Ieri, la notizia è stata lanciata dalle agenzie, accolta dai siti Internet, rilanciata dai notiziari radiofonici e televisivi. E oggi si trova su tutti i giornali: “E’ ripresa a Roma la trattativa per il Contratto nazionale dei metalmeccanici”.
Una notizia attesa e sicuramente importante. Ma, detta come abbiamo appena riportato, non è precisissima. Infatti, per essere più precisi bisognerebbe dire: ieri, 15 luglio, le parti sociali storicamente collegate al Contratto dei metalmeccanici, ovvero Federmeccanica e Assistal per la parte datoriale, e Fim, Fiom, Uilm per la parte sindacale, hanno deciso di riaprire la trattativa per il Contratto stesso, ormai interrotta da 8 mesi.
Scusate la pignoleria, ma non è la stessa cosa. Quel che vogliamo dire, infatti, è che l’incontro che si è tenuto ieri in Confindustria non ha avuto un carattere strettamente negoziale, ovvero relativo ai contenuti di una trattativa contrattuale già avviata, quanto piuttosto politico. Laddove con l’aggettivo “politico” ci si riferisca alle relazioni tra parti sociali e a un incontro in cui al centro della discussione stiano, appunto, natura e scopi di tali relazioni, prima ancora dei suddetti contenuti negoziali.
A questo punto del nostro ragionamento, dobbiamo anche dire che l’incontro di ieri, ospitato dalla palazzina laterale alla sede nazionale di Confindustria, nel quartiere romano dell’Eur, si è svolto a porte chiuse. Non possiamo quindi fare la cronaca del dibattito. Avendo però scambiato qualche parola con alcuni dei sindacalisti presenti, abbiamo appreso, innanzitutto, che il salone posto al primo piano, in cui si è svolto l’incontro, era strapieno di delegati. Folta la delegazione imprenditoriale, ma ancora più folta quella sindacale. Il che è già un indice di quanto fosse atteso questo appuntamento che, evidentemente, non è stato considerato come un incontro rutinario, ma come un vero e proprio nuovo inizio della trattativa.
In secondo luogo, vari testimoni ci hanno parlato di un clima relativamente cordiale. Relativamente, perché l’avvio di un impegnativo negoziato tra parti sociali non può essere considerato come un pranzo di nozze. Ma cordiale perché, a quanto abbiamo capito, almeno molti degli intervenuti ci tenevano a trasmettere in modo percepibile la loro volontà di riprendere il negoziato allo scopo di portarlo verso un approdo fruttuoso.
Clima relativamente cordiale, dunque, Ma, soprattutto, atteggiamento reciprocamente costruttivo. Infatti, al termine di un incontro abbastanza breve, svoltosi fra le 11:00 e le 12:30, la decisione di riprendere la trattativa si è concretizzata nella fissazione di tre date in cui tenere i primi tre incontri “tematici” della nuova fase del negoziato: 11, 18 e 25 settembre.
Tenendo presente che l’ultimo incontro, di quella che ci permettiamo di definire come la prima fase di questa trattativa, si è svolto il 12 novembre del 2024, ovvero otto mesi fa, sorge la domanda: cosa ha portato le parti a definire questo nuovo inizio?
Secondo chi scrive, i fatti principali che stanno a monte dell’incontro di ieri sono quattro. Anche se, va detto, sono fatti di natura diversa e di diversa portata.
Il primo di questi fatti, ricordato anche dai dirigenti sindacali presenti all’incontro – Michele De Palma (Fiom), Rocco Palombella (Uilm) e Ferdinando Uliano (Fim) -, è costituito dagli scioperi effettuati in questi otto mesi. A partire dal 12 novembre dell’anno scorso, Fim, Fiom e Uilm hanno infatti proclamato per 5 volte consecutive altrettanti scioperi di 8 ore. In totale, quindi, sono state fin qui effettuate da lavoratrici e lavoratori 40 ore di sciopero. Ma soprattutto, al di là dell’ammontare delle ore di astensione dal lavoro effettivamente realizzate, i sindacati sottolineano che si è trattato di iniziative di lotta molto partecipate. Tanto che, in varie occasioni, gli scioperanti non si sono limitati a disertare i loro luoghi di lavoro, ma hanno anche dato vita a corpose manifestazioni, rendendo particolarmente visibile la loro protesta. Così come è accaduto, in particolare, il 20 giugno scorso, giornata in cui Fim, Fiom e Uilm hanno organizzato manifestazioni in 20 diverse località.
