La settimana che è iniziata ieri, si annuncia come una settimana potenzialmente importante per la questione del rinnovo del Contratto dei metalmeccanici. E lo diciamo chiarendo subito che abbiamo scritto “questione”, proprio perché l’inusuale dimensione temporale di questo rinnovo, ne ha ormai fatto un qualcosa che esce dai consueti confini di una pur difficile vicenda contrattuale, trasformandolo in una vera e propria questione attorno a cui si gioca l’attuale assetto delle relazioni industriali nel nostro Paese.
Basti pensare al fatto che, da un punto di vista quantitativo, in questa vertenza si confrontano, da un lato, sindacati che si propongono di rappresentare qualcosa come un milione e mezzo di lavoratrici e lavoratori, e, dall’altro, imprese capaci di produrre beni che, nel 2022, hanno fra l’altro costituito il 45% delle nostre esportazioni.
Tornando invece alla dimensione temporale della vicenda, basterà qui ricordare che la piattaforma rivendicativa fu lanciata, il 20 febbraio 2024, dalla “Assemblea dei 500” – fra dirigenti e delegati di Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil -, e che il primo incontro di queste organizzazioni sindacali con Federmeccanica e Assistal, ovvero con le corrispettive associazioni imprenditoriali di categoria aderenti a Confindustria, si tenne il 30 maggio dello stesso 2024.
Dopo questo primo avvio della trattativa, fra giugno e settembre dell’anno scorso si tennero altri 5 incontri, nel corso dei quali la piattaforma sindacale fu ampiamente esplorata. Come era facile prevedere, da tali incontri emerse che le richieste sindacali in materia di salario costituivano non l’unico, ma il più acuto punto di difficoltà del negoziato.
Il 10 ottobre, al 7° incontro, Federmeccanica presentò una sua “proposta”, volta a porre il negoziato su un nuovo percorso. Ma i sindacati giudicarono negativamente tale proposta, considerandola come una vera e propria contropiattaforma. Tanto che, all’8° incontro, quello del 12 novembre 2024, si giunse a una esplicita rottura del negoziato stesso.
D’altra parte, va qui ricordato che a metà novembre, sempre del 2024, scadeva il periodo di “moratoria” sindacale, ovvero quello durante il quale i sindacati non possono assumere iniziative di lotta. Ed ecco che, con la terza settimana di novembre, il conflitto torna in fabbrica: blocco delle flessibilità e degli straordinari, e un primo pacchetto di 8 ore di scioperi articolati.
Finita quella che potremmo definire come la prima parte di questa lunga vicenda contrattuale, inizia la sua seconda parte. Una seconda fase che dura, in tutto, ben otto mesi, ovvero molto più di quanto fosse possibile prevedere al momento della rottura. Una fase caratterizzata dall’assenza di incontri negoziali e dall’inasprirsi del conflitto che esce dalla fabbrica e assume la forma di ripetuti e diffusi cortei di scioperanti. Alla data del 20 giugno 2025, sono già state effettuate 40 ore di sciopero.
Ma ecco che una serie di fatti, cui i nostri mezzi di informazione non dedicano troppa attenzione, comincia a mostrare che il sistema-Paese ha bisogno che alla questione del mancato rinnovo del Contratto dei metalmeccanici venga trovata una soluzione. Il 21 giugno, a ridosso dell’effettuazione del quinto pacchetto di 8 ore di sciopero con manifestazioni esterne ai luoghi di lavoro, la ministra del Lavoro, Marina Calderone, riceve al Ministero le parti confliggenti per un incontro conoscitivo. Pochi giorni dopo, il 26 giugno, si svolge, sempre a Roma, un incontro sul tema delle relazioni industriali fra la Confindustria e le confederazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil. Un incontro in cui sarebbe anche stata auspicata una ripresa delle trattative. Dal 10 all’11 luglio, a Torino, si tiene poi l’Assemblea generale di Federmeccanica. Al termine, il Presidente dell’associazione imprenditoriale, Federico Visentin, lascia il suo incarico. Gli subentra Simone Bettini.
