillo.
Riccardo Barenghi