Il secondo fatto, immediatamente conseguente al primo, e in particolare alle manifestazioni di venerdì 20 giugno, è stata la convocazione al ministero del Lavoro per le ore 12:00 del giorno successivo, sabato 21 giugno, effettuata dalla titolare del dicastero, Marina Calderone. La quale ha ricevuto le succitate parti sociali, ovvero Federmeccanica, Assistal, Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil, per una riunione che è stata definita come “conoscitiva”. Insomma, per avere direttamente dalle parti coinvolte nel conflitto, ormai sempre più apertamente in atto, notizie sulle cause del conflitto stesso e sulle sue possibili evoluzioni.
In sostanza, almeno formalmente, la Ministra non ha assunto un’iniziativa del tipo di quelle in uso ai tempi della Prima Repubblica, ovvero una convocazione volta a trasferire la trattativa all’interno dei locali del Ministero, con l’assunzione da parte del suo Titolare di un ruolo di guida del negoziato stesso. E tuttavia, è apparso evidente che la ministra Calderone intendesse trasmettere alle parti il desiderio, maturato dal Governo, che fosse superata, con la ripresa del negoziato, una fase del conflitto resasi ormai molto visibile e capace, quindi, di influire negativamente su quella immagine di stabilità del nostro Paese (pardon, della nostra Nazione) che il Governo stesso intende trasmettere sul piano internazionale. E ciò ancor più in un momento particolarmente complesso, nonché particolarmente delicato, per le relazioni economiche intereuropee e transatlantiche (vedi questione “dazi di Trump”).
Il terzo fatto, non conseguente, ma successivo sia al primo che al secondo, è stato l’incontro fra Confederazioni sindacali e Confindustria che si è svolto a Roma pochi giorni dopo l’iniziativa di Calderone, ovvero giovedì 26 giugno. Quel giorno, il leader degli imprenditori, Emanuele Orsini, ha ricevuto presso la cosiddetta “foresteria” della stessa Confindustria, in via Veneto, i Segretari generali delle tre maggiori Confederazioni sindacali, ovvero Pierpaolo Bombardieri (Uil), Daniela Fumarola (Cisl) e Maurizio Landini (Cgil). Scopo dell’incontro, far ripartire il dialogo interconfederale almeno su alcuni dei vari problemi che riguardano sia le imprese che i lavoratori attivi nel mondo dell’industria. A margine dell’incontro, lo stesso Orsini ha detto di essere “fiducioso” circa l’ipotesi che “nei prossimi giorni” fosse possibile “riattivare il tavolo” per il negoziato sul contratto dei metalmeccanici.
Il quarto fatto, di nuovo non conseguente, ma comunque successivo ai primi tre, è costituito dall’Assemblea Generale di Federmeccanica, svoltasi presso il Centro Congressi dell’Unione industriali di Torino dal 10 all’11 luglio. Assemblea al termine della quale l’imprenditore toscano Simone Bettini, fra l’altro già Presidente di Metasalute, il fondo sanitario integrativo cui possono iscriversi i lavoratori della categoria, è succeduto a Federico Visentin nell’incarico di Presidente della stessa Federmeccanica.
Come già riportato dal Diario del lavoro, lo stesso Bettini, in tale occasione, ha dichiarato che “il dialogo deve essere il collante delle relazioni industriali. Superare la logica dello scontro e abbracciare quella del confronto, condividendo fini e obiettivi, è indispensabile per costruire un nuovo Contratto collettivo nazionale capace di tenere insieme competitività e stabilità”.
Insomma, sull’esigenza di riprendere la trattativa per il contratto dei metalmeccanici c’è un consenso condiviso dalle organizzazioni imprenditoriali e sindacali. Consenso allargato alle rispettive Confederazioni di appartenenza e ben visto anche dal Governo. Che, secondo alcuni osservatori, ma anche secondo alcuni protagonisti della rinascente trattativa, potrebbe/dovrebbe anche assumere qualche iniziativa, ad esempio sul piano fiscale, per favorire una conclusione positiva della vertenza. Adesso non resta che attendere il primo dei prossimi incontri, quello fissato per il non lontano 11 settembre.
Fernando Liuzzi