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Home - Notizie del giorno - Istat, nel II trimestre la disoccupazione scende ma crescono gli inattivi

Istat, nel II trimestre la disoccupazione scende ma crescono gli inattivi

11 Settembre 2020
in Notizie del giorno

Nel II trimestre il tasso di disoccupazione scende al 7,7% (-2 punti); la diminuzione riguarda entrambe le componenti di genere ed è più accentuato tra i giovani di 15-34 anni, nel Mezzogiorno e nel Centro. Si accentua, inoltre, l’aumento del numero di inattivi di 15-64 anni (1 milione 310 mila in più in un anno, +10%), già osservato nel trimestre precedente. Lo ha reso noto l’Istat.

Nel II trimestre del 2020 prosegue con maggiore intensità la riduzione del numero di persone in cerca di occupazione (-647 mila in un anno, -25,4%).

Il tasso di disoccupazione è in diminuzione rispetto sia al trimestre precedente sia allo stesso trimestre del 2019 e si associa all’aumento – congiunturale e tendenziale – del tasso di inattività delle persone con 15-64 anni. I dati provvisori del mese di luglio 2020 indicano tuttavia la ripresa del tasso di disoccupazione e il calo di quello di inattività.

Prosegue, a ritmi più sostenuti, la riduzione del numero di disoccupati che si attestano a 1 milione 897 mila unità (-647 mila in un anno, -25,4%). Il calo coinvolge sia gli individui in cerca di prima occupazione sia chi ha precedenti esperienze di lavoro. (Prospetto 4). I dati di flusso, a distanza di un anno, mostrano tra i disoccupati una diminuzione della permanenza nello stato di disoccupazione (-10,8 punti) e delle transizioni verso l’occupazione (-2,7 punti) mentre aumentano di quelle verso l’inattività (+13,5 punti).

Dopo la sostanziale stagnazione dei primi due mesi del 2020, il sopraggiungere dell’epidemia ha investito il mercato del lavoro con cali dell’occupazione tra marzo e giugno senza precedenti. Nel secondo trimestre 2020, la variazione di -841mila occupati (-3,6% rispetto allo stesso trimestre del 2019) è il risultato del rallentamento della crescita occupazionale dalla seconda metà del 2019 e – soprattutto – dell’eccezionale calo generato dalle limitazioni imposte dall’emergenza sanitaria (chiusura dei settori produttivi non essenziali e limitazioni negli spostamenti).

Malgrado gli ammortizzatori sociali e il blocco dei licenziamenti abbiano permesso di sostenere l’occupazione, “la sospensione delle attività – ha sottolineato l’Istat – ha fortemente pregiudicato l’avvio di nuovi rapporti di lavoro, in particolare di quelli a termine e delle loro possibili proroghe o trasformazioni in contratti a tempo indeterminato”. Difatti, in otto casi su dieci la diminuzione dell’occupazione riguarda i dipendenti a termine (-677 mila, -21,6%) e si concentra tra quelli con durata del lavoro non superiore ai sei mesi (-428 mila). Inoltre, “non si sono registrate le usuali nuove assunzioni a tempo determinato che caratterizzano il secondo trimestre dell’anno, periodo molto favorevole per il turismo con l’inizio della stagione estiva”.

Gli effetti della crisi occupazionale dovuta all’emergenza sanitaria, almeno fino al secondo trimestre 2020, “si sono in prevalenza ripercossi sulle componenti più vulnerabili del mercato del lavoro (giovani, donne e stranieri), sulle posizioni lavorative meno tutelate e nell’area del Paese che già prima dell’emergenza mostrava le condizioni occupazionali più difficili, il Mezzogiorno; in altre parole, la pandemia sembra aver avuto l’effetto di acuire i divari preesistenti nella partecipazione al mercato del lavoro”.

Tornando ai dati, nel secondo trimestre del 2020 il numero di persone occupate subisce un ampio calo anche in termini congiunturali (-470 mila, -2%), dovuto soprattutto alla diminuzione dei dipendenti a termine e degli indipendenti. Il tasso di occupazione scende al 57,6%, in calo di 1,2 punti rispetto al primo trimestre 2020; i giovani di 15-34 anni presentano la diminuzione più marcata (-2,2 punti). Nei dati provvisori di luglio 2020, al netto della stagionalità e dopo quattro mesi di flessione, il numero di occupati torna a crescere (+85 mila, +0,4%) rispetto a giugno 2020 e il tasso di occupazione risale al 57,8% (+0,2 punti in un mese), misurando una positiva reazione del mercato del lavoro alla ripresa dei livelli di attività economica.

Rispetto al secondo trimestre 2019, il numero di occupati scende di 841 mila unità (-3,6% in un anno): calano soprattutto i dipendenti a termine (-677 mila, -21,6%) e continuano a diminuire gli indipendenti (-219 mila, -4,1%) a fronte di un lieve aumento dei dipendenti a tempo indeterminato. Il calo occupazionale interessa sia gli occupati a tempo pieno sia quelli a tempo parziale, per i quali nel 63,9% dei casi il part time è involontario. Diminuiscono, inoltre, gli occupati che hanno lavorato per almeno 36 ore a settimana (50,6%, -13,8 punti), a seguito delle assenze dal lavoro e della riduzione dell’orario dovute all’emergenza sanitaria. I settori maggiormente colpiti dall’emergenza sanitaria sono proprio quelli dove il lavoro a termine è più diffuso: commercio (-191 mila occupati, -5,8%) e, soprattutto, alberghi e ristorazione (-246 mila, -16,1%).

Il fatto che la crisi abbia colpito più duramente taluni tipi lavoro si ripercuote sulle caratteristiche dei lavoratori più coinvolti. I giovani tra 15 e 34 anni – che più spesso degli altri lavoratori svolgono un impiego a termine (26,3% contro 10,8% del totale occupati) e sono impiegati nel settore di alberghi e ristorazione (9,8% rispetto al 5,6%) – hanno subìto il calo occupazionale più forte (-8% rispetto a -3,6% del totale) che in quasi un terzo dei casi è concentrato nel settore alberghiero e della ristorazione.

La diminuzione dell’occupazione tra le donne è più consistente di quella rilevata per gli uomini (-4,7% rispetto a -2,7%) e si concentra nel terziario, con particolare riferimento al comparto di alberghi e ristorazione (-141 mila) e a quello dei servizi domestici alle famiglie (-99 mila occupate); in circa sette casi su dieci il calo di quest’ultimo comparto riguarda donne con cittadinanza straniera.

Infine, la flessione dell’occupazione è stata più accentuata nel Mezzogiorno (-5,3%) rispetto al Nord (-3,0%) e al Centro (-2,9%). A sfavore delle regioni meridionali incide il maggior peso dei dipendenti a termine (13,9% rispetto a 9,7% nel Centro-nord) e la minore presenza dell’industria, comparto che ha mostrato una maggiore tenuta occupazionale.

Nel secondo trimestre 2020 torna a crescere il numero degli scoraggiati (+66 mila, +4,8% in un anno), dopo venti trimestri di ininterrotto calo e la sostanziale stabilità nel primo trimestre 2020; in diminuzione, invece, quanti non hanno cercato lavoro per motivi familiari e quanti dichiarano di essere in attesa degli esiti di passate azioni di ricerca. Lo ha reso noto l’Istat che ha diffuso i dati sul mercato del lavoro nel II trimestre del 2020.

Per scoraggiati s’intendono gli inattivi di 15-64 anni che non hanno cercato lavoro nelle quattro settimane precedenti l’intervista perché ritengono di non riuscire a trovarne uno.

TN

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