Finalmente, il 15 luglio, Federmeccanica e Assistal tornano a incontrare a Roma, in Confindustria, i sindacati dei metalmeccanici, ovvero Fim, Fiom e Uilm. È questa la riunione in cui le parti decidono di riaprire la trattativa, fissando le date di tre nuovi incontri: 11, 18 e 25 settembre. Incontri in cui si dovrà riprendere l’esplorazione dei diversi contenuti del negoziato.
In sostanza, ha preso ormai avvio quella che possiamo considerare come la terza fase di questo lungo negoziato. E dopo i primi tre appuntamenti di settembre, si arriva a un nuovo incontro in plenaria, quello del 6 ottobre 2025. Una riunione importante, in cui viene fatto il punto rispetto ai tre citati appuntamenti e vengono fissate le date di due nuovi incontri a delegazioni ristrette: quelli del 15 e del 17 ottobre. Seguono poi altre due coppie di incontri: quelli del 22 e 23 ottobre e quelli del 30 e 31 dello stesso mese.
Come si può vedere, è evidente che, a questo punto, la trattativa si è accelerata: dai due incontri al mese dell’estate 2024, si è passati ai due incontri alla settimana dell’autunno attualmente in corso. Molto più difficile, però, capire qualcosa dell’andamento concreto del negoziato.
Gli incontri “in ristretta” si infittiscono, le bocche dei partecipanti restano cucite, i comunicati delle parti sono scarni.
Tuttavia, qualcosa si comincia a sapere. Ad esempio, nel comunicato unitario emesso venerdì 31 ottobre, Fim, Fiom e Uilm ci informano di “aver constatato alcune aperture”, da parte della delegazione datoriale, “rispetto alle rivendicazioni sindacali in materia di salute e sicurezza”. Più in particolare, viene citata “la previsione di un sistema di segnalazioni, in tutte le aziende, degli elementi di criticità e pericolo”. Inoltre, è stata esaminata la richiesta che venga previsto, “in caso di infortuni”, un apposito incontro di analisi tra preposti aziendali e rappresentanti sindacali, oltre a quella di un aumento delle ore di formazione per gli RLS (rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza).
Nello stesso comunicato, i sindacati parlano di “alcuni passi in avanti” compiuti “anche in materia di politiche di genere”.
In novembre, nuova coppia di incontri: quelli di giovedì 13 e di venerdì 14. Nel loro più recente comunicato, emesso nel pomeriggio di venerdì scorso, Fim, Fiom e Uilm scrivono che, nel corso dell’incontro di giovedì 13 “su mercato del lavoro e contrasto alla precarietà, sono emerse novità interessanti, pur se da approfondire ulteriormente”. Per ciò che riguarda le lavorazioni in appalto, “gli avanzamenti sono limitati e, quindi, da ampliare”. “Sull’orario di lavoro, invece, le associazioni datoriali hanno formulato risposte non soddisfacenti alle richieste relative alla riduzione” dell’orario stesso.
Più seccamente, lo stesso venerdì 14 novembre, Federmeccanica e Assistal scrivono: “Abbiamo dato risposte al sindacato e abbiamo fatto proposte per sostenere la competitività delle imprese metalmeccaniche e della installazione di impianti. Rimangono distanze e la volontà di trovare un equilibrio sui singoli temi e complessivamente”.
E adesso? Adesso, ovvero in questa settimana, gli incontri consecutivi passano da due a tre. Sono infatti previste sessioni di trattativa per le giornate di mercoledì 19, giovedì 20 e venerdì 21 novembre. E, come si dice in questi casi, la domanda sorge spontanea: le parti, ovvero associazioni datoriali e organizzazioni sindacali, arriveranno a parlare del salario?
@Fernando_Liuzzi